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La Battaglia sui libri

Georg Thurer
Guido Calgari

Marignano,
fatale svolta della
politica svizzera

Alcuni fatti e alcune
riflessioni per i
giovani Confederati,
nel 450° della
battaglia 1515-1965

1965
Comitato per la celebrazione
del 450° di Marignano
Talacker 16, 8022 Zurich
Composizione, stampa e
rilegatura: Huber & Co. AG,
Frauenfeld.
Zincotipi: Schwitter AG. Zurich
Stampato in Svizzera.

Le prime avventure oltre il San Gottardo
Gli uomini della Svizzera primitiva, gli Urani in particolare, dall'inizio del Duecento avevano trovato nel passo del San Gottardo già pulsante di vita nella pur breve estate una fonte importante di guadagni. Come someggiatori, anzitutto, cioè occupandosi dei trasporti di mercanzie, per i quali ricavavano dazi e pedaggi, in ispecie quella tassa di trasporto che aldilà del passo, in Leventina, si chiamava "forletto" (Fuhrleite) e una tassa di magazzinaggio e di custodia che chiamavano "Susten" (dall'italiano "sosta"); è chiaro che l'intenso passaggio di persone e di merci consentiva ai montanari anche un commercio spirituale: conoscevano il modo di pensare d'altre genti, le vicende d'altri paesi, potevano allargare i loro orizzonti. Il passo agevolava poi il trasporto del vigoroso bestiame alpino verso i mercati di Bellinzona, di Lugano, di Varese e d'altre città lombarde, dove la razza bruna dei bovini era apprezzata e pagata adeguatamente; i Paesi forestali intensificarono così col tempo l'allevamento del bestiame, trascurando l'agricoltura e importando dal Mezzogiorno il grano di cui avevano bisogno. Poi che la pastorizia richiede meno braccia della campicoltura, le "braccia" in soprannumero, cioè la prole contadina disoccupata, venivano esportate, tanto verso nord quanto verso le Signorie italiane e i loro eserciti di ventura: il terzo guadagno del passo consisteva dunque nel servizio mercenario. Furono queste circostanze economiche, accanto alla mancanza di industrie nella Svizzera rurale e all'eccesso di popolazione, a sviluppare il servizio mercenario. Esso era l'industria dei paesi poveri.
Si recassero nel Mezzogiorno quali someggiatori o quali mercanti di bovini o quali mercenari o pellegrini, gli Svizzeri non tardarono a far confronti e allora la loro terra rocciosa gli apparve anche più avare: quanta fatica e quali rischi per raccogliere un po' di magro fieno selvatico al margine degli alti boschi e per portarlo a spalla fino alle stalle o in paese, lungo gli scoscesi sentieri dell'alpe, in confronto al grasso raccolto della Brianza e della Pianura padana dove si poteva falciare l'erba fino sei o sette volte in un anno e dove la vita sembrava tanto più facile e benedetta. Quando i loro parroci parlavano in chiesa della Terra promessa, molti tra gli alpigiani dovevano pensare ai paesaggi intravisti nei rapidi viaggi verso la Lombardia, e chiedersi se le Alpi avrebbero sempre impedito l'avventura del Mezzogiorno …
Durante l'età comunale, dopo la grande vittoria dei Milanesi contro il Barbarossa, a Legano, le terre a sud del San Gottardo erano state trascorse dal vento della libertà; a Torre di Blenio, nel 1182, i vallerani di Blenio e quelli di Leventina avevano firmato un patto solenne, contro la tirannide dei balivi imperiali e per la reciproca assistenza; nel secolo seguente, manifestazioni di libertà, di democrazia terriera si erano ripetute nelle valli del Ticino, sino alla rivolta di Airolo e al giuramento di Biasca (1290-1292); soffocata la rivolta leventinese, le Valli erano cadute sotto la Signoria dei Visconti, cioè erano entrate a far parte di quella giurisdizione che più tardi si chiamerà Ducato di Milano. Sarà il Duca di Milano, durante il Quattrocento, a fortificare Bellinzona mediante i castelli, per farne una delle difese del Ducato contro le alluvioni dei "nordici", come saranno gli Svizzeri - una volta padroni delle terre a sud del passo - a vedere in Bellinzona la chiave dei passi alpini, quindi l'estrema difesa della Confederazione.
