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La Battaglia sui libri

Georg Thurer
Guido Calgari

Marignano,
fatale svolta della
politica svizzera

Alcuni fatti e alcune
riflessioni per i
giovani Confederati,
nel 450° della
battaglia 1515-1965

1965
Comitato per la celebrazione
del 450° di Marignano
Talacker 16, 8022 Zurich
Composizione, stampa e
rilegatura: Huber & Co. AG,
Frauenfeld.
Zincotipi: Schwitter AG. Zurich
Stampato in Svizzera.

Dai Tre ai Tredici "confederati"
L'inizio dell'indipendenza fu duro; i Confederati dovettero dare prova d'indomito coraggio per conservare le loro libertà. Dal ricordo di quelle eroiche imprese nacquero molti racconti epici, tra i quali l'immaginazione popolare mise in rilievo episodi o personaggi eternati nella tradizione orale e più tardi in quella scritta. Siffatti racconti hanno un fondamento storico e sono pi sconfinati nel mito, seducendo la posterità e in ispecie l'età romantica. Questi racconti vivono di continuo nella coscienza patriottica degli Svizzeri, come già osservò felicemente Georges Clemenceau a proposito della leggendaria figura di Guglielmo Tell.
Il mondo della nobiltà feudale, gerarchicamente ordinato, chiuso nei suoi orgogliosi castelli, non poteva ammettere l'ardimento che dalle case contadine e dalla piccola borghesia campagnola affermava la libertà e l'autonomia; gli Asburgo ordinarono perciò rappresaglie e bloccarono i Paesi forestali ribelli; questi ultimi, sapendo che una guerra - quando sia inevitabile - non la si rimanda se non a vantaggio del nemico, si prepararono alacremente a sostenere la "spedizione punitiva" della nobiltà asburgica: si armarono, predisposero difese, provocarono in varie guise l'avversario. La prima battaglia ebbe luogo a Morgarten, nel 1315, e fu l'inizio di una serie di vittorie dei contadini; il vecchio mondo dell'aristocrazia e del privilegio era sconfitto dalla democrazia montanara.
La vittoria provocò un radicale mutamento nella politica delle città più vicine, Lucerna anzitutto. Durante la lunga crisi precedente il Morgarten, Lucerna aveva sofferto economicamente, chè la città era il mercato naturale dei Paesi forestali, ed essi costituivano il suo entroterra; in seguito al blocco, i suoi mercati andarono deserti, le sue corporazioni si videro costrette a deviare i traffici dal passo del San Gottardo a quello dei Grigioni, con rischi e spese moltiplicati. Dopo la vittoria dei Tre paesi, la città si alleò con i vincitori, assicurandosi così (1332) la libertà degli scambi con la Lombardia.
Non meno importante per la giovane Lega l'alleanza di Zurigo (1351). Già da quindici anni e grazie all'energica politica del borgomastro Rodolfo Brun, le corporazioni degli artigiani e dei mercanti dominavano la città; ad esse importava la libertà dei commerci verso il Reno, ma anche verso l'Italia; garanzia di tale libertà era la giovane Confederazione degli Svizzeri. Zurigo le si alleò. Ora, il cerchio dell'assistenza reciproca e della comune difesa si allargava grandemente, superando i monti e le stesse divisioni linguistiche: esso giungeva all'Aare, al Reno, alla Thur e, verso mezzogiorno, a un arco che da Trun (Truns) si spingeva al Piottino presso Faido (chiamato nelle antiche carte confederali "Platifer") e al Döisel (Deischberg presso Sax) nell'Alto Vallese.
Affine ai Cantoni primitivi per istituti di democrazia rurale e per vita economica, Glarona non tardò a unirsi alla Lega (1352); Zugo era una cittadella fortificata tra Zurigo e Svitto; avrebbe potuto costituire un ostacolo, meglio dunque farsene un'amica; la cittadella venne conquistata e inserita nell'alleanza (1352). Allora, preoccupata per quella potenza che era venuta sorgendole sul fianco, la repubblica aristocratica di Berna domandò anch'essa di allearsi (1353), costituendo in tal modo il bastione della Lega verso l'occidente, cioè la Borgogna e la Francia, e aprendo nuove vie alla politica svizzera. Otto Stati, dunque, in pochi decenni; poi, per la durata di cinque generazioni, più nessun accrescimento.
Riflettiamo ora in istante sui cambiamenti che l'evoluzione della Lega portò con sé. Accanto alle popolazioni rurali, le corporazioni mercantili e le aristocrazie cittadine! Eccezion fatta per l'acciaio e il sale, i contadini producevano tutto ciò che alla loro vita economica abbisognava, le città invece dovevano importare tutte le materie prime occorrenti alle loro arti, e il lavoro stesso avevano ripartito e specializzato, derivandone un'evidente raffinatezza di abitudini e di vita. I montanari conoscevano senza dubbio i mercati di bestiame dell'Alta Italia, ma per la maggior parte dell'anno rimanevano a casa, occupati nella pastorizia e nella caccia; i loro villaggi s'erano costituiti secondo il modello della colonizzazione alemannica, a fattorie sparse e isolate; il loro carattere era fiero, poco socievole, molto meno socievole di quello dei cittadini che vivevano in agglomerati urbani di case a diversi piani; ideali e propositi diversi echeggiavano nelle assemblee rurali (Landsgemeinden) e nelle ornate sale dei Consigli cittadini, si vorrebbe dire addirittura lingue diverse …
