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Denominata castello dalla tradizione locale, l'antica residenza dei marchesi
Brivio a Zivido è da più voci ritenuta, ma senza alcuna
conferma di tipo documentario, già proprietà di quei Della
Torre, che, rivali dei Visconti, a questi si sostituirono, nel 1302, al
governo di Milano.
Essendo, ormai, l'aspetto iniziale dell'intero edificio molto alterato
da trasformazioni susseguitesi nei secoli, ben poco rimane di quello che
si vorrebbe trecentesco: cioè, almeno parte della torre quadrangolare,
attorno alla quale, al Quattrocento e al Cinquecento devono risalire i
corpi di fabbrica circostanti, tutti poi notevolmente rimaneggiati; dalle
due corti, così formatesi, la minore, delimitata da semplice parete
muraria di chiusura, prospetta sulla via, mentre la maggiore è rivolta a ovest, verso la via Emilia.
Malgrado la discreta bibliografia - che di volta in volta lo ha definito
castello, palazzotto o villa - il castello di Zivido è stato più volte dimenticato, ad esempio da note guide comprendenti anche la pianura
intorno a Milano.
Tuttavia, non sono mancati, anche in tempi recenti, segnali di un risvegliato
interesse: oltre ai piani regolatori dedicati al borgo di Zivido, che
ne focalizzano gran parte della loro attenzione, e ad alcuni studi locali,
l'edificio appare compreso col segno convenzionale di castello con residenza,
nell'atlante all'interno del volume sui beni architettonici ed ambientali
della Provincia di Milano, pubblicato nel 1985, nonché citato nel
censimento delle opere fortificate nella Lombardia, edito, per la zona
relativa, nel 1990, in cui può rientrare - come suggerisce a chi
scrive Antonello Vincenti, presidente della Sezione Lombardia dell'Istituto
Italiano dei Castelli - nella convenzione tipologica stabilitavi per l'edificio
agricolo fortificato. Infine, il castello è compreso sia in studi
promossi dal Politecnico di Milano (1990-1991), sia nella schedatura condotta
per l'Ufficio dei Beni Culturali Ecclesiastici nella Diocesi di Milano
(1992), come anche nella segnalazione di opere da restaurare, nel recentissimo
repertorio (1992), dedicato alla Lombardia da salvare.
(…) E' verosimile che, alla pari dei castelli in pianura e risalenti
ad età viscontea, anche la fabbrica di Zivido fosse, agli inizi,
semplicemente costruita in mattoni, con qualche eventuale inserto lapideo
per le modanature maggiormente sollecitate (colonne, chiavi e spalle di
archi, mensole). Cioè, anche nella costruzione del castello di
Zivido, l'utilizzazione del materiale più immediatamente disponibile,
dovette corrispondere a quella diffusa visione economica, evidentemente
tesa a ridurre al possibile l'incidenza dei costi di trasporto. Dovette,
così, derivarne un conseguente, maggior senso di unitarietà.
Nel contempo, forse anche l'insediamento di Zivido può riflettere
quelle fasi salienti dell'evoluzione storica del territorio, legata soprattutto
alla dominazione visconteo-sforzesca (1277-1499), e quindi alla spagnola
(1559-1707), le cui testimonianze, più importanti e significative
si trovano dislocate sia nel capoluogo e nei centri di provincia, sia
in quelli posti in particolare posizione strategica lungo il corso dei
fiumi, spesso non senza improntare di sé, come è stato più volte affermato, l'intero territorio. Non sembra, infatti, da escludere
l'ipotesi che, anche a Zivido, esistesse una torre di avvistamento sul
Lambro - come quelle, vicine, della Rocca Brivio o di San Donato Milanese,
e, ancora, della cascina Triulzio - malgrado sia oggi difficile percepire,
date le notevoli trasformazioni, l'altimetria del suolo rispetto al fiume
stesso.
Rispetto alla grande maglia di castelli ducali viscontei, Zivido poteva
appartenere, allora, alla rete, minore e meno organica, ma pur sempre
utilizzabile, costituita da castelli feudali, o, comunque, privati.
