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Idillio
Pozzi
Le "clausole di Gallarate" e la battaglia di Marignano
manoscritto
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Dopo l'incorporazione
della Leventina sotto la sovranità della Confederazione, avvenuta
nel 1439, il Cantone di Uri promosse azioni militari, combinate con ambascerie,
per raggruppare le popolazioni del Ticino in una coalizione contro gli
Sforza: lo scontro avvenne a Castiglione Olona nell'estate del 1449 con
grave sconfitta degli Urani ed alleati con conseguente riaffermazione
della fortezza di Bellinzona a controllo dei passi alpini.
Ciononostante, i Confederati e gli Sforza ritennero opportuno migliorare
le relazioni con un Trattato d'amicizia concluso da Galeazzo nel 1467
e rinnovato nel 1477 nonostante il timore della "perfidia milanese".
La varietà di esperienze vissute su vari fronti europei in questa
parte di secolo e con certezza del proprio valore militare, temprò
il coraggio e lo spirito decisionale dei Confederati che tra il 1469 e
il 1536 furono tra i protagonisti della scena europea e delle "guerre
d'Italia": nel novembre 1478, l'anno successivo del rinnovo del Trattato
d'amicizia, gli Urani, disinvolti, lanciavano 10.000 uomini alla conquista
di Bellinzona il cui assedio veniva tolto con l'arrivo di rinforzi da
Milano poi sconfitti nella confusa battaglia di Giornico il 28 dicembre.
Le mire di Carlo VIII e Luigi XII sull'Italia, coinvolsero mercenari svizzeri
in entrambi i fronti Francese e Milanese, a Novara nel 1495 e ancora il
6 aprile 1500 col rifiuto di combattersi; la prima volta fu consentito
a Carlo VIII di ritirarsi indenne, mentre la seconda Ludovico il Moro
fu tradito dall'Urano Turmann e tradotto prigioniero in Francia dove morì.
I successi lombardi di Luigi XII rafforzarono il reclamo svizzero delle
promesse inappagate dal 1495 nella somma di 300.000 scudi, e l'inadempienza
francese giustificò Uri, Schwytz e Nitwald al saccheggio di Lugano
e Locarno nell'estate del 1501 e febbraio 1503 con puntate a Varese ed
Arona il cui Trattato dell'11 aprile 1503 sanciva la proprietà
di Bellinzona, Biasca e Riviera alla Confederazione unitamente alla somma
di 40.000 sterline.
Con l'assestamento di Luigi XII a Milano con mire sul Regno di Napoli
che pretendeva come già Carlo VIII, i mercenari svizzeri continuarono
ad affluire ma lasciando le loro vite a migliaia nell'avventurosa impresa
verso sud, dominata da Ferdinando Re d'Aragona; per le sole campagne d'Italia
al servizio straniero si fanno risalire a 30.000, ossia il sei per cento
della popolazione maschile svizzera. La Dieta cercò di accentrare
la politica estera ed il controllo del mercenariato, ma senza successo:
nell'aprile 1507, al servizio di Luigi XII, gli Elvetici massacrarono
i Genovesi sollevatisi contro i Francesi.
Papa Giulio II, succeduto ad Alessandro VI, intravide l'unità del
Genio politico Italiano a vantaggio del Papato e beneficio per l'Europa
incontrando il sostegno del Vescovo di Sion Mathieu Schiner che vedeva
la presenza Francese il Lombardia come una persistente minaccia per i
Cantoni Elvetici. Dopo la sconfitta di Venezia (che rifiutava la consegna
della Romagna al Papa) inflitta dalla Lega di Cambrai nel maggio 1509
ad Agnadello, Giulio II si girò contro i Francesi mentre Schiner
convinceva la Dieta a concedere al Papa il reclutamento di un contingente
stabile di 6.000 mercenari per la protezione della Santa Sede. La prima
azione contro i Francesi si attuò con una spedizione contro il
Duca di Ferrara che ne godeva la protezione; tuttavia, scesi troppo tardi
gli Svizzeri per causa di interventi diplomatici dissuasivi Francesi ed
Austriaci, giunti a Chiasso nell'estate del 1510 fecero dietro-front scatenando
l'ira di Giulio II che rifiutò ogni pagamento. Peraltro, le azioni
convincenti di Schiner, che indicava l'arroganza di Luigi XII dopo la
vittoria sui Veneziani e Spagnoli a Ravenna nell'aprile 1512 e la pretesa
di convocare un Concilio a Pisa al fine di deporre Giulio II e riformare
la Chiesa, generarono inquietudine tanto che la Dieta inviò una
spedizione di milizie confederate forte di diciottomila soldati che unendosi
ai Veneziani a Villafranca il 1 giugno 1512 fecero subito capitolare Cremona
e Pavia, occupando Milano dopo che la popolazione, ribellatasi, aveva
cacciato i Francesi che ripassavano le Alpi.
