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Alberto
Büchi
"Korrespondenzen und Akten
zur Geschichte des Kardinals
Matth. Schinner".
Band I, 1489-1515.
Un volume in-8, di 600 pagine
con due tavole.
Basilea, Rudolf Geering, 1920.
Commento di Giovanni Seregni
su "Archivio Storico Lombardo",
pp.372-384
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Il Prof.
Alberto Büchi, mentre attende a preparare la biografia di Matteo
Schiner, cardinale di Sion, offre agli studiosi una primizia veramente
preziosa, pubblicando parte per esteso, parte in sunto oppure a mo' di
regesto i documenti che a tale biografia servono di base. La raccolta
di essi era stata iniziata dal Padre Franz Jos. Joller e condotta a buon
punto dal parroco Ferd. Schmid. Il Büchi con nuove indagini l'ha
compiuta. Ne è frutto l'opera del cui primo volume ci vogliamo
qui occupare.
Esso ci conduce sino alla battaglia di Marignano ed alle sue immediate
conseguenze, cioè sino alla fine del 1515, e contiene 503 documenti
in varia lingua, (latina, tedesca, italiana), di cui più che la
metà inediti. Emanano questi da trentacinque fra biblioteche ed
archivi svizzeri, italiani, austriaci, inglesi, spagnuoli, francesi. Gli
Archivi di Stato di Milano, Mantova, Torino, Venezia, Firenze e l'Archivio
Vaticano hanno fra gli altri fornito un ricco materiale. Molte le opere
adibite e citate, dai Diari del Sanuto, dalle Epistole del Bembo, dalle
Lettere del Morone sino (per additare uno fra molti esempi) ad una notizia
pubblicata da un altissimo nostro contemporaneo. Un secondo volume di
quasi uguali proporzioni conterrà le lettere e gli atti degli ultimi
sette anni di vita del cardinale.
L'importanza di quest'opera, non tanto per la storia della Svizzera quanto
per quella di Milano, dell'Italia, dell'Europa, non ha quasi d'uopo d'essere
segnalata a chi rammenti la grande parte avuta dal cardinale Sedunense
(come lo chiamano i nostri classici) nelle epiche lotte con le quali s'inizia
l'età moderna. Acerbo nemico della Francia, protettore degli Sforza,
vero signore della Lombardia per un triennio, consigliere a volte, a volte
strumento di Giulio II e di Leone X,, lo Schiner (o Schinner) fu tra i
primi personaggi di tutta l'agitata vita europea del suo tempo. Fra i
suoi corrispondenti appaiono pontefici, cardinali, vescovi, nunzi, prelati
accanto all'imperatore ed a minori sovrani, a diplomatici e ministri,
a capitani svizzeri e condottieri al soldo della Lega Santa ad umanisti
ed artisti.
Qui ci limiteremo ad esporre in breve quelle notizie che più direttamente
concernono la nostra regione.
Il 16 aprile 1499 Lodovico il Moro scrive a Cesare Guasco, suo ambasciatore
a Roma, dimostrandosi grandemente desideroso di veder conferito a Matteo
Schiner il vescovato di Sion (Sitten) "quale suo barba gli lo vole
renunciare" (doc.25, da confrontarsi pure coi successivi 30, 32,
33). Nicolao Schiner infatti, che tre anni prima aveva ottenuto tale vescovato,
non sentendosi abbastanza energico per vincere la forte opposizione che
trovava fra molti diocesani, era proclive a cedere la dignità al
nipote Matteo, mentre il re di Francia avrebbe voluto fosse concessa ad
un nipote del precedente vescovo, Jost von Silenen, di cui gli era stata
molestissima la destituzione. Il papa oscillava fra le istanze francesi
e quelle di Lodovico ed Ascanio Sforza; ma infine il candidato del partito
francofilo fu indotto a desistere dalle sue aspirazioni, ed Alessandro
VI si decise ad eleggere Matteo Schiner in luogo dello zio (20 settembre
1499). Il nuovo vescovo, già ostile di sentimento ai Francesi,
non dimenticò le premure di Lodovico il Moro (veggasi il doc.46);
né, dopo che questi fu miseramente caduto, dimenticò la
causa de' suoi figli. Per un momento parve a favore di questi interessarsi
seriamente l'imperatore Massimiliano, contando fra altro per arruolamenti
e per appoggio sul vescovo di Sion: (veggasi la lettera imperiale del
12 aprile 1507, doc. 90, nonché i documenti 95, 96, 97). Ma nulla
per allora si fece.
Il doc. 98 è una lettera dello Schiner a quei di Lucerna (2 ottobre
1507) in favore dei conti di Arona, Federico e Luigi Borromeo, che avevano
subito gravi soprusi.
Ai primi di luglio del 1509, cioè un mese e mezzo circa dopo la
battaglia di Vailà, lo Schiner, scrivendo all'imperatore (doc.
