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Il contesto e gli obiettivi
Durante la riunione della primavera 1997, il Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale italiana ha deciso di promuovere ogni anno, a partire dal 1998, tre concorsi nazionali a invito per la costruzione di tre complessi parrocchiali, uno per ciascuna area geografica (nord, centro, sud): ogni complesso parrocchiale comprende chiesa, casa canonica e opere di ministero pastorale. Il contesto nel quale si situa l'iniziativa della Cei non � il Grande Giubileo del 2000, ma � il "progetto culturale", promosso dai vescovi italiani nel 1994 e destinato a svilupparsi a lungo nei prossimi anni. Con questa iniziativa, che non ha precedenti nella sua storia, la Cei ha inteso stimolare le diocesi italiane perch� si impegnino a progettare con più cura di quanto non abbiano fatto negli ultimi decenni le chiese e gli edifici destinati a ospitare le attività ecclesiali. Sulla qualità delle nuove chiese italiane, infatti, come � noto, vengono sollevate numerose critiche. In particolare la Cei, che ormai da dieci anni aiuta le diocesi italiane a costruire nuovi complessi parrocchiali con sostanziosi contributi finanziari e con un apposito documento ricco di indicazioni (si veda la nota pastorale "La progettazione di nuove chiese", 18 febbraio 1993), ha bandito i concorsi per richiamare l'attenzione delle diocesi stesse su tre punti fondamentali. In primo luogo sul fatto che per realizzare chiese e opere parrocchiali dignitose dal punto di vista architettonico � necessario incaricare architetti di elevata competenza. In secondo luogo la Cei ha voluto ribadire che la progettazione di edifici che si propongono come segni ecclesiali significativi, come le chiese, richiede di essere accurata e completa, anche per quanto riguarda le opere d’arte, gli arredi e gli spazi esterni. In terzo luogo che la progettazione delle nuove chiese dovrebbe essere caratterizzata dalla collaborazione tra committenti (vescovi e parroci), architetti, artisti, liturgisti e teologi. Certo, per costruire edifici di buona qualità architettonica sono necessari un committente determinato, risorse economiche sufficienti e poi artigiani e imprese costruttrici capaci, ma resta il fatto che la scelta di un progettista colto e la qualità del progetto si deve considerare il requisito di fondamentale importanza.
Promuovendo i concorsi, la Cei non ha inteso ricercare modelli o "tipi" da proporre come regola alle diocesi, n� promuovere linguaggi particolari. Nel rispetto della libert� dei progettisti e degli artisti e della pluralit� dei linguaggi, ed evitando ogni atteggiamento analiticamente prescrittivo, ha inteso piuttosto suggerire un metodo di lavoro e di ricerca. Perci� ha invitato architetti qualificati, ha chiesto loro di misurarsi con il tema del complesso parrocchiale - un tema molto noto, interpretato con mille variazioni locali da secoli in Italia, ma sempre arduo - offrendo loro fondamentali indirizzi.
Si � voluto sostenere l'attuale fase di ricerca, le cui radici sono nei documenti del Concilio Vaticano II, chiedendo ai progettisti di evitare alcune strade che si sono rivelate superate o non percorribili e incoraggiandoli ad incamminarsi in altre che sembrano promettenti, anche se non tutto � definito e stabilizzato in ambito ecclesiale e liturgico. Sembra ormai chiaro, ad esempio, che le comunit� cristiane e i loro pastori desiderano chiese ispirate alla semplicit�, discrete e misurate (non esageratamente vaste e trionfaliste), con interni vivaci e luminosi, lontane dalla freddezza e dal grigiore; chiese semplici anche strutturalmente (siamo un po' tutti stanchi di esibizionismi strutturali e materici, di simbolismi curiosi, di originalit� a tutti i costi), Desiderano chiese espressive, che si possano riconoscere senza difficolt� e senza equivoci, progettate con cura professionale, abitabili in ogni stagione in cui - e questo � il requisito liturgico essenziale - le assemblee domenicali possano radunarsi con semplicit� attorno all'altare, in cui anche l'ambone e il fonte battesimale abbiano una chiara evidenza; chiese che invitino ad entrare chi cerca un poco di pace, dove i credenti possano fermarsi ogni giorno a pregare con calma, in un clima di silenzio. Chiese e opere non effimere, che sappiano accettare la sfida del tempo e non temano il susseguirsi delle mode, senza per� cedere n� alla nostalgia per epoche gloriose n� alle sirene dello sperimentalismo.
