La Battaglia sui libri

o

Inganni don Raffaele

Origini e vicende della
Cappella Espiatoria Francese
a Zivido, presso Melegnano
(1515-1606) (1639)


Milano, Stabilimento Tipografico
Ditta Giacomo Agnelli
nell'orfanotrofio Maschile, 1889

Introduzione
Correvano i primi giorni del giugno 1879 - epoca nella quale io venni ad occupare la cappellania della Nativit� di Maria Santissima in Zivido (parrocchia e pieve di S. Giuliano Milanese), di propriet� dell'illustrissimo sig. marchese Giacomo Brivio - allorch� mi ebbi la graditissima visita del venerando ed ora compianto preposto parroco di S. Giuliano, don Giuseppe Brigola, uomo semplice e virtuoso, quanto solerte e preciso nel disimpegno di sue parrocchiali mansioni. Intrattenendomi seco lui in famigliare colloquio, colsi l'opportunit� per meglio informarmi intorno agli obblighi inerenti alla mia nuova posizione.
In quell'occasione egli mi parl� di due messe da celebrarsi ogni anno alla met� di settembre, come da antica consuetudine. Naturalmente richiesi al simpatico vegliardo quale ne fosse la relativa applicazione, ma egli altro non seppe rispondermi fuor che, "se la memoria nol tradiva, dovevano essere applicate a suffragio delle anime dei soldati caduti in una battaglia combattuta secoli addietro nei dintorni".
Da qui la curiosit� in me di conoscere quel fatto d'armi e per diretta conseguenza la risoluzione di farne le corrispettive ricerche.
Quale battaglia poteva dunque essere? In quale epoca e da chi combattuta? In quale zona precisamente essa ebbe luogo?
A queste domande io m'ero prefisso di trovare adeguata risposta, e per meglio riescire nell'intento era naturale che incominciassi dalla istituzione delle due messe sopra men-zionate; ci� che feci recandomi dall'illustrissimo sig. marchese Giacomo Brivio, onde ottenere facolt� di praticare ricerche nell'archivio di sua Famiglia allo scopo di trovarvi qualche documento in proposito.
Accolto dal sullodato sig. Marchese colla massima cortesia, ed esposto a lui il movente della mia visita, con tutta gentilezza egli pose a mia disposizione molti documenti e con rara premura volle aiutarmi nella ricerca dell'istituzione sopra menzionata; ma diedesi il caso che, in luogo di questa, noi rinvenissimo un altro importantissimo documento, redatto da notaio nell'anno 1518, dal quale chiaramente ed indubbiamente si rilevava l'epoca ed il luogo del combattimento non solo, ma, ci� che più m'importava, la fondazione della famosa "Cappella espiatoria" coll'annesso convento pei religiosi che la dovevano ufficiare (vd documento A).
Quasi contemporaneamente a queste prime ricerche io aveva fatto metter mano a dissodare i pochi metri di terreno attiguo alla chiesa di Zivido, quando con mia sorpresa vi notai la presenza di ossa umane. Praticate allora accurate indagini sul luogo, mi convinsi che quel terreno doveva un tempo aver servito di cimitero pei decessi della villa. Senonch� alla destra del viale entrando dal cancello verso strada, e quasi rimpetto al portico laterale alla chiesa, trovai alla profondit� di circa 60 centimetri un ammasso di teschi, e poco lungi da questi una quantit� d'altri ossami evidentemente gettativi alla rinfusa in un'epoca, certo, molto lontana.
Da dove provenivano quelle ossa e quei teschi? Chi ed in qual tempo ve li aveva trasportati?