Già nel Trecento gli Urani erano discesi in Leventina; scorribande che si conclusero con ruberie e incendio di villaggi. I Leventinesi, che già intrattenevano rapporti economici con gli Urani (si pensi al San Gottardo e ai pascoli confinanti) conobbero in quelle occasioni la violenza guerriera dei vicini. Non sorprende quindi che, sui primi del Quattrocento, si rivolgessero agli Urani per protezione. Morto il duca Giovan Galeazzo Visconti (1402), il Ducato era in preda a disordini, i Leventinesi volevano da Milano gli stessi privilegi fiscali che il Ducato aveva accordato ai mercanti svizzeri, e da ciò l'appello agli Urani. Questi ultimi, e con essi gli uomini dell'Obwalden, non se lo fecero ripetere; scesi armati in Leventina, conclusero con i montanari del sud un patto di alleanza nel quale i Leventinesi s'impegnavano a pagare ai due Cantoni "protettori" le gabelle versate fino allora al Duca; alleanza avrebbe dovuto essere, ma gli Urani l'intesero ben presto come signoria verso il sud e, quindi, sicurezza sui due versanti del San Gottardo … Lo stesso anno 1403, contingenti di tutti i Cantoni salvo Berna fecero un colpo di mano sulla Val d'Ossola; la nuova conquista non rimase però a lungo in mano degli Svizzeri. Si vede tuttavia da questi episodi la direttiva strategica ed economica della giovane Confederazione che intendeva assicurarsi su tutto l'arco delle Alpi i versanti meridionali delle montagne, poi che la montagna costituisce una difesa soltanto se si posseggono i suoi due versanti. Pochi anni dopo la discesa degli Urani in Leventina, i Cantoni primitivi riuscirono a comperare Bellinzona dai conti de Sacco che v'eran discesi dalla Mesolcina, profittando della giovane età e della debolezza del nuovo Duca di Milano.
Ma nel 1422 il Duca Filippo Maria Visconti, cresciuto in età e deciso a far rispettare i suoi diritti, inviò contro gli "usurpatori" della fortezza ducale un esercito possente, comandato da uno dei condottieri più famosi del Rinascimento, il conte di Carmagnola; la sanguinosa battaglia prese il nome da Arbedo, alle porte di Bellinzona e fu per gli Svizzeri disastrosa, malgrado i loro prodigi di valore (1422). Tutte le conquiste fatte a mezzogiorno venivano d'un tratto annullate, gli Svizzeri dovettero ritirarsi nelle loro terre d'origine, temendo persino - se si deve credere al "Libro bianco di Sarnen" - che il Duca arrivasse al "ponte gocciolante e a Göschenen", cioè che avesse a drizzare una fortezza nella Schöllenen … La disfatta d'Arbedo segnò una battuta d'arresto nella politica verso sud; gli Zurigani, del resto, vi avevano preso parte con scarso fervore e i Bernesi addirittura contro voglia; i primi avevano altri interessi, i secondi guardavano verso la Borgogna. Quando, poco più tardi, i Bernesi vennero invitati a partecipare a una spedizione nell'Ossola non mancarono di notare nelle loro cronache cittadine che si sarebbe dovuto guardarsi in avvenire "da simili penose e lunghe imprese". Di tutta la politica lombarda, ai Confederati sconfitti non rimase che l'assicurazione del Duca di qualche esenzione fiscale sino ai fossati di Milano. Poco, in verità. Tuttavia, gli Urani non rimasero a lungo nei loro villaggi. S'intendessero o meno con i Leventinesi, bastò la voce che alcuni mercanti svizzeri erano stati maltrattati e derubati nel Ducato, per indurre gli Svizzeri primitivi a ripassare il San Gottardo (1439) e a scendere lungo la Leventina per attestarsi prudentemente a Pollegio, davanti a Biasca e alla confluenza del Brenno nel Ticino.