113) esprime rammarico per la mancata spedizione cesarea in Italia; cerca
dissuaderlo dell'alleanza con Luigi XII, e consiglia invece un'alleanza
coi confederati svizzeri per la liberazione dell'Italia dai Francesi.
Mentre Venezia si risollevava, si andava disegnando l'antagonismo fra
Giulio II ed "i barbari"; e le due parti si disputavano l'aiuto
militare degli Svizzeri e dei Vallesani. Questi ultimi contrassero lega
con Luigi XII il 12 febbraio 1510; ma, per opera di Giorgio Soprasasso,
un'altra fu stipulata ben presto fra il pontefice ed i confederati con
facoltà a quei del Vallese di accedervi. Lo Schiner si adopera
naturalmente per tale accessione e risolutamente si oppone all'alleanza
francese (doc.115, 116 e 118 del marzo e del maggio). Il 15 agosto (doc.128)
un segretario di curia che si firma Sigismondo scrive da Roma al vescovo
di Sion, lasciando capire come Giulio II desideri la pronta discesa degli
Svizzeri per cacciare i Francesi da Milano: nel frattempo Genova sarebbe
assalita per mare, e Parma da un esercito papale condotto dal duca d'Urbino.
Ma ai confederati bisognava dire solo che il papa li richiedeva per difesa
sua e della Santa Sede... Venuto il tenore di questa lettera a notizia
degli amici di Francia, lo Schiner sostenne che era apocrifa (doc.135,
137, 139); ma è molto probabile fosse in fatto autentica. Come
sappiamo, l'impresa di Genova fu realmente tentata prima ancora che gli
Svizzeri, "sollevati dall'autorità e promesse del pontefice,
istigati dal vescovo di Sion" (Guicciardini), scendessero in Italia,
dichiarando di non volere altro che recarsi al servizio del Santo Padre.
Tuttavia la loro marcia fu osteggiata dai Francesi, che ben capivano il
pericolo, e si ridusse ad un inutile giro per il Milanese e il Comasco.
(Veggansi i doc.129, 132, 134, 136 dell'autunno 1510).
Con l'addensarsi delle nubi di guerra e del pericolo di scisma, la fortuna
dell'attivo ed intelligente vescovo di Sion sale a rapidi passi. Il 10
marzo 1511 è creato cardinale del titolo di Santa Pudenziana; il
9 gennaio 1512 con bolla papale (doc.160), è nominato a legato
del pontefice presso l'imperatore ed i confederali Svizzeri nonché
in Germania e in Italia per ottenere aiuti a Giulio II contro i Bentivoglio
ed Alfonso d'Este; il 6 febbraio 1512 una nuova bolla diretta al capitolo
di Novara (doc.164) lo designa a vescovo di quella città, in luogo
del destituito cardinale Federico di San Severino.
Intanto lo Schiner era in Italia intento ad uffici diplomatici. Già
addì 21 gennaio 1512 trovavasi a Milano, onde con documento (161)
già edito dal Bazzetta e dal Cattini concedeva certa dispensa quaresimale
agli abitanti delle valli di Anzasca e Macugnaga dietro preghiera di Lancillotto
Borromeo, conte di Arona (scacciato da Luigi XII, ma più tardi,
dopo la restaurazione sforzesca, governatore di Novara, Alessandria e
Domodossola). Tre giorni dopo era a Rimini, e di là, passando per
altre città della Romagna, si portò poi a Venezia, ove rimase
dal 30 marzo al 21 maggio. Da quella città trattava coi confederati.
Varie lettere di questo periodo (162, 163, 165, 166) si riferiscono agli
eventi di Bologna; altri, cioè una missiva del cardinale alla dieta
svizzera (doc.171, 16 aprile 1512) ed un breve pontificio (doc.173, 18
aprile) alla battaglia di Ravenna. Con questo breve giulio II faceva istanza
perchè lo Schiner provvedesse a ricondurre gli Svizzeri in campo
contro i Francesi. La deliberazione d'intervento fu presa dalla dieta
federale ed annunciata al cardinale pochi giorni dopo (doc.174).
Da lettera dello Schiner al Gonzaga (doc.179, 9 maggio) si rivela che
la partenza degli Svizzeri doveva aver luogo il 6 maggio. Per il Trentino
essi scesero a congiungersi con l'esercito veneziano e mossero quindi
verso la Lombardia. Questi eventi sono illustrati da una lettera del doge
di Venezia (doc.183, 21 maggio), nonché dal carteggio dello Schiner,
anima dell'impresa, coi capitani elvetici (doc.189) e col marchese di
mantova (doc.190, 191, 192, 193). A questo egli richiedeva con istanza
funi, cavi, barche, ancore, evidentemente per la costruzione di un ponte,
mentre in pari tempo accennava a pratiche concernenti Cremona. La presa
di questa città, la marcia degli Svizzeri su Pizzighettone e Pavia
sono narrate in lettera dal capitano Peter Falk alle autorità di
Friburgo (doc.203, 19 giugno 1512). L'ingresso del cardinale legato in
Cremona fu un trionfo. Del popolo (narra il Falk) parte gridava "Jullio,
Jullio", altri "Ecclesia", altri "Liga", altri
"Duca": ma San marco era poco o punto ricordato. ("Aber
Marco ward lutzel oder gar nutzit gedacht").
