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Georg
Thurer
Guido Calgari
Marignano,
fatale svolta della
politica svizzera
Alcuni fatti e alcune
riflessioni per i
giovani Confederati,
nel 450° della
battaglia 1515-1965
1965
Comitato per la celebrazione
del 450° di Marignano
Talacker 16, 8022 Zurich
Composizione, stampa e
rilegatura: Huber & Co. AG,
Frauenfeld.
Zincotipi: Schwitter AG. Zurich
Stampato in Svizzera.
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La
pace e l'alleanza con la Francia
L'11 ottobre, dopo che Massimiliano ebbe consegnato il castello agli assedianti,
contro la volontà della guarnigione svizzera (che ottenne la garanzia
di ritirarsi indisturbata con i suoi feriti), il Re Francesco I° fece
il suo ingresso trionfale a Milano. Il corteo di colui che su di una moneta
coniata a ricordo della battaglia si chiamò orgogliosamente "Primus
domitor Helveticorum" - il primo che abbia domato gli Svizzeri -
sanzionava anche esteriormente il trionfo dei Francesi e l'abbandono della
Lombardia da parte dei Confederati; e subito contingenti francesi si spinsero
fino a Tresa, molestarono Lugano, saccheggiarono Locarno, decisi a riprendere
anche le terre sotto il San Gottardo. I Cantoni primitivi, in un ultimo
slancio disperato, inviarono immediatamente rinforzi a Bellinzona, Locarno,
Lugano, senza attendere le discussioni della Dieta e decisi a difendere
i frutti della loro secolare politica gottardista; allora, le truppe francesi
ripiegarono su Milano.
A occidente, invece, cioè nella Val d'Ossola, la perdita fu irreparabile
e definitiva; Francesi e lanzi licenziati dal Re s'erano diretti su Domodossola,
dove Giovanni von Diesbach, figlio dello Scoltetto di Berna, si affrettò
a consegnare ai Francesi le chiavi della cittadina, non senza aver ottenuto
un compenso in sonante denaro ("nit ohn Geld" annotò
un cronista confederato); questo fatto, connesso con la simpatia che il
Diensbach nutriva per la Francia dove era stato allevato quale "paggio"
di corte, fece definire la cessione come un secondo tradimento: "il
tradimento di Domodossola"; è evidente che fu la mancanza
di chiaroveggenza - in certi Cantoni - sull'importanza strategica ed economica
della vallata a sacrificarla, staccandola per sempre dalla Svizzera. La
Dieta, riunita subito dopo Marignano, prese talune decisioni che sembravano
annunciare il proponimento di riconquistare la Lombardia e di continuare
la guerra contro Francesco I°: levata di un esercito di ventiquattro
mila uomini, più stretta alleanza con l'Imperatore, ecc. Ma furono
decisioni non seguite dai fatti; praticamente, i Cantoni che non avevano
partecipato alla "battaglia dei giganti" e che non sentivano
la politica della Lombardia rinfocolarono la scissione che già
esisteva tra gli Svizzeri, sostenendo l'opportunità di concludere
la pace con il Re e accettando le proposte che quest'ultimo liberalmente
aveva fatto balenare, grazie alla mediazione del duca di Savoia. I Cantoni
occidentali che costituivano il partito della pace ebbero facile gioco
quando arrivò in Svizzera la notizia che il grande alleato dei
Confederati, colui per il quale lo Schiner aveva imposto la campagna del
1515 e la pugna di Marignano, Papa Leone X° aveva abbandonato gli
alleati e, seguendo una politica di doppiezza e di "utile particulare",
s'era riconciliato con Francesco, l'aveva incontrato a Bologna, gli aveva
ceduto Parma e Piacenza chiavi dell'Emilia, in cambio di certe egoistiche
concessioni per sé e per la famiglia Medici.
I Cantoni occidentali avviarono così trattative, a Ginevra, con
i rappresentanti del duca di Savoia; la loro base era il nefasto Trattato
di Gallarate, che veniva completato con un progetto di alleanza tra il
Re e gli Svizzeri. Chiaro che i Cantoni sull'asse del San Gottardo, dai
primitivi fino a Zurigo, a Basilea, a Sciaffusa, non volessero accettare
le conclusioni di Ginevra; ne venne una nuova, grave scissione tra gli
Svizzeri, che i nemici della Francia cercarono di approfondire; l'Imperatore
si diede da fare, il Re d'Inghilterra Enrico VIII° cominciò
a staccarsi dalla politica di Francesco(al quale aveva lasciato fino allora
mano libera), la Spagna avviò nuovi preparativi di ostilità.