Note di cronaca
I presidenti delle Conferenze episcoplai regionali hanno individuato, nel gennaio 1998 tre diocesi (Milano, Perugia e Lecce) nelle quali realizzare i progetti. Con lettera del 14 luglio 1998 S.E. mons. Ennio Antonelli, segretario generale della Cei, ha invitato ventisette architetti italiani, nove per ciascuna diocesi, a presentare entro sei mesi progetti di massima per i complessi parrocchiali da erigere nelle parrocchie scelte: Santa Maria in Zivido di San Giuliano Milanese (arcidiocesi di Milano), San Sisto in Perugia (diocesi di Perugia) e San Giovanni Battista in Lecce (diocesi di Lecce). Sono stati invitati architetti noti, appartenenti a generazioni e scuole di pensiero diverse, senza preclusioni di alcuna natura. La Cei ha scelto sei progettisti per ciascun progetto e ciscuna diocesi ne ha segnalati tre. I concorsi si sono svolti regolarmente sulla base dei bandi approvati dai Consigli nazionali degli architetti e degli ingegneri. Entro il 23 gennaio 1999 sono pervenuti ventitr� progetti, di cui uno (Cesare Sarno) fuori tempo. Quattro progettisti (Giorgio Grassi, Massimo Carmassi, Sandro Benedetti e Giulio Caravaggi) non sono riusciti a concludere il progetto in tempo utile. I risultati dei concorsi sono stati annunciati nel marzo 1999.
Esiti
Parrocchia di Santa Maria in Zivido di San Giuliano Milanese. Il primo premio è stato assegnato al progetto degli architetti Roberto Gabetti e Aimaro Isola di Torino, con la seguente motivazione: "i progettisti hanno risposto con grande concretezza alle diverse richieste espresse dall'ente banditore elaborando una proposta liberamente inserita nel solco della tradizione e nello stesso tempo ricca di forza evocativa; il progetto si � distinto per un'evidente simpatia nei riguardi del contesto rurale, le sue atmosfere, le forme e i materiali; l'impianto liturgico raccoglie l'insegnamento della recente tradizione promossa dal Concilio Vaticano II; il dialogo con gli artisti è aperto".
Non sono stati assegnati il secondo e il terzo premio; si � deciso di suddividere il monte premi non assegnato tra gli altri progettisti ammessi al concorso. La giuria si � trovata in difficolt� nell'identificare il progetto al quale attribuire il primo premio dal momento che nessuno tra i progettisti ammessi risultava pienamente soddisfacente in relazione ai tre ordini di valutazioni adottati: rapporto con il sito e con il contesto, configurazione liturgico-artistica, rispetto dei parametri dimensionali, finanziari e funzionali. La difficolt� � risultata tale da far emergere la proposta di indire un concorso di secondo grado tra alcuni progettisti; sulla base di una valutazione più approfondita e per la dichiarata opposizione dell'ente banditore la proposta � stata poi abbandonata. I punti sui quali maggiormente si � incentrata la discussione riguardano due fondamentali richieste dell'ente banditore: la riconoscibilit� non equivoca dell'edificio-chiesa e la coerenza dell'impianto liturgico. Alcuni tra i progetti, giudicati di particolare interesse dal punto di vista architettonico, quelli di Giulio Marini e Giacomo Polin, Mario Bellini, di Francesco Venezia, risultavano in contrasto con richieste fondamentali avanzate dall'ente banditore quali la identificabilit� della chiesa (che, dunque, escludeva ipotesi progettuali come ad esempio quella ispirata al tipo "casa-chiesa") e l'aderenza alla riforma liturgica (che non sembra conciliabile con l'adozione sic et simpliciter della pianta basilicare). La conclusione del primo concorso, che ha visto l'attribuzione del solo primo premio, riflette con chiarezza la valutazione piuttosto sofferta dei progetti ammessi. (...)