Il doc.194, già riprodotto nei diari del Sanuto, è una sorta
di proclama del cardinale Sedunense ai Milanesi, affinchè non accolgano
i Francesi in città "nè in li borghi e ville de Milano"
sotto pena dell'interdetto. Cooperino alla cacciata degli stranieri, ed
avranno pace ed ottimo governo.
Il 21 giugno lo Schiner era a Pavia, ove (doc.204) confermava i privilegi
di alcuni monasteri "usque ad adventum ill.mi d. ducis Mediolani".
Il dì seguente (doc.205) nominava a luogotenente generale della
Lega Santa Guglielmo VII di Monferrato, che a sua volta creò proprio
commissario Andrea de Novellis vescovo di Alba.
Lo stato milanese si andava così riconquistando agli Sforza, ma
non senza incomodo delle popolazioni costrette a pagare grosse somme ai
liberatori. Sulla storia di questa campagna gettano luce, oltre a note
lettere del Morone e ad atti già inseriti nei diari del Sanuto,
documenti sin qui inediti; fra i quali (prescindendo da concessioni di
armi papali e di onori diversi ai cantoni svizzeri) meritano ricordo le
relazioni dei capitani di Basilea ai capi della loro città (doc.208
e 211, da Pavia, 30 giugno e 2 luglio 1512). Alle autorità di Basilea
scrive pure il 2 novembre da Lodi il legato di quella città, Lienhard
Grieb junior (doc.277). Egli narra il viaggio degli ambasciatori svizzeri
da Lugano per Como e Barlassina a Milano. Il governatore del ducato, Ottaviano
Sforza, vescovo di Lodi, andò loro incontro, li accolse cortesemente
e li accompagnò all'albergo del Pozzo ("bis zur Herberg ze
dem Putzen"). Il Grieb dà poi ragguagli sulle ultime vicende
di guerra, sulle mosse del Vicerè di Napoli, capitano supremo della
lega in Italia, sulle sue istanze per far ingresso in Milano insieme col
duca Massimiliano. Il quale d'altronde ottiene l'avito dominio da Dio
dapprima, poi dalla Confederazione ("vorab von got und dornoh von
der Eidgnoschaft"). Il resto della lettera riguarda l'incontro degli
ambasciatori col cardinale a Melegnano ed il proseguimento del viaggio
alla volta di Roma.
Già il 3 ottobre 1512 si era ufficialmente stipulata la lega fra
il duca e i cantoni svizzeri: vi accenna lo Schiner in una lettera al
borgomastro e al consiglio di Basilea (doc.278, 6 novembre, da Milano),
ove li mette pure in guardia contro le pratiche di G. G. Trivulzio e li
prega di farsi rappresentare all'ingresso di Massimiliano Sforza in Milano;
ingresso che, come si sa, ebbe luogo agli ultimi di dicembre. Nel gennaio
il nuovo principe donava al cardinale, a cui tanto doveva, il marchesato
di Vigevano, la Sforzesca ("possessionem Sfortianam") ed altri
feudi già del Trivulzio.
Va ricordata una lettera del marchese di Mantova al cardinale (doc.290,
del 9 febbraio 1513). Corrono voci di pratiche di pace fra Venezia e l'imperatore;
questi otterrebbe 300.000 ducati, di poi ogni anno altri 30.000 ducati
"in recognitione di feudo" ed inoltre Verona col Veronese. Il
Gonzaga teme quindi di perdere le terre di Asola, Lonato e Sermione, e
chiede consigli sulla condotta da seguire.
Frattanto saliva al pontificato Leone X. Il 4 marzo 1513 (doc.292) Peter
Falk scrive da Roma alle autorità di Friburgo partecipando le sue
impressioni circa il nuovo pontefice, da cui è stato ricevuto in
udienza. Altrettanto Giulio II era collerico, altrettanto è mite
il suo successore; non si è mai udita da lui una parola scortese,
non vi è in lui traccia di impudicizia o d'altro difetto. Manifiche
le feste per l'incoronazione: tutta Roma sembrava in fiamme. Leone X ha
ricostituita la guardia pontificia. Il cardinale di Sion è in ottime
relazioni col nuovo papa, della cui elezione è stato primo fautore:
lo Schiner è quindi "domine factotum" (Forse in questo
il Falk s'illudeva un poco). Il cardinale stesso parla della parte da
lui avuta nel conclave e dei meriti dell'eletto in una sua lettera al
duca di Milano (doc.295, 18 marzo, da Roma); ove fra l'altro accenna pure
ad una cava che si fa dal Ticino "la quale è molto prejudiciale
de le cose mie et destructione de la Sforzesca". Epperò prega
il Duca di provvedere.