Soltanto la continua collaborazione delle due forme di vita, contadina e urbana, poteva dare qualche frutto: aprire orizzonti più vasti alla grettezza ostinata dei montanari, rinnovare il senso della libertà e della fedeltà al paese delle classi della borghesia cittadina, altrimenti tentate dai facili guadagni e dalle facili alleanze. Nella Dieta, le città - Zurigo, Berna, Lucerna - e i paesi rurali si equivalevano, benchè le prime tendessero ad acquistare sempre maggiore importanza.
Non mancarono naturalmente le occasioni di querele e di lotte tra le due parti, che raggiunsero in due momenti l'asprezza della guerra fratricida: la prima volta, a proposito dell'eredità del conte di Toggenburgo, con la guerra di Zurigo (1436-1450) e la seconda immediatamente dopo la trionfale guerra di Borgogna (1474-1477) che aveva annientato l'ambizioso piano di Carlo il Temerario il quale mirava a costituire, sul modello dell'antica Lotaringia, uno Stato nuovo e compatto dal Mare del Nord ai confini dello Stato pontificio. Quella seconda lite tra i Confederati portò su due questioni: la spartizione dell'immenso bottino borgognone e delle poche terre ottenute in compenso delle vittorie militari, e ancora l'ammissione di due nuove città nella Lega, cioè Friburgo e Soletta, alleate di Berna. Alla Dieta di Stans, nel dicembre del 1481, la Confederazione fu sull'orlo della rovina, città e montagna si azzuffarono immemori del passato e pronte a lasciarsi per sempre; fu allora che, come per prodigio, l'umile eremita Nicolao della Flüe - oggi santificato - disse le misurate parole della pace e della rinnovata alleanza, esortando finalmente i Confederati ad astenersi dalle contese europee, a perseguire ciò che li potesse maggiormente unire e non ciò che li dividesse. Il monito non venne subito accolto, ma rimase nella coscienza dei migliori, per diventare attuale e imperioso non molti decenni più tardi.
Le contese "europee" … Era l'epoca - seconda metà del Quattro e principio del Cinquecento - in cui si stavano formando in Europa le "nazioni" moderne; la stessa guerra di Borgogna aveva permesso a Luigi XI° di consolidare l'unità della Francia sotto la sua dinastia; in Spagna, si creva l'unità nazionale sotto Ferdinando e Isabella; in Inghilterra, sotto la dinastia dei Tudor; in Svezia con Ericson I° Vasa; in Russia con Ivan III° e Ivan il Terribile. Sulle rovine del medievale "impero" sorgevano così le nuove realtà nazionali e ogni dinastia si sforzava di organizzare e imbrigliare la nazione mediante l'unità delle leggi e l'uniformità degli ordinamenti: amministrativi, fiscali, militari; persino le lingue e la religione partecipavano a definire e a caratterizzare le nuove unità nazionali. E' in questa sfera di azione che va esaminato il piano di riforme del re tedesco, l'imperatore Massimiliano, inteso a un ordinamento più disciplinato e unitario della gente tedesca; il progetto di Massimiliano non faceva eccezione per la Svizzera, non considerandola uno Stato a sé, ma parte del regno, ed estendendo così ad essa talune prescrizioni amministrative e fiscali. Ma gli Svizzeri avevano raggiunto attraverso le ormai secolari vicende della Lega la coscienza d'essere uno Stato autonomo e, anzi, una nazione ("la nazione degli Svizzeri" diranno in quel periodo di tempo il Machiavelli e, poco dopo, il Guicciardini), quindi si rifiutarono di accettare le decisioni di Massimiliano e di pagargli un tributo (il così detto "Reichspfennig"); si venne alla guerra, la brevissima ma sanguinosa guerra di Svevia (1499) che consentì agli Svizzeri e ai loro alleati grigionesi una serie di brillanti vittorie, e di portare i confini al Reno e al Bodanico. Immediatamente, due nuove città entrarono nella Confederazione, Basilea e Sciaffusa (1501), e l'aumento dell'elemento cittadino trovò poco dopo un certo equilibrio con l'adesione di un nuovo Cantone rurale, l'Appenzello (1513).
Così era dunque venuta formandosi la Lega di tredici Stati che resistette quale "Confederazione di Stati" sino al momento dell'invasione francese, cioè al 1798. La Lega comprendeva altresì certi paesi "alleati", quali i Grigioni della "Tre Leghe" e il Vallese, e paesi soggetti; questi ultimi erano sudditi di un singolo Stato oppure "baliaggi comuni" di parecchi Stati; si trattava per lopiù di terre conquistate dalle truppe svizzere e governate da governatori o "fogti" che si alternavano per turni di due anni e che rispondevano della loro amministrazione alla Dieta. Anche i baliaggi comuni dovevano essere difesi, in caso di attacco esterno, dalle forze riunite dei Confederati, secondo i dispositivi dell'alleanza che ogni nuovo Cantone aveva concluso con i Cantoni più anziani, al momento dell'adesione alla Lega. Proprio questi particolari delle alleanze ci portano a esaminare la politica di penetrazione verso il Mezzogiorno.


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