Sopra tutti, però, con accanimento implacabile, il cardinale Schiner
si gettò in frenetiche trattative: dal Tirolo, dalla Svevia, da
Costanza, con l'Imperatore, gli Svizzeri, il Re d'Inghilterra, onde mettere
insieme una nuova alleanza contro l'odiato sovrano dei Francesi. La maggioranza
dei Cantoni e il Vallese - ribelle al suo Principe-Vescovo - accettarono
nel gennaio del 1516 le proposte stipulate a Ginevra e poco dopo il denaro
che Francesco versò per la spedizione di Digione e le campagne
del 1515 in Italia. Le potenze avverse alla Francia si appoggiarono allora
sui cinque Cantoni gottardisti e sui Grigioni; un nuovo esercito venne
arruolato e posto agli ordini dell'Imperatore Massimiliano; dai Grigioni
passò nel Tirolo e, sempre guidato e infervorato dallo Schiner,
giunse sotto le mura di Milano. Dentro la città stavano già
mercenari svizzeri, assoldati da Francesco tra i Cantoni occidentali,
onde il rischio di una nuova guerra fratricida; per fortuna, tanto gli
assedianti quanto gli assediati, avviliti per la mancanza di denaro e
di viveri, finirono per sciogliersi e per avviarsi verso i loro villaggi
al di là delle Alpi. La campagna di Marignano, drammatica e gloriosa
ad un tempo, si chiudeva così con questo vergognoso episodio, indice
della squallida politica di coloro che soltanto con triste ironia si chiamavano
ancora "confederati".
Trionfava dunque la Francia, malgrado un ultimo tentativo del cardinale
Schiner che, tra Impero, paesi bassi, Inghilterra, Spagna, si agitava
onde costituire una lega "universale" contro di essa. Nel tardo
autunno del 1516, a Friburgo, venne firmato tra gli Svizzeri e il Re di
Francia un trattato di pace e di alleanza: il Re s'impegnava a versare
le quattrocento mila corone di Digione, più altre trecento mila
per la campagna conclusa a Marignano; ai Cantoni e loro alleati veniva
riconosciuta una pensione annua di duemila ducati; ai Confederati, rispettivamente
alle Leghe Grigie, restavano le terre del Ticino, quelle del Sottoceneri,
la Valtellina e Chiavenne, salco che - nel termine di un anno - i primi
non preferissero un ulteriore versamento di trecento mila corone, con
la rinuncia ai territori di là del San Gottardo.
Ci si può domandare perchè Francesco I° abbia avanzato
proposte tanto generose; la ragione è la stessa che già
dopo San Giacomo sulla Birsa (1444) aveva indotto il futuro Luigi XI°,
allora Delfino, a un'intesa con i vinti: arruolare soldati tra quei robusti
montanari per i quali il servizio mercenario costituiva la sola industria
possibile; Francesco riuscì inoltre a fare degli Svizzeri, fino
allora intesi a molestare e a invadere periodicamente la Lombardia, i
suoi neutrali defensori. Egli ricevette con i più alti onori il
capo di Zugo, G. Schwarzmurer, e quello di Friburgo, Peter Falk, recatisi
a Parigi per sigillare il trattato di pace e, dimenticando che i due ambasciatori
avevano svolto per il passato una politica antifrancese, li colmò
di sontuosi donativi. Il comandante Schwarzmurer morì pochi mesi
dopo aver rassegnato il suo rapporto alla Dieta, e due anni più
tardi scomparve anche il Falk, travolto da una tempesta mentre navigava
verso la Terra Santa.
L'accordo tra il Re e la Lega elvetica entrò in vigore nel 1521:
l'alleanza assicurava alla Francia la fornitura di sei mila fino a sedici
mila uomini; siffatta capitolazione, insieme alla pace perpetua, costituì
la base delle relazioni franco-svizzere sino alla Rivoluzione, cioè
per oltre due secoli e mezzo. Un Cantone soltanto si rifiutò di
osservarla, Zurigo, e grazie all'azione patriottica e cristiana di Ulrico
Zwingi; il cappellano dei Glaronesi era tornato dalle campagne d'Italia
profondamente sconvolto; molti cittadini di Zurigo, indignati come lui,
biasimavano pubblicamente gli speculatori delle pensioni straniere, i
beneficiari di regali del Re, i soldati che non avevano esitato a depredare
le chiese. Parole insolite di condanna si levavano dalla Zurigo di Zwingli,
delle quali si trova un'eco nella dolente annotazione del cronista di
Zugo, Werner Steiner: "Avessimo seguito più intensamente i
suoi moniti, ci sarebbero state risparmiate molte sciagure; chi non crede,
deve imparare ai propri danni, quand'è troppo tardi per evitarli".
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