Il documento 305a (Roma, 31 maggio 1513), qui per la prima volta edito
per esteso, è il trattato di alleanza quinquennale "inter
S. D. N. Leonem X pontificem m. et magnificos d.nos Confedaratos Alemanie
Alte";(così è qui indicata la Svizzera). Alcuni articoli
riguardano Milano, alleata degli Svizzeri: ad esempio la promessa, che
poi non ebbe seguito, di restituzione di Parma e Piacenza allo Sforza.
Il 20 giugno 1513 il cardinale scrive da Roma al capitano di basilea (doc.306),
rallegrandosi per la vittoria di Novara, e raccomandando indulgenza per
la sua Vigevano, oppressa con grave taglia di guerra. Al 21 (doc.307)
esprime anche a Massimiliano Sforza i suoi rallegramenti, nonché
il desiderio di nuove imprese. L'imperatore dovrebbe cominciare quella
di Borgogna; anche si potrebbe tentare d'ingrandire lo stato milanese
con l'acquisto di Crema e di Bergamo. Ma aggiunge: "dubito che qui
cossi leviter procedendo ymo reintegrando scismatici, sicuti est in via,
successive il favore et devotione de li Helvetii et multi altri venerano
ad callare". Allude evidentemente alla reintegrazione dei cardinali
di San Severino e di Santa Croce nella dignità, se non nei benefizi,
la quale avvenne pochi giorni dopo nonostante l'opposizione dello Schiner
medesimo e del suo collega inglese. Il mittente conclude raccomandando
allo Sforza di bruciar la lettera e di conferire più ampiamente
col signor Altosasso (Ulrich von Hohensax). Della stessa data sembra una
lettera ad Andrea del Burgo (doc.308), ove pure il cardinale consiglia
di adoperare gli Svizzeri mentre sono ancora "caldini" per imprese
in Borgogna o contro i Veneziani; di non disgustarli, ad ogni modo, per
non fare il gioco dei Francesi.
Nel settembre 1513 egli scrive reiteratamente alla dieta federale ed agli
ambasciatori svizzeri, accennando (oltre che a cose milanesi) alla caduta
di Terouanne in mano degli Inglesi ed ai successi di Borgogna. Verso la
fine dello stesso mese lo Sforza, scrivendo allo Schiner (doc.329 e 330),
accenna all'impresa di Crema, alle notizie della vittoria (di Borgogna
senza dubbio), al pagamento del soldo, alla riduzione della taglia imposta
a Vigevano. In una successiva del 3 ottobre (doc.332) dice il Duca d'essere
venuto a Milano nonostante la peste "per dare forma alli dinari delli
Sig.ri Helvetii" e per attendere alla "perfectione de le cose
pratichate in Casale mazore". Della conferenza di Casal Maggiore
parlano il Morone nelle sue lettere e il Sanuto: ne derivò fra
l'altro la convenzione fra il cardinale di Sion (a nome pure del cardianle
Gurcense, del vicerè di Napoli, del duca di Milano) ed i fratelli
Adorno per la vagheggiata espulsione dei Fregoso da Genova (doc.334).
Il carteggio fra il duca ed il suo protettore, lo Schiner, continua frequente.
Il 12 ottobre lo Sforza accenna a "la felice nova de la gloriosa
victoria riportata contro Veneziani" (doc.336); il 14 preannuncia
che il giorno 16 verrà a Vigevano "a disnare" col cardinale
(doc.337); il 19, mentre comunica notizie venute da Roma e dalla Svizzera,
annuncia che P. Colonna entrerà ai servizi di Milano, che gli Spagnuoli
dovranno prendere Crema ed acquartierarvisi, che non è ancora conclusa
la pratica per il castello di Milano (il quale si arrese solo un mese
più tardi), che in Milano si diffonde la peste (doc.339). Il cardinale
lo prega intanto (doc.340) di pagare il resto del debito fatto presso
"l'oste del Puteo de Mediolano" per il capitano "de Altosaxo".
Interessante un "sommario de lettere, dato a Vercelle alli 12 di
novembre, allo Ill.mo et Rev.mo cardinale Sedunense" (doc.343). Vi
si danno notizie di Francia, raccolte, a quanto pare, da lettere intercettate:
il re Luigi, corrucciato con "Mon.re de la Tramoglia... per lo apontamento
de Duginno" (la convenzione di Digione con gli Svizzeri), l'ha privato
d'ogni ufficio: il Trivulzio è giunto alla corte il 27 ottobre
"et afferma che venera presto in qua per compagno del duca de Barbono
al conquisto del ducato di Milano". A questi disegni dell'acerrimo
nemico degli Sforza accenna poi il cardinale in lettera dei primi di dicembre
scritta da Milano ad amici d'oltralpe (doc.344); il Trivulzio, egli dice,
ha in Lombardia partigiani fra i cittadini cospicui, forse fra gli stessi
dirigenti ("vilicht under denen regenten von Meylandt"). Ed
era infatti naturale che i Milanesi cominciassero ad essere stanchi, se
non dello Sforza, de' suoi alleati Svizzeri, non facili a saziarsi. Qualche
dissapore doveva essere nato fra essi e lo stesso Duca, a quanto sembra
da una lettera quasi umile di questo (doc.345).