Valutazioni
La giuria ha espresso una valutazione complessivamente positiva della prima serie di progetti, che ha considerato come una prima occasione, in parte ancora sperimentale, per avviare il dialogo tra Chiesa, architetti, artisti e liturgisti. I concorsi hanno rivelato luci e ombre.
Va segnalato in primo luogo il grande interesse manifestato per il tema da parte dei progettisti invitati e la elevata qualità complessiva dei progetti inviati. La giuria ha riconosciuto di rilevante interesse più di un progetto, oltre a quelli premiati; non ha, tuttavia, attribuito tutti i riconoscimenti previsti dal bando per un doveroso senso di responsabilit� nei riguardi dei destinatari dei concorsi ai quali non si � voluto inviare messaggi contradditori o fuorvianti rispetto alle indicazioni fornite dall'ente banditore, in particolare in relazione alle indicazioni liturgiche. L'invito alla collaborazione con i liturgisti e gli artisti, richiesta di non semplice attuazione, è stato accolto positivamente dalla quasi totalit� dei progettisti. In più di un caso, tuttavia, � sembrato che l'apporto del liturgista sia stato richiesto solo a progetto concluso e sia stato utilizzato a titolo di verifica. Non si pu� nascondere che i risultati dei primi tre concorsi nazionali non sono sembrati ancora pienamente soddisfacenti. In futuro ci si attende che i progettisti compiano passi in avanti su alcuni punti specifici: la ricerca dell'identit� specifica della chiesa, una più convinta acquisizione del programma liturgico, maggior misura nella ricerca di motivi simbolici, una più intensa integrazione tra architettura e arti e maggior cura per il dimensionamento e la concreta fattibilit� dell'opera. Il bando adottato, a parte qualche piccolo difetto, ha dato buona prova di s�. La eventuale modifica di maggior peso potrebbe consistere nell'introdurre l'ipotesi del secondo grado, almeno in alcuni casi da specificare.
I concorsi hanno messo in evidenza qualche limite nei parametri Cei: sono stati rilevati problemi di interpretazione e di estensione. Sembra infatti che i parametri Cei abbiano indotto alcuni progettisti a qualche errore di calcolo (in particolare nel caso del progetto in diocesi di Milano e, in specie, in relazione al dimensionamento della chiesa) o a sottovalutare l'importanza di qualche parte del progetto (la sistemazione delle aree esterne, ad esempio, che era parte del progetto ma non era finanziabile, secondo i parametri). L'esperienza di questi primi concorsi si pu� comunque ritenere incoraggiante. Lo dimostra il fatto che una seconda serie di tre concorsi sarà avviata nel 1999 per concludersi nei primi mesi del 2000, nelle diocesi di Bergamo, Porto-Santa Rufina e Potenza. La seconda serie di concorsi sarà impostata come la prima: concorsi a invito, con un numero limitato di progettisti invitati dalla Cei. I progettisti saranno scelti secondo i criteri già adottati nel 1998. Si pu� ragionevolmente prevedere che una più chiara e tempestiva presentazione da parte dell'ente banditore delle esigenze liturgiche, di riconoscibilit� nel contesto, dimensionali ed esecutive e un più intenso dialogo con la committenza e con i liturgisti da parte dei progettisti sapranno dare risultati ancora più convincenti. |