Questi, infatti, comportavano almeno due vantaggi, rispettivamente nei
periodi di pace e di guerra. Durante i primi, potevano, infatti, garantire
l'ordine in tutto il territorio, che il potere centrale non sarebbe stato
in grado di mantenere con le sue sole forze, tenuto conto anche della
lentezza nel trasferire le milizie, a piedi, o dell'eccessiva spesa di
queste, specie se dovevano affrontare problemi locali, come, ad esempio,
il brigantaggio. In tempo di guerra, e nel particolare caso di invasione,
questa rete di castelli poteva contrastare, o quanto meno rallentare,
l'avanzata nemica, sia se eccezionalmente presidiati da forze regolari,
sia per le forze locali, che si presumevano solidali col potere centrale,
a causa della reciproca convivenza.
Più tardi, in effetti, nel 1515 e nel corso della battaglia dei
Giganti, il castello di Zivido sarà quasi completamente distrutto,
come da tradizione ormai accettata da tutti gli studiosi.
Oltre alla torre, l'incendio che fu allora appiccato dovette risparmiare
anche, almeno in parte, alcuni fra i corpi di fabbrica aggiunti, come
sembra, nel Quattrocento: a questo secolo, gli studiosi hanno riferito,
in particolare, anche alcuni avanzi di un porticato, già aperto
sulla corte maggiore a ovest. Ma, poicheè il castello fu ricostruito
il secolo seguente, è molto difficile, allo stato attuale, distinguere
le fabbriche iniziali da quelle, a loro volta, rispettivamente quattro
e cinquecentesche. Nel contempo, l'indagine delle strutture in alzato
sembra svelare, allo stato attuale delle ricerche, una ristrutturazione
attuata nel Cinquacento di notevole vastità, data la pressochè
continua omogeneità dei materiali costruttivi (in particolare,
dei mattoni e delle malte).
(…) Se già dal 22 giugno 1251 è menzionata, nel borgo
di Zivido, la presenza dei Brivio, come in questo volume segnalato anche
da Alessandro Deiana, mancano, purtroppo altre notizie relative non solo
al castello, ma anche al passaggio di proprietà alla medesima famiglia,
sino al documento citato dagli studiosi, in data 9 luglio 1575. Secondo
quanto sarà affermato nel 1583, alla data doveva risalire un istrumento
rogato dal notaio Giovanni Battista Bombello, per cui la "casa da
gentilhuomo" nel luogo di Zivido, con il suo "castelletto",
già acquistata dal massaro Capponi (forse lo stesso coinvolto nella
lite per la chiesetta di S. Maria della Natività "di Settembre")
era sottoposta all'eredità della famiglia Brivio.
Già ristrutturato, e non più allo stato di rovina, doveva
essere il castello nel 1575, quando era distinta la "casa da gentilhuomo"
dal "castelletto". L'antica destinazione, cioè, si era
ormai trasformata, come di consueto nelle architetture fortificate, essendosene
altresì conclusa la destinazione difensiva: con intenti simili
era riadattato, ugualmente nella pianura intorno a Zivido, anche il castello
di Melegnano, donato dal duca Francesco II Sforza nel 1532 al Medeghino,
ma anteriormente sin dal 1513, da Massimiliano Sforza altresì accordato,
quale feudo, proprio alla medesima casata dei Brivio.
Come nella residenza di Melegnano, anche quanto restava del castello agreste
di Zivido fu allora rielaborato, nella trasformazione a residenza di campagna,
quindi sistematicamente assimilato in un progetto architettonico cinquecentesco:
probabilmente nuova rispetto alla preesistenza dovette essere quella regolare
scansione spaziale che ne seguì, variamente articolata nei corpi
di fabbrica costituenti il castello.
(…) In tempi recenti, nel 1982 la famiglia proprietaria donava il
castello a suore che, attualmente, ne gestiscono un asilo infantile. Diversi
sono, così, gli interventi minori i quali, legati a tale destinazione,
rendono poco visibili, anche ai fini dello studio, varie parti del castello.
Questo non è che uno dei tanti problemi inerenti al notevole stato
di degrado in cui si trova, attualmente, il castello di Zivido: vale a
dire una situazione che contribuisce ad accentuare le difficoltà di uno studio relativo agli affreschi.
(di G.B.Sannazzaro da "Zivido,
mille anni di storia. Dall'alto medioevo alla battaglia dei giganti",
pp.158, 159-160, 163, 167, Associazione Culturale Zivido, 1994) |
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