Il successo dava agli Elvetici il titolo di "difensori della libertà
della Chiesa" e di tanto traevano profitto per incorporarsi la valle
di Antigorio e Domodossola, il Ticino tra Bellinzona e Chiasso con Lugano,
Mendrisio e Balerna; la Valtellina con Bormio e Chiavenna. Massimiliano
Sforza, figlio di Ludovico il Moro, veniva instaurato alla testa del Ducato
che diventava Protettorato della Confederazione con compensazioni e benefici
ed estensione del possesso svizzero sulla Signoria di Locarno, le valli
Maggia e Verzasca.
Alla morte di Giulio II e Luigi XII succedevano Leone X, un Medici, e
Francesco I ansioso di vendicare il suo predecessore riprendendo il Milanese
controllato dai Confederati in maniera maldestra: la mancanza di una politica
estera coerente, le difficili relazioni coi Principati confinanti, l'inesperienza
a gestire un potere centralizzato e complesso, odiati dai Lombardi per
causa delle esose esazioni fiscali, si sentivano disorientati e meno propensi
a sostenere Massimiliano Sforza.
Francesco I si assicurava alleanze e neutralità delle Potenze Europee,
godeva poi del ritorno di Genova in campo Francese e, fatto importante,
l'alleanza della potente Venezia. Gli Svizzeri, ben installati nel Milanese,
fruivano di posizioni strategiche di difesa e la Dieta provvedeva all'invio
di nuovi contingenti in Piemonte sui colli di Susa e Pinerolo da cui abitualmente
i Francesi scendevano a valle. All'imminenza della discesa in Italia nell'estate
del 1515, gli Svizzeri si posizionavano, per il previsto scontro, sul
Moncenisio e sul Monginevro ma con grande sorpresa, il Re, forte anche
di ventimila Lanzichenecchi Tedeschi, irrompeva dal marchesato di Saluzzo,
a sud, obbligando gli Svizzeri a retrocedere a Vercelli per non essere
accerchiati, perdendo d'un sol colpo i vantaggi strategici.
A questo punto Francesco I prospettava agli Svizzeri dei compensi in cambio
dell'abbandono del Ducato ma l'insorgere di divergenze fra gli interlocutori,
convinsero i contingenti di Berna, Friburgo, Soleure e Bienne a ritornare
ai loro casolari lasciando Arona verso Domodossola mentre i Cantoni di
centro ed est, con il Vallese, Basilea e Sciaffusa, ansiosi di mantenere
il possesso delle terre conquistate dopo sforzi secolari, si ritirarono
a Varese, sulla via del Gottardo.
Per quanto la parte occidentale del Ducato fosse nelle mani dei Francesi,
la Dieta inviò un rinforza i settemila uomini portando il corpo
di spedizione Svizzero a trentamila nella piana del Po. Il cardinale Schiner
si recava a Piacenza da dove sollecitava rinforzi Papali e Spagnoli mentre
il contingente di Varese si trasferiva a Monza. Gli Svizzeri si ritrovarono
soli, scoraggiati e privi di sussistenza in un paese spogliato dalle esazioni
prima e dal saccheggio dopo: posizionatisi a Milano invece che a ridosso
delle Alpi, ossia in una posizione tattica più confacente alla
loro abilità di manovra, percepivano ora il pericolo di una battaglia
aperta in pianura.