Osservati i registri parrocchiali dal 1500 in avanti, a stento potei rilevare che il terreno suddetto aveva servito appunto di cimitero fin verso il 1800 pei defunti del luogo e che in esso erano pure stati deposti alcuni abitatori del convento periti di peste (nel 1576?). Pensai allora, per maggiori schiarimenti, di ricorrere nuovamente all'archivio Brivio, onde indagare se mai vi esistessero memorie intorno a quelle ossa (le quali con molta probabilit� potevano appartenere ai caduti nella celebre "battaglia detta di Marignano"), e vi potessi scoprire la chiave per conoscere l'istituzione delle due messe menzionate. E feci bene; imperocch�, leggendo un istrumento del 1606 autenticato dal notaio Cerutto (vd documento D), col quale monsignor Antonio Albergato, vicario generale dell'Arcidiocesi di Milano, vendeva al magnifico sig. Brivio una porzione di terreno colla annessa chiesa sita "alle Vittorie", vi trovai pure inserito l'obbligo di far trasportare a Zivido le ossa in detta chiesa inumate, e che ogni anno, all'anniversario di quella terribile lotta si facesse celebrare nella chiesa di Zivido un ufficio con messe, secondo il disposto, a suffragio delle anime dei caduti.
Quelle ossa erano adunque proprio quelle state tolte dalla cappella espiatoria?
Per antica tradizione, conservata dai più vecchi del luogo, si voleva che le ossa tolte dalle Vittorie fossero state trasportate processionalmente al cimitero di Zivido, e che, siccome non tutte si poterono collocare nella tomba esistente in chiesa, cos� le restanti sieno state tumulate di fuori. Non era da disprezzarsi questa voce, sebbene vaga ed incerta: meritava anzi l'onore d'una verifica, che mi accinsi con tutta diligenza a fare.
Praticate varie indagini allo scopo di rinvenire la menzionata tomba, m'accorsi della presenza d'un secondo pavimento, e, rinnovati gli assaggi con maggior cura e profondit�, riescii a scoprire nel mezzo della chiesa il ricercato sotterraneo.
Chiamato un muratore, feci aprire sul v�lto di questo un ampio pertugio, pel quale poter discendere. Ultimato desso, e dopo un'ora di prudente esalazione, vi calai una scala a piuoli e, munito d'un lume chiuso a cristalli, lentamente discesi in quel lugubre recesso della morte. Mi guardai attentamente in giro, ed ecco che cosa si present� al mio sguardo (vd. Tavola VII).
Lungo ciascuna parete posava un feretro, o, per dir meglio, gli avanzi di un feretro con poche ossa annerite ed un lurido teschio pressoch� consunto dall'opera distruttrice del tempo. Mi curvai sopra ciascuno di essi e attentamente li osservai. Due consistevano in resti muliebri, come lo dinotavano le lunghe capigliature finamente ed artisticamente intrecciate: due altri, avanzi d'uomini maturi: nel mezzo un quinto feretro con pochi resti mortali ancora in parte rivestiti d'indumenti sacerdotali, e ai piedi una cassettina, nella quale biancheggiavano gli ossicini d'un bimbo di due anni circa. Al di sotto di questi sei feretri notai altre ossa ben disposte a strati e coperte qua e l� da ramoscelli e da corone di bosso quasi distrutte: sotto questo primo strato ne rinvenni un secondo meno conservato del primo; poi ancora un terzo, tutto corroso nella parte inferiore ed unito ad una massa compatta di ceneri dello spessore di circa 70 centimetri.
Allora esaminai minutamente parte di quelle ceneri, e in esse rinvenni due monete ed una quantit� di corame fradicio, del quale potei separarne alcuni pezzetti aventi tuttora la forma di gambali e di cinghie e qualche pezzo molto largo avente analogia colla fodera di una corazza, oltre a parecchi oggetti metallici talmente distrutti dalla ruggine che non mi fu dato di decifrare l'uso a cui dovevano aver servito. Non trovando altro che potesse giovare al mio intento, rimisi attentamente ogni cosa in ordine; indi uscii a più respirabil aere.
Non vi era più dubbio alcuno: quelle erano le ossa state trasportate col� per l'obbligo ricordato nel rogito Cerutto del 1606; e questo tanto pi� si assod�, inquantoch�, cercata l'epoca in cui furono collocati superiormente ad esse i sei feretri su menzionati, risult� che vi furono deposti dal 1612 in avanti (vd. Documento G).