Al 30 dicembre Andrea del Burgo comunica al cardinale, ritornato a Sion,
notizie avute da Roma, altre aggiungendone sugli eventi militari e diplomatici
(doc.349). Il giorno dopo il cardinale scrive al duca (doc.350) a proposito
dell'interdetto con cui era stata punita Novara per contribuzione imposta
al clero. L'interdetto fu però presto levato, del che il duca ringrazia
lo Schiner con lettera del 5 gennaio 1514 (doc.351). La corrispondenza
del gennaio e febbraio 1514 fra il cardinale, il duca ed Andrea del Burgo
(doc.352, 354-358, 362, 364, 365) verte sul colloquio fra lo Sforza e
l'ambasciatore di Spagna, sul desiderio dell'imperatore di abboccarsi
a Trento con lo Schiner e gli ambasciatori degli Svizzeri, sul clero novarese,
riluttante a pagar la taglia senza licenza dello Schiner, sul compromesso
fatto dalla Maestà Cesarea e dai Veneziani nel pontefice, sulla
temuta probabilità che Crema resti a San Marco. Si allude pure
al grave incendio del 4 gennaio a Venezia, alla morte della regina di
Francia, a "qualche novità successa" tra soldatesche
italiane ed elvetiche, seguita però da sollecita riconciliazione.
Lo Schiner, tornato a Vigevano in marzo, corrispondeva pure col cardinale
inglese, Cristoforo Bainbridge arcivescovo di York, non meno di lui avverso
ai Francesi (doc.367), e scriveva in maggio ad Enrico VIII, pregandolo
di assumere i confederati svizzeri come alleati contro la Francia (doc.376).
Un autografo del cardinale di Sion (primi d'aprile, doc.368) contiene
le lagnanze degli Svizzeri contro la Lega Santa per trattative di pace
tenute loro segrete, pei disegni di matrimonio fra Renata di Francia ed
un principe d'Asburgo, ecc.
Ai 9 di maggio il duca di Milano riconosce un suo debito d'oltre 17.000
fiorini renani d'oro verso il cardinale e ne promette il pagamento (doc.377);
il giorno successivo Andrea del Burgo ed i Conservatori di Milano scrivono
nuovamente allo Schiner circa i tributi di Novara (doc.380).
Ma poco dopo i rapporti fra il cardinale Sedunense e lo Sforza sembrano
turbarsi.
Infatti agli ultimi di maggio o ai primi di giugno il duca manda allo
Schiner (e in pari tempo ai confederati, verosimilmente cioè ad
una dieta tenutasi in Berna) Gaspare Göldli di Zurigo, capitano di
Lugano, e Giov. Bartolomeo Tizzone governatore di Asti per dissuaderlo
da trattative di cui teme e per pregarlo a voler deporre "omne ira
et malconcepto" (doc.383, a cui si ricollegano pure il 395 e il 396
del 26 luglio). Le trattative sospette miravano ad una vasta alleanza
fra gli stati italiani, compresa Venezia, e gli Svizzeri, e si connettevano
indirettamente a certe pratiche del pontefice "de regno neapolitano".
Lo Sforza dubitava non fosse la nuova lega contraria all'imperatore ed
al re di Spagna, e soprattutto temeva per sé. Difendeva poi quanto
poteva Andrea del Burgo, oratore cesareo a Milano, contro cui lo Schiner
aveva concepito mal animo. Anche il Morone si adoperava per la riconciliazione
(doc.386 del 13 giugno). Il duca mandò pure a Berna, ove si trovava
il cardinale in occasione della dieta, Galeazzo Visconti. A questo lo
Schiner non nascose il proprio malcontento, pur protestando di voler essere
sempre "bono patre" per lo Sforza. Pare che, in parte almeno,
la questione fosse di denaro che lo Sforza non voleva, o non poteva, pagare.
Inoltre gli Svizzeri desideravano occupare essi il castello di Milano;
e se ne capisce il perchè (doc.397; lettere del Visconti da Berna,
29 luglio).
