Gli Umiliati a Viboldone
di Mauro Tagliabue

Viboldone alle origini dell'Ordine Umiliato
Una citt� umiliata, vilipesa, distrutta � la Milano che si fece incontro al suo nuovo arcivescovo Galdino, rientrato in sede nel 1167 dopo la distruzione del temibile comune lombardo decretata dal Barbarossa nel 1162. Ma � in questa stessa citt� che, ben presto, si assiste a una ripresa dello spirito civile e religioso per merito del suo incrollabile arcivescovo, non estraneo forse - come pare di poter intuire da qualche indizio cui faremo riferimento in seguito - alla stessa accoglienza, se non all'insorgere, delle prime comunit� di fratres et sorores che proprio nel decennio dell'episcopato trascorso da Galdino a Milano cominciano a diffondersi nella citt� lombarda, e che costituiscono la base anonima, indistinta, inafferrabile eppure intuibile del movimento degli Umiliati, cos� chiamati "perch� - attesta il domenicano Umberto de Romans - conducono l'umile vita dei lavoratori", o anche, secondo lo scrittore del Chronicon universale di La�n, per il loro dismesso modo di vestire. Di loro quest'ultimo anonimo cronista scrive infatti, verso la fine del XII o nei primi anni del secolo successivo: "In quel tempo - la data di riferimento � il 1178, ma ovviamente il quadro del discorso va contestualmente esteso ad almeno tutto il decennio precedente, poich� nel 1178 gli Umiliati già emergono nella documentazione - alcuni cittadini, cives quidam, nella varie citt� lombarde, pur rimanendo nelle case con le loro famiglie, adottarono una determinata forma di vita religiosa, astenendosi dalle menzogne, dai giuramenti e dalle liti nei tribunali, usando vesti semplici, cio� non tinte, e consacrandosi alla difesa della fede cattolica, pro fide catholica se opponentes". Proprio come Galdino, verrebbe da dire, strenuo difensore del dogma cattolico al punto da morire sul pulpito - cos� vuole la tradizione - al termine di un'infuocata predica contro gli eretici che a Milano, fovea hereticorum, pullulavano come in nessun'altra citt�, secondo quanto attesta Giacomo da Vitry ancora nei primi decenni del Duecento. Gli storici si sono divisi nel tentativo di caratterizzare le origini degli Umiliati, accostati da alcuni all'eresia catara, imparentati da altri con i Valdesi. In verit�, � piuttosto un movimento da considerarsi come "una efflorescenza spontanea d'evangelismo laicale lombardo", originatosi - occorre sottolineare - nella piena ortodossia, per quanto difficile possa risultare l'analisi dei caratteri specifici dei moti laicali della fine del XII e del successivo secolo, dati gli assai labili confini con l'eresia. Infatti la regolare sistemazione canonica degli Umiliati nella Chiesa avvenne per opera di Innocenzo III allo schiudersi del XIII secolo, dopo per� uno sbandamento eterodosso culminato nella condanna di Lucio III, che nel 1184 aveva accumunato gli Umiliati ai Valdesi nella scomunica lanciata da Verona contro ogni setta ereticale. Ma questo sconfinamento nell'eresia, motivato piuttosto da ragioni disciplinari che dottrinali, non coinvolse l'intero movimento, che non smarr� del tutto l'impronta ortodossa delle origini; anzi, tra le comunit� umiliate, nella quasi generalit�, prese ben presto impulso un movimento di ritorno alla gerarchia ecclesiastica, se già nel 1199 si avvert�, da parte dello stesso Innocenzo III, la necessit� di operare una distinzione tra gli Umiliati che non si erano ancora sottoposti alle disposizioni apostoliche e quelli che invece apparivano ormai pienamente ortodossi per la loro adesione alla fede, confermata persino con un giuramento nelle mani del presule veronese al quale era rivolta la lettera del papa. Si tratt� pertanto di una "breve avventura ereticale - come recentemente l'ha qualificata uno dei maggiori esperti dei movimenti ereticali del medioevo - sulla quale ebbe tuttavia il sopravvento il processo che favor� il rientro degli Umiliati nell'alveo dell'ortodossia, e che si concluse con la definitiva approvazione papale del movimento e la sua costituzione canonica in tre rami o famiglie: "Il primo ordine clericale, con fraternit� monastica propriamente detta di professi e professe; il secondo ordine laicale di uomini e donne che vivono monasticamente in case religiose; il terzo ordine di quelli che rimangono nel mondo presso le loro famiglie; ciascun gruppo con   una propria regola o propositum, promulgata da Innocenzo III - come s'� appena detto - ai primi del secolo XIII.