Discorrendo più tardi coll'illustrissimo sig. marchese Brivio intorno alla scoperta delle suddette ossa, mi fece notare come egli avesse tempo addietro trovate in una casa di Melegnano alcune vecchie lapidi, una o due delle quali riferentesi ad una battaglia. Anzi, essendosi egli gentilmente offerto di accompagnarmi, accettai ben volentieri; e qualche giorno dopo, in compagnia anche dell'illustrissimo signor conte Emilio Belgiosioso, ci recammo in quella casa, dove, nel cortile ed appoggiate ad una scala, osservammo varie pietre con iscrizioni: due tra esse erano davvero importantissime pel fatto mio (vd. Tavola I). Uscii di l� col proposito di farne acquisto; ond'� che, lasciati quegli illustrissimi e nobili Signori, che mi erano stati di guida, mi recai sollecitamente dalla proprietaria signora Rosa Gallina, la quale mi accolse con tutta gentilezza: ella, udito il movente della mia visita ed avuta l'assicurazione che io chiedevo quelle lapidi unicamente per conto mio e per motivo di studio, me le accord� a patto che esse venissero collocate nella chiesa di Zivido, appunto secondo il desiderio da me già prima espressole, e che in luogo della somma convenuta io celebrassi venticinque messe a suffragio dell&'anima de' suoi cari estinti.
Felice di avre cos� potuto ottenere le due preziose lapidi, le feci nel giorno istesso trasportare a Zivido, e pochi d� dopo incastonare nelle pareti interne della nave della chiesa, dove sono gelosamente custodite e dove rimarranno a memoria del fatto, per volont� e desiderio ancora del sig. marchese Brivio, proprietario e patrono della suddetta chiesa di Santa Maria.
Rimaneva per� ancora a conoscersi la localit� dove un d� sorgeva il convento dei Padri Celestini di Francia coll'attigua cappella espiatoria, dalla quale erano state tolte le ossa trasportate poi nella chiesa e cimitero di Zivido; ma alcune difficolt� vi si opponevano. Volli nonpertanto tentare l'impresa.
Recatomi nei campi detti della Vittoria, notai, lungo un fossato che serve per l'irrigazione dei terreni circostanti, alcune tracce di fondamenta che sul momento mi tornava impossibile di ispezionare stante l'imminenza del raccolto. Tuttavia ne parlai in proposito al fittabile del luogo, col quale, pattuita un'equa ricompensa, si convenne che, ultimati i raccolti, io entrassi nei suddetti campi e vi praticassi a mio bel agio quelle escavazioni che avessi creduto del caso. Quando fu giunto il tempo opportuno rammentai a quel fittabile quanto erasi convenuto; ma, mentre nel giorno stabilito io mi recava sul luogo con persona idonea a quel genere di escavazioni, m'avvidi che nella seconda met� della notte precedente, o al primo mattino, erasi dato mano a nuovamente dissodare il terreno, rendendo cos� impossibile ogni mia ricerca.
Quale mi rimanessi se lo immagini il cortese lettore!
Dovetti rimandare le mie investigazioni a tempo migliore ed occuparmi invece a rilevare l'itinerario tenuto dall'armata di Francesco I di Francia per giungere sui campi di Santa Brigida e di Zivido presso Melegnano.