Ma v'era ben altro: continuava infatti a svolgersi il già accennato
lavorio diplomatico; e lo troviamo chierito da vari documenti, fra cui
importantissima una lettera del duca all'imperatore (doc.398, dell'Archivio
di Stato di Milano, fine luglio 1514). Lo Sforza scrive che la nuova lega
italo-elvetica si vuole concludere "tam ad tutelam et defensionem
ducatus Mediolani quam ad expellendas alias omnes nationes peregrinas
ex ipsa Italia". Tutti gli stati della penisola dovrebbero prestare
"censum et annuum tributum ipsis Helvetiis", e gli Svizzeri
aiuterebbero il pontefice sia "pro magnifico Iuliano eius fratre,
ad ecquirendum regnum Neapolitanum" sia a prendersi Ferrara "si
non vellet facere que deberet". A Venezia si promettevano Verona,
Vicenza, il Friuli; allo Sforza Bergamo, Brescia, Crema, Parma, Piacenza,
ma con l'ingrato obbligo di tenere maggiori milizie. Alla dieta di Berna,
continua il duca, il cardinale di Sion ed il nunzio papale, Ennio Filonardi,
hanno tratto molti dalla loro parte, sebbene la decisione sia stata rinviata
al primo agosto. E' possibile ancgìhe un accordo del papa e de'
suoi amici col re di Francia, che pur fa qualche riserva per il contado
d'Asti, ma forse "de illo acquiescet si imperator et rex Aragonum
excludantur et ipsi de Italia". Intanto il cardinale intriga con
vari Milanesi per allontanare Andrea del Burgo ed altri amici della maestà
Cesarea, espulsi i quali gli Svizzeri "tractabunt habere castra et
fortilitia in manibus suis". Si comprende come il nostro principe
temesse di novità che avrebbero aggravato la sua soggezione e i
suoi oneri finanziari verso gli Svizzeri.
Ai 30 di settembre il duca scrive al cardinale, dichiarandosi lieto di
"intender la bona dispositione verso al magnifico Mess.r Andrea de
Burgo, oratore cesareo", e manda a conferire con lui catellano de
Castello con particolari istruzioni (doc.410). In sostanza anche lo Sforza
vorrebbe una lega, ma tale che accanto a Milano e agli Svizzeri comprendesse
l'imperatore. Questi desidera appunto un colloquio in Tirolo con gli Svizzeri
e col duca, che condurrebbe seco Andrea e l'ambasciatore di Spagna in
Milano. Inoltre, trattandosi "de liga universale", il papa potrebbe
desiderarla puramente difensiva; ma lo Sforza preferirebbe fosse anche
offensiva per maggiore cautela contro la Francia. Nuove istruzioni del
duca a Catellano de Castello ai primi di novembre (doc.417) si riferiscono
ancora alla necessità d'una lega universale. Si dovrà "essere
aiutati da li subditi con uno taliono, sì per satisfare alla pensione
de loro sig.ri Helvetii como per sustinere el stato". La consegna
dei castelli agli Svizzeri non è "espediente" (dirà
l'oratore), perchè... potrebbe dare sospetto agli altri principi.
Catellano dovrà ancora patrocinare la causa di Andrea del Burgo
ed indurre lo Schiner all'abboccamento con l'imperatore.
All'approssimarsi d'una nuova dieta, che fu tenuta a Zurigo il 5 dicembre,
il duca scrive al cardinale (doc.418, 24 novembre), rammaricandosi di
"qualche varietà" tra gli oratori pontifici ed il cardinale
stesso da un lato, gli oratori cesarei e di Spagna dall'altro.
Di grande interesse è una lettera del 4 gennaio 1515 (doc.424),
datata da Roma e scritta dal Carpi all'imperatore Massimiliano. Il papa,
vi si dice, si dà premura per porre pace fra la Maestà Cesarea
e Venezia e stringere una lega per la difesa d'Italia. Ma da varie parti
gli è stato suggerito il sospetto di accordi tra l'imperatore,
Spagna e Francia "Maiestatem Vestram et regem Catholicum conveturos
esse cum Gallis". Gli ambasciatori milanesi si sono mostrati meno
transigenti di quel che il pontefice sperasse circa Parma e Piacenza,
ed hanno chiesto anche Brescia. Leone X sarebbe lieto se lo Sforza potesse
ricevere quest'ultima città rinunciando a quelle (accenni nei doc.426
e 430); ma osserva d'altronde che il duca, mentre ha tante pretese, non
pensa alla possibilità che il re di Francia si allei con Venezia
promettendole Cremona e Ghiara d'Adda. E' sdegnato inoltre con lo Sforza
per i disordini suscitati in Genova dagli Adorno e dai Fieschi, con Venezia
per la riluttanza alla pace.
Leone X non era in tutto contento neppure del cardinale di Sion, al quale
scrivendo il 14 gennaio 1515 moveva rimprovero perchè non voleva
lasciar godere al cardinale Federico di San Severino i frutti del chiostro
di Morimondo. A questo documento (427), già pubblicato nelle epistole
del Bembo, potrebbe connettersi il 428; una lettera cioè della
dieta federale a Giuliano dei Medici (14 marzo, Zurigo) in favore dello
Schiner contro il San Severino e Giorgio Soprasasso. (Jörg auf der
Flüe).