La storia immediatamente successiva � quella di un ordine che, nonostante l'ondeggiare di alcune frange fra ortodossia ed eterodossia, non disconosce l'impegno della lotta antiereticale. Lo sostiene, ancora una volta, il vescovo Giacomo da Vitry, quando afferma: "In tutta la citt� di Milano, fovea hereticorum, a stento si sarebbe potuto trovare che fosse in grado di opporsi al dilagare dell'eresia, ad eccezione di alcuni santi uomini e religiose donne, che dai maligni e dai profani sono designati col nome di patarini (eretici). Dal sommo pontefice per�, dal quale hanno l'autorit� di predicare e di confutare gli eretici, e dal quale anzi la loro religione venne approvata, sono chiamati Umiliati".
E' su questo sfondo che si stagliano le origini e i primordi di una delle quattro più importanti comunit� umiliate, preposte nel 1201 da Innocenzo III al governo del nuovo ordine. Si tratta della domus de Vicoboldono, con l'attigua chiesa di S. Pietro, eretta nel 1176 nell'omonimo villaggio alle porte di Milano in pieve di S. Giuliano, presso la via Emilia, l'antica strada romana che dal capoluogo lombardo si spinge verso Lodi attraversando la vasta e pingue pianura rigata dal Lambro e scorrendo, per un buon tratto, in parallelo con un altro corso d'acqua che lambisce quel territorio, la Vettabbia.
La fondazione, nel 1176, di questa primitiva chiesa degli Umiliati insediatisi a Viboldone - non si trattava ancora della grande chiesa tuttora esistente, la cui costruzione venne realizzata nel 1348 - non sfugg� all'attenzione degli annalisti milanesi, i quali segnalano l'episodio ponendolo in concomitanza con altri due significativi avvenimenti occorsi proprio in quel medesimo anno, la morte dell'arcivescovo Galdino (18 aprile) e la vittoria del risorto comune cittadino sul Barbarossa a Legnano: "Anno Domini 1176, de mense aprilis obiit beatus Galdinus archiepiscopus Mediolani. Eodem anno facta fuit ecclesia de Vicoboldono. Et eodem anno, mense iunii (29 maggio, in realt�) disconfitus fuit imperator Federicus ad Legnanum a Mediolanensibus". L'affermazione trova conferma in un atto notarile del 4 febbraio 1176, dal quale emerge in tutta chiarezza che all'iniziativa per la costruzione della chiesa di S. Pietro "que debet edificari in loco Vicoboldono", che cio� si sarebbe dovuta edificare a Viboldone, non era estraneo l'ambiente - n� poteva esserlo, poich� si trattava pur sempre dell'erezione di una chiesa - della curia arcivescovile di Milano, che diede il proprio assenso tramite l'arcidiacono Uberto Crivelli (il futuro papa Urbano III), nella cui casa, e alla cui presenza, venne redatto l'atto che permise di superare le plausibili resistenze del pievano di S. Giuliano.
Prendeva cos� avvio, sotto i carismi delle autorit� diocesane, la costruzione di una delle prime chiese umiliate, seconda soltanto, stando alla tradizione dell'Ordine, a quella di Rondineto in Como, della quale tuttavia non si � ancora trovata documentazione anteriore al 1189. Un'origine pienamente ortodossa, dunque, resa tra l'altro evidente dalla stessa intitolazione petrina della chiesa, non certo casuale, per non dire della testimonianza che fornirebbe un documento di Galdino, oggi perduto ma del quale si ha notizia in un processo del 1322.
Un'ortodossia non smentita neppure negli anni successivi, non appena si ponga mente a due conferme papali, di Alessandro III l'una e di Urbano III l'altra, le quali, essendo la prima anteriore e la seconda posteriore alla nota condanna veronese di Lucio III (1184), allontanano ogni sospetto di deviazione ereticale dalla fondazione umiliata di Viboldone.

(da "L'Abbazia di Viboldone", 1990 Banca Agricola Milanese)


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