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Georg
Thurer
Guido Calgari
Marignano,
fatale svolta della
politica svizzera
Alcuni fatti e alcune
riflessioni per i
giovani Confederati,
nel 450° della
battaglia 1515-1965
1965
Comitato per la celebrazione
del 450° di Marignano
Talacker 16, 8022 Zurich
Composizione, stampa e
rilegatura: Huber & Co. AG,
Frauenfeld.
Zincotipi: Schwitter AG. Zurich
Stampato in Svizzera.
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La
condotta del cittadino e del guerriero
Non dobbiamo trascurare, nelle cronache del tempo di Marignano, l'evoluzione
del costume morale del singolo cittadino. Le guerre, come osserva esattamente
Emilio Dürr "permettevano in genere un larghissimo impiego delle
principali qualità nazionali: genere di vita semplice, senza pretese,
e innato valore militare. Gli arruolamenti per il servizio estero, poi,
servirono ad ottenere contrattualmente privilegi commerciali e di comunicazioni
negli Stati vicini. Sono, questi, motivi materiali quasi superiori, radicati
solidamente in quel potente e traboccante materialismo che è caratteristico
di un'epoca tutta esteriorità, la quale non solo aprì nuove
fonti di guadagni e di oro, ma stava per spezzare ben presto in un modo
o in un altro i vecchi vincoli religiosi".
Discordia nella Lega, dunque, nei cantoni, nei governi e nelle popolazioni;
la Dieta non disponeva di sufficiente autorità per imporre disciplina,
data la forma associativa dello Stato; ma, purtroppo, nemmeno i suoi rappresentanti,
i Capi dei cantoni, godevano di quell'autorità morale che permettesse
di tenere in freno le folle. "Così gli Svizzeri partivano
in massa, a loro piacimento, secondo l'abitudine di quasi cinquant'anni,
incuranti della loro responsabilità o senza preoccuparsi degli
interessi politici reali della Confederazione, senza darsi pensiero di
sapere se non si sarebbero scontrati con Confederati o magari con un loro
proprio compaesano del campo avverso. Questa indisciplina del popolo era
stata certamente facilitata dalla corruzione politica delle classi dirigenti,
poiché rappresentanti audacemente egoisti e spregiudicati delle
stesse si erano eccessivamente solidarizzati coi sistemi materiali allora
in vigore negli Stati esteri per il reclutamento degli eserciti europei,
quali partigiani e favoreggiatori, quali agenti di arruolamento, fornitori
di truppe e capitani, quali beneficiari di pensioni pubbliche e segrete,
di stipendi, di noli e donativi (Miet und Gaben), come allora si diceva
di solito … Così si ebbe allora in Svizzera una politica estera
torbida e falsa, un misto di interessi realistici, di simpatie calcolate
o impulsive, d'egoismo robusto e basso delle folle e degli individui.
In questa situazione, tutto quanto il paese ebbe in qualche modo la sua
parte di responsabilità". (Dürr)
Nella letteratura popolaresca dell'epoca, specie in quella che mette capo
alla Riforma, si trovano critiche, deplorazioni, biasimi, ironia; la lettera
di Zwingli agli antichi Confederati, esortante a tornare alla serietà
morale delle origini della Svizzera, fu diffusa ovunque e suscitò
ondate di discussioni; ancor oggi, si legge come un capolavoro di oratoria
civile e morale; cronisti dell'epoca parlano con disgusto di taluni capi
che senza faticare molto, cioè grazie all'oro straniero, "posson
portare giubbe rosse e cappello"; si voltassero per aria, "pioverebbero
dalle loro tasche ducati e corone che sono il prezzo del sangue di figli,
fratelli, cugini e cari amici tuoi". Quale decadimento, in verità!
I nipoti di quei Confederati che nel 1291 avevano cacciato i magistrati
corrotti e venali, ora si lasciavano comprare dai Principi d'Europa ai
quali vendevano la gioventù dei loro villaggi.
Tornavano ogni tanto alla memoria talune patetiche esortazioni dell'eremita
del Ranft, Nicolao della Flüe; si alzavano aspre, nello stesso senso,
le rampogne dello Zwingli; sulle scene delle città venivano rappresentati
lavori teatrali e farse che mettevano alla gogna il mercenario fanfarone,
i nuovi ricchi delle pensioni straniere, la Lega asservita al denaro,
e contrapponevano a quelle scene l'austerità dei fondatori della
Svizzera; il gioco scenico del "Tell di Uri", nato allora, intendeva
stimolare la riflessione del popolo intorno allo squilibrio dei valori
che insozzava tutta la vita elvetica.
D'altra parte, alcuni umanisti si dilettavano in raffronti tra la Confederazione
d'un tempo e le "polis" dell'antica Grecia o la "Res publica
dei Romani", nella pietosa illusine che gli esempi potessero determinare
una rinascita di virtù civiche e morali.
E' da rilevare finalmente come il contatto con l'Italia dell'umanesimo
abbia influito positivamente, quale raffinamento del gusto, ansia di belle
cose, arricchimento della cultura, sui più sensibili tra i Confederati;
basta fare i nomi dello Zwingli, dello scrittore, artista e magistrato
bernese Niklaus Manuel, del lanzo estroso Urs Graf.
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