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Georg
Thurer
Guido Calgari
Marignano,
fatale svolta della
politica svizzera
Alcuni fatti e alcune
riflessioni per i
giovani Confederati,
nel 450° della
battaglia 1515-1965
1965
Comitato per la celebrazione
del 450° di Marignano
Talacker 16, 8022 Zurich
Composizione, stampa e
rilegatura: Huber & Co. AG,
Frauenfeld.
Zincotipi: Schwitter AG. Zurich
Stampato in Svizzera.
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L'acquisto
durevole: la Svizzera italiana
Già dal 1440 gli Urani occupando definitivamente la Leventina avevano
incorporato nella Svizzera un territorio d'altra lingua, italiano per
parlata, mentalità e tradizioni. Alla vigilia della rapida guerra
di Svevia, gli Svizzeri s'erano alleati con la piccola Confederazione
delle Leghe Grigie, cioè avevano stabilito legami di amicizia e
di solidarietà con genti di cultura retroromancia e italiana; le
Valli italiane dei Grigioni s'erano ingrandite - quanto a importanza di
latinità - con l'acquisto grigionese della Valtellina, di Chiavenna
e di Bormio. Ora, mentre queste ultime terre andarono perdute dopo il
1797, cioè al tempo della prima campagna napoleonica, le contrade
del Ticino rimasero "signoria" dei Confederati fino al 1798,
quando decisero di liberarsi, ma di rimanere tuttavia con gli antichi
signori e padroni. "Liberi e Svizzeri" risuonò il motto
dei Luganesi prima, degli altri Ticinesi poi, e la decisione non cessa
di stupire lo straniero che si chini sulla storia delle nostre contrade;
i Ticinesi, cioè, preferirono restare, da pari a pari, con le genti
d'oltre San Gottardo, diverse per razza, lingua, religione, mentalità,
piuttosto che aggregarsi alla Repubblica Cisalpina e ai Milanesi che erano
della stessa stirpe e religione, mentalità e costumi, e che parlavano
la stessa lingua, anzi lo stesso dialetto. Il generale Bonaparte, che
aveva consentito il distacco della Valtellina dai Grigioni, approvò
invece la decisione del Ticino, forse per non inimicarsi gli Svizzeri
dai quali si proponeva (come il Delfino del Quattrocento, come Francesco
I° nel Cinquecento) di trarre soldati per le sue avventure in Europa.
Le terre ticinesi rimasero dunque svizzere. Nel 1805, anzi, proprio per
la Mediazione del Primo Console di Francia, divennero Cantone, cioè
Stato autonomo e indipendente.
Da allora, il Ticino seguì la sorte del resto della Svizzera, ma
consapevole del proprio destino e intento a costruire il proprio apparato
statale sul modello degli altri Stati confederali.
Malgrado un Ottocento tutto trascorso da traversie e da difficoltà
- l'incessante lotta tra i suoi due partiti "storici", con intemperanze
d'ogni sorta; l'inimicizia di talune potenze straniere che lo occuparono
militarmente, come avvenne tra il 1810 e il 1812 per opera del Regno Italico
di napoleone e di Eugenio Beauharnais, o lo angariarono in ogni modo,
come fece l'Impero Austro-Ungarico; la trasformazione della Confederazione
in Stato federativo che tolse al Cantone la direzione della sua politica
doganale ed economica, isolandolo crudamente tra la frontiera politica
e la barriera delle Alpi - malgrado tante traversie e difficoltà,
ripetiamo, il Ticino riuscì a costruire il suo edificio statale
e a rivaleggiare con i più anziani Cantoni che godevano di ininterrotta
libertà e di un assetto economico secolare.
Fu, anzi, la sua particolarità di unico Stato di cultura italiana
libero e autonomo in Europa che gli consentì di dare un aiuto tanto
considerevole alla causa della libertà e dell'unità italiane;
la partecipazione del Ticino (Stato e popolazione) alla vicenda del Risorgimento
è la grande pagina della sua storia, accanto a quella dell'emigrazione
artistica di costruttori, impresari, architetti, artisti che lasciarono
in ogni parte d'Europa - da Mosca e da San Pietroburgo (Leningrad) fino
alla Spagna, dal Mare del Nord alla Sicilia e a Costantinopoli, ma sopra
tutto in Italia, le testimonianze d'una straordinaria genialità
e, quasi, di un naturale, prodigioso istinto del costruire.
Allo Stato federativo svizzero, il Ticino ha offerto statisti di vasta
operosità e di eccezionale talento, quali Stefano Franscini e Giuseppe
Motta; ha offerto e offre scrittori, uomini di scienza, economisti, docenti
universitari, magistrati d'alto valore. Dal punto di vista svizzero, si
deve quindi salutare con particolare soddisfazione la politica gottardista
dei cantoni centrali, che permise la formazione di una Svizzera italiana
(Ticino e Valli grigionesi) e, con ciò, la configurazione di una
Svizzera quadrilingue, di diverse stirpi e fede religiosa, e tuttavia
unita nell'ideale della volontaria collaborazione pacifica, cioè
nell'affermazione della ragione e della buona volontà sulle passioni
e sugli altri elementi irrazionali.
E che cosa rappresenta per la Svizzera italiana, il fatto di essere parte
integrale della Confederazione? Vantaggi d'ordine politico che nessuno
può dimenticare: quasi cinque secoli di pace ininterrotta; l'esigenza
di un certo livello economico di esistenza; una provata educazione democratica
(che si vorrebbe dire frutto d'esperienze secolari) che è disciplina
e anche senso di solidarietà tra le classi sociali, che in Svizzera
non sono separate da abissi come altrove, ma tendono a un livello di media
prosperità; di più, dal punto di vista svizzero, la condizione
del Ticino gli ha conferito l'impegno, e però anche il vantaggio,
di essere uno "Stato", se anche non più interamente sovrano,
sempre però indipendente e largamente autonomo; questo vuol dire,
ancor oggi, certa libertà di movimenti e dovere di emulazione con
gli altri "Stati" confederati, e doveri in genere, obbligo di
serio lavoro per sviluppare istituti civili, raggiungere posizioni materiali,
conservare dignità di Cantone, anzi di "Svizzera italiana".
La comunanza etnica e culturale con la gran madre, l'Italia, oltre a dargli
l'orgoglio di un'antichissima e umanissima civiltà, il ricordo
di mezzo secolo di collaborazione al Risorgimento, gli affida poi delle
responsabilità particolari, e dovrebbe dargli altresì una
sensibilità particolare.
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