Nel 1447 si spegne con Filippo Maria la casa dei Visconti e, dopo il breve intermezzo della Repubblica Ambrosiana (a difendere la quale accorsero anche truppe delle terre ticinesi), subentra la signoria di Francesco Sforza che intrattiene con i Confederati rapporti abbastanza amichevoli. Ma già con i suoi successori le cose cambiano; i Leventinesi accumulano rimostranze su rimostranze a proposito di vessazioni da parte del Ducato (essi vogliono, insomma, beneficiare di tutti i favori che Milano ha accordato agli Svizzeri) e fanno appello ai Cantoni d'oltralpe per avere protezione nelle controversie con il governo ducale; di più, gli Svizzeri scoprono che il Duca di Milano ha parteggiato con Carlo il Temerario e lo ha aiutato durante la guerra di Borgogna, e però - non appena finita la campagna contro il Temerario - decidono la spedizione verso il Mezzogiorno. Sul finire del 1478, l'esercito in quel momento più brillante d'Europa, lo stesso che ha distrutto le ambizioni del Duca di Borgogna, passa le Alpi e scende all'assedio di Bellinzona; la "murata" è infranta, gli Svizzeri fanno scorrerie da una parte e dall'altra del Ceneri, poi d'un tratto, ingloriosamente, abbandonano tutto e si ritirano oltre il San Gottardo, preoccupati - si disse - dell'inverno che sopraggiunge e dal pericolo di rimanere isolati dai loro paesi (nel passaggio del San Gottardo, infatti, le valanghe colpirono la retroguardia svizzera, facendo molte vittime). In Leventina, i capi confederati hanno lasciato un presidio di poche centinaia di uomini, agli ordini del lucernese Frischhans Theiling. Poco prima di natale, avanza da Milano l'esercito ducale, si ferma a Bellinzona per il Natale poi, incalzato dagli ordini del cancelliere milanese Cicco Simonetta e contro il parere dei capi militari che vorrebbero attendere la primavera, muove verso il San Gottardo; l'ordine è di procedere alla distruzione ed "eversione" della vallata ribelle, la Leventina, che tanti fastidi dà di continuo al governo ducale. Il 28 dicembre tra Bodio e Giornico avviene lo scontro dei ducali con il presidio svizzero e con i volontari leventinesi comandati dal leggendario Francesco Stanga; i Milanesi vengono ricacciati e molti di essi trovano la morte sul campo di battaglia o travolti dalle acque del Brenno. Particolare di cristiana generosità: nel martirologio della Chiesa di Quinto, dopo la notizia dell'avvenimento redatto il giorno seguente la battaglia, si invoca la pace eterna di Dio tanto sulle poche decine di morti leventinesi e svizzeri quanto sui nemici caduti in combattimento.
Il fatto d'arme di Giornico definì per sempre le sorti della Leventina; il Ducato riconobbe agli Urani la proprietà della valle, eccetto tutta una serie di rivendicazioni dei montanari e s'impegnò a pagare un'indennità di guerra di venticinque mila fiorini. Ora, la sicurezza militare della Lega era garantita anche nel centro delle Alpi, Uri dominava sui due versanti. Non molti anni più tardi, la valle di Blenio veniva ugualmente occupata da truppe dei cantoni primitivi. Gli Svizzeri erano oramai giunti stabilmente alle porte di Bellinzona. Avrebbero esteso la loro avanzata verso la Lombardia?
Furono i grandi eventi della politica europea a deciderli.


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