In questo frattempo m'ebbi una graditissima visita dall'egregio dottore in filosofia sig. Herman Escher di Zurigo, distinto cultore degli studi storici; dal quale appresi come, qualche mese prima, trovandosi egli a Parigi, aveva veduto in quella Biblioteca Nazionale un libriccino intitolato "Incoronnemente du Roy Fran�ois Ier et sa victoire sur les Suisses (battaille de Marignan)", il quale, secondo lui, m'avrebbe fornito memorie assai importanti per le mie ricerche. Abbench� il dottore Escher m&'avesse detto che non si conoscono se non tre copie di quel libro, cio� due nella predetta biblioteca di Parigi ed una a Londra, volli egualmente farne ricerca nelle biblioteche di Milano; ma senza esito alcuno. Fortunatamente nel maggio successivo si recava a Parigi l'illustrissimo sig. marchese Brivio, ed avendomi egli gentilmente interpellato se mi fosse occorsa qualcosa col�, ne approfittai con piacere, consegnandogli copi dell'indicazione lasciatami dal sullodato sig. Escher, e pregandolo a fare l'opportuna ricerca nella Biblioteca Nazionale di Parigi, per riferirmene in proposito. Giunto che fu alla capitale francese il sig. Marchese trov� diffatti il desiderato libro in detta biblioteca, e, avendolo giudicato interessante per me, pot�, coll'intervento gentile e premuroso dell'illustrissimo sig. conte Resmann, rappresentante il Governo italiano a Parigi, farne eseguire copia autenticata, che in seguito mi fu trasmessa per opportune indagini.
Frattanto erano avvenuti dei mutamenti in Zivido: al fittabile d'un tempo erano subentrati i signori fratelli Oriani; i quali, venuti a cognizione del mio intendimento, non solo posero a disposizione mia i loro campi senza pretendere alcuna ricompensa, ma gentilmente si offersero di surrogarmi nell'assistenza dei lavori ogni qualvolta io ne fossi impedito: come infatti gentilmente fecero.
Eravamo finalmente giunti alla met� del novembre 1886, epoca in cui si ultimarono i raccolti in quei terreni; per il che, accapparrati quattro uomini esperti e di buona volont�, io principiai i lavori di escavazione seguendo le linee tracciate lungo il fossato, ed in pochi giorni d'opera assidua potei mettere a nudo tutto il lato di mezzod� misurante metri 71 di lunghezza. Ma, caduta buona quantit� di neve, dovetti sospendere le operazioni, per poi ripigliarle e lasciarle di nuovo stante l'inclemenza della stagione. Sulla fine del susseguente gennaio, essendosi il tempo rimesso al bello, ripresi nuovamente l'opera, ma con soli due uomini per maggiore comodit�, e di l� a non molto riuscii a vedere scoperte anche le fondamenta degli altri tre lati del convento e quelle della cappella espiatoria. Intanto era venuta la fine del marzo 1887, ed io dovevo riconsegnare quei terreni per la coltivazione. Pregai allora il compianto sig. conte Francesco Galantino, studiosissimo in fatto di storia, perch� volesse favorirmi d'una sua visita onde constatare personalmente la eseguita scoperta. Premurosamente accett� egli l'invito, ed accompagnato dall'illustrissimo sig. marchese Brivio, venne in luogo unitamente all'esimio architetto sig. Luca Beltrami ed all'illustre sig. cav. Frizzoni, e tutti ebbero campo di rilevare l'importanza di quelle fondamenta. In seguito poi alla relazione fatta dal sullodato sig. architetto Luca Beltrami alla Commissione archeologica governativa, veniva inviato sul luogo delle scoperte il sig. prof. Pompeo Castelfranco, r. ispettore degli scavi e monumenti del Circondario di Milano, per l'opportuno resoconto d'ufficio.
Da ultimo, seguendo alcune memorie e la tradizione locale, praticai delle ricerche nel luogo ove erasi trasportato tutto quanto aveva appartenuto alla cappella espiatoria, e dopo molto frugare potei rinvenire anche la pietra sacra dell'altare delle Vittorie, pietra che ora si conserva nella chiesa di Zivido unitamente alle menzionate lapidi.
Questa l'esposizione, o relazione cronologica delle mie indagini: ora i fatti che determinarono l'erezione della cappella espiatoria sui campi di Zivido, riservandomi poi a parlare, nella seconda parte, dell'erezione di questa, delle successive sue vicende e dei documenti che vi si riferiscono.

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