Una lettera dei capitani di Basilea alle autorità di Basilea (doc.436,
da Novara, 24 maggio 1515) apre per così dire, un nuovo capitolo
in quanto contiene accenni ai preparativi di guerra di Francesco I, salito
al trono all'inizio dell'anno. Ed all'attesa invasione si riallaccia forse
il nuovo invio di Andrea del Burgo da parte dell'imperatore al duca di
Milano ed al cardinale di Sion (ultimi di maggio, doc.437 e 438).
Da Milano lo Schiner scrive il 18 giugno al duca di Savoia (doc.442) a
proposito dei passi che gli Svizzeri devono occupare per prevenire la
discesa delle milizie di Francia. Al che si allude pure nel carteggio
fra il cardinale di Sion ed il Bibbiena, onde si rileva che il concentramento
nemico ("la massa") si fa nel Lionese, mentre "le artiglierie
sono in Grenopoli (Grenoble), 24 pezze grosse con tutte le sue provisione,
et de continuo se lavora circa li monti verso monte Geneva e collo d'Agnello"
(doc.445, 29 giugno, Milano; doc.444, 449 ed altri successivi). Da Moncalieri,
il 3 agosto, lo Schiner in lettera all'ambasciatore papale a Milano (doc.452)
si rallegra di sapere che il papa "vol essere cum questi signori
ad una fortuna", e in pari tempo chiede denari per le milizie. Torna
a bussare a quattrini con lettera del 10 agosto (doc.454), poiché
gli Svizzeri sono malcontenti. La Francia a mezzo del duca di Savoia fa
loro proposte di pace e "proh dolor, multi dano oretza". Contro
Genova non si può far nulla per non distrarre le forze. Sarebbe
meglio che certuni, pronti a consigliare le imprese, "venessero qua
et non stasesseno in le camere... Alias sono più presto fiasche
che consilia". Purtroppo "la Lega chomo dormentata fa le cosse
sue"; mentre occorre decidere la guerra entro quattro giorni, provvedere
ai mezzi e far venire altri Svizzeri.
Il 13 agosto Leone X nomina lo Schiner legato papale presso i confederati
accanto a Giulio dei Medici (doc.455); tre giorni dopo torna a scrivergli
per condolersi che i Francesi siano riusciti a passare al di qua delle
Alpi (doc.457). Lo esorta tuttavia in tale lettera ed in altra del 28
agosto (doc.460) a perseverare con fiducia, poiché la vittoria
non può tardare. Ma proprio in quel giorno si avviavano trattative
di pace tra gli Svizzeri e Francesco I a Vercelli, continuate, come è
noto, a gallarate, sebbene turbate poi per l'arrivo di nuove milizie elvetiche.
Al 29 scrive il duca di Milano allo Schiner: "Poyche li S.ri Elvetii,
cherano a Gallarate, hano così concluso et cossi bisogna fare,
deliberemo venire a Como et ibi fare, quello si potera per la salute nostra,
pero pregamo V. R.ma S., sia contenta venire anchora lei con li fanti
Elvetii, quali si trova havere seco". E venga subito, perchè
il Duca ha bisogno della sua presenza e non ha altra compagnia per recarsi
a Como (doc.461). Lo Schiner invece, o non avesse ricevuta la lettera,
o non curasse le preghiere del pavido Sforza, si recava il 30 agosto a
Piacenza con 3000 confederati, preparandosi alla seconda fase della male
auspicata campagna. Con lettera del 4 settembre da Casalpusterlengo dà
ragguagli ai capitani svizzeri del castello di Milano intorno alla ritirata
delle milizie elvetiche sul Po, alla propria non inutile ("nicht
unfruchtpar") marcia su Piacenza, all'atteso arrivo del Vicerè
di Napoli con truppe (doc.462), e da Secugnago (5 o 6 settembre, doc.463)
annuncia ai medesimi, che il dì seguente verrà loro incontro
sino a Lodi o Melegnano. Al 6 ed al 7 scrive loro da Lodi (doc.464 e 466).
Il sopraggiunto Vicerè tuttavia, come risulta da lettere di Iov.
Francesco Bayardo e del Rozano al Marchese di Mantova (doc.465, 467, 468),
rifiutava di procedere sino a Lodi, "se non intendea, che Svizzeri
fossero ne li borghi di Milano per farli spalle ad unirsi con loro".
Il cardinale rispose "che Spagnoli erano de anima de lepore",
ma che quanto a lui non poteva indugiare a recarsi incontro agli Svizzeri
di Milano con la gente del papa, onde da Lodi partì per Melzo;
e così fece Giovanni Gonzaga.