L'8 settembre 1515, a Gallarate, i Plenipotenziari Confederati ricevevano
le clausole di scambio di Francesco I per l'abbandono del Ducato: rispetto
e pagamento di quanto stipulato nel precedente Trattato di Digione; pagamento
di 700.000 ducati, equivalenti a due tonnellate e mezzo d'oro; possesso
di Bellinzona con la valle del Ticino; salvaguardia dell'onore svizzero
per l'abbandono di Massimiliano Sforza con l'investitura del Ducato di
Nemours. Uri, Schwytz e Glaris, tormentati dalla perdita di territori
ambiti per secoli e i cui soldati, a Monza, arringati da Zwingli erano
determinati alla battaglia, rigettarono le proposte giudicate vergognose
e di tradimento.
Alle aperture di Gallarate che consentivano al Re di impossessarsi della
Lombardia senza colpo ferire, Mathieu Schiner proponeva di trincerarsi
a Milano, avvenuto il 10 settembre col consenso della maggioranza dei
rappresentanti cantonali, dove poter proseguire il negoziato per ulteriori
concessioni. In realtà, Schiner che era contrario all'accordo di
Gallarate, voleva risolutamente una soluzione militare contro Francesco
I che si era piazzato a 12 km a sud di Milano, presso Melegnano, da dove
poteva ostacolare il congiungimento di eventuali rinforzi Spagnoli e Papali
coi Confederati. A chi, dunque, l'iniziativa per la Battaglia?
Il pericolo di una nuova scissione per causa dell'ordine ricevuto dai
contingenti di Zurigo e Zug dai loro rispettivi governi cantonali di non
opporsi ad onorevoli compromessi e quindi di ritirarsi, spinse Schiner
a giocare il tutto per tutti ricorrendo allo stratagemma: fece correre
la voce che elementi svizzeri di avanscoperta erano stati attaccati, alle
porte di Milano, da avanguardie dell'armata francese in marcia: la falsa
notizia convinse tutti, Zurighesi e Zughesi compresi, a scendere subito
in campo contro il nemico.
Nonostante il successivo accertamento falso delle notizie sulle avanguardie,
non era più possibile retrocedere ed il 13 e 14 settembre 1515
fu combattuta una feroce battaglia che oppose 25.000 Svizzeri a 30.000
Francesi. Le virtù della fanteria svizzera non potevano più
reggere il confronto con la modernità dei Francesi i cui cannoni
e archibugi seminavano vuoti di morte poi allargati dalla carneficina
della cavalleria dimostratasi come vera "force de frappe": artiglieria
e cavalleria ridimensionarono quella fanteria che era considerata la migliore
del mondo ad espressione complementare, segnando così la fine del
primato militare svizzero in Europa.
Zwingli, il futuro Riformatore di Zurigo che assistette come cappellano
alla carneficina di dodicimila connazionali, rientrato in patria denunciò
con sermoni infuocati le morti crudeli dei giovani svizzeri per guerre
straniere. Un progetto di pace ed alleanza coi Francesi, faceva riprendere,
il 7 novembre a Ginevra, le clausole di Gallarate diventate definitive
nel Trattato di "pace perpetua" di Friburgo del 29 settembre
1516: riconoscimento del possesso di Bellinzona, Locarno e la Maggia,
Lugano e Mendrisio (ossia il Ticino odierno) la Valtellina con Bormio
e Chiavenna, Luino e Domodossola venivano escluse.
Marignano segnò per gli Svizzeri una grande svolta: le sfortunate
esperienze esterne edificarono la Confederazione verso il centro solidificandola;
le forze guerriere si trasformarono nell'ingegno artigianale e nell'intraprendenza
mercantile; la Riforma attecchiva come virtù individuale e solidarietà
sociale quali strumenti morali moderni per la costruzione di una Nazione
Confederata che ha espresso una democrazia ordinata, efficiente e di alta
Civiltà Europea.
Alla Città di Gallarate rimane il rammarico della mancata accettazione
delle clausole di cui porta il nome e la delusione del rinvio a Friburgo,
accettazione che avrebbe salvato anche diecimila vittime del campo Francese
oltre che una vita diversa per Zwingli, poi morto tragicamente. Le circostanze
giocano ruoli determinanti e cambiano il corso della Storia.
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