Ma i dissensi fra gli Svizzeri, la inettitudine di Massimiliano Sforza,
la lentezza e i dispareri dei collegati nulla promettevan di buono; né
alla audacia dello Schiner e de' suoi seguaci arrise sui campi di Melegnano
la fortuna. La cronaca degli eventi dal giorno 8 settembre sino all'eroica
battaglia del 13 e del 14 ed alla successiva ritirata delle milizie elvetiche
è riassunta in una lettera dei capitani di basilea ai loro concittadini,
mandata da Lugano il 17 (doc.469). Della parte avuta del cardinale di
Sion nel condurre gli Svizzeri all'infelice combattimento mormorarono
poi parecchi suoi concittadini (doc.479).
Ai 20 il Bibbiena (doc.470), assicura che il papa confida nello Schiner
e che non mancheranno denari ed uomini, purchè gli Svizzeri non
abbandonino la lotta. Un po' tardi!
Corse poi voce che, se gli Svizzeri si fossero trattenuti a Milano il
sabato 15, il Vicerè sarebbe venuto a congiungersi con loro, ma
che essi non lo avevano voluto aspettare. Così da una lettera di
Hans von Gless (da Trento, 21 settembre, doc.471), da cui appare altresì
che a Trento si aspettava per il 21 stesso o per il 22 il cardinale Sedunense
con soldati e con signori milanesi. Veniva infatti per la via di Tirano.
Fu poi ad Innsbruck, ed il 5 ottobre era a Zurigo (doc.473) per una dieta
che poi non ebbe luogo. Indiretto, ma grave contraccolpo della sconfitta
di Melegnano fu per lui la perdita della diocesi di Novara restituita
dal papa al cardinale di San Severino con breve del 30 settembre (doc.472).
Nota è l'epistola con la quale il Morone narra allo Schiner come
si sia giunti alla resa del castello di Milano, addossandone la colpa
alle milizie svizzere, non però ai loro capi (doc.474 del 6 ottobre).
Il re di Francia era disposto a concedere pensioni ed onori al cardinale
di Sion, se questi si fosse voluto mettere a' suoi servizi; così
pare almeno da lettera di Giovanni Werra (doc.475, 13 ottobre) allo Schiner.
Ma questi, tornato ad Innsbruck, faceva comprendere scrivendo al cardinale
Wolsey (doc.478, 13 novembre) la sua non scemata ostilità verso
la Francia ed il proposito di porre sul trono di Milano con una nuova
spedizione elvetica, Francesco Sforza, molto migliore del suo "fratre
abiecto", Massimiliano, "qui tam impudenter sese dedit",
e che "nec consilia nec recta monita audire vel bene vivere volebat".
(E' fama, raccolta da Guicciardini, che massimiliano dopo la resa dicesse,
forse con maggiore verità che dignità, di "essere uscito
della servitù degli Svizzeri, degli stratii di Cesare et degli
inganni degli Spagnuoli"). Gli Svizzeri, afferma lo Schiner, desiderano
la rivincita; ma a ciò occorrono denari. Frattanto si protesta
grato per l'amicizia del cardinale Wolsey e del re d'Inghilterra.
Ai 24 di novembre scrive nuovamente al Wolsey da Zurigo, dicendo esservi
speranza che gli Svizzeri respingano la pace coi Francesi, "si Anglica
pecunia non defuerit" (doc.480). Al medesimo manda quale ambasciatore
nel mese seguente Bartolomeo Tizzone (doc.482), mentre si tiene in corrispondenza
con Richard Pace, notaio apostolico e segretario del cardinale Bainbridge
(doc.488) e con Sir Robert Wingfield, ambasciatore inglese alla corte
imperiale. A questo in lettere del 27 dicembre (doc.492 e 495) parla della
urgenza di soccorrere Brescia a del convegno di Bologna fra Leone X e
Francesco I (avvenuto il giorno 11 dicembre) non senza lagnarsi della
restituzione del vescovato di Novara al Sanseverino. Il papa stesso aveva
sentito la convenienza di giustificare in lettera allo Schiner (doc.485,
da Bologna, 17 dicembre) il proprio riavvicinamento alla Francia, pregandolo
in pari tempo di appoggiare presso l'imperatore i suoi sforzi per una
pace generale e per una crociata contro i Turchi.
Notizie intorno alle cose di Brescia e Verona ed alla situazione diplomatica
sul finire del 1515 si hanno in una lettera dello Schiner ad un amico
(doc.496, del 28 dicembre). Al 30 egli scrive all'imperatore (doc.498)
sulla necessità di denaro per guadagnarsi gli Svizzeri ed impedirne
l'accordo con Francia (accordo che venne poi in fatto concluso al principio
del 1516). Accenna pure a Galeazzo Visconti, che vive esule nella Svizzera
e si adopera per preparare la rivincita sforzesca.
Qui ha termine la prima parte della ricca e diligente pubblicazione del
Büchi.
(Giovanni Seregni)
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