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Giuseppe
Gerosa
Brichetto
La
Battaglia di
Marignano, uomini
e tempi delle
calate dei francesi
sul ducato di Milano
Milano,
1965
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Il
discorso del Cardinale
Il discorso del Sedunense è andato famoso, se dobbiamo credere
alla lunga versione che ce ne ha tramandato il Guicciardino ed anche il
Giovio, per quanto non si debba sottacere il sospetto del Bossi che quelle
perorazioni non siano altro che uno sfoggio di eloquenza e di retorica
dei due storici.
E' il Giovio che mette in bocca allo Schinner addirittura degli obbiettivi
importantissimi da raggiungersi nel combattimento: "et che tutta
la fatica ed il pericolo che rimaneva loro, tutti con animo grande s'haveva
da impiegare in prendere l'artiglierie de' nemici. Dove se, per avventura
alcuni di loro pur morissero, egli assicurava a tenere per cosa certissima,
che l'anime loro, da lui per autorità del Papa assolte da ogni
peccato, lasciando in terra memoria d'honorato valore, subito se ne sarebbero
volate in cielo".
Così infiammate di spirito bellicoso le genti svizzere si misero
in moto verso porta Romana, rullando i tamburi sotto le loro bandiere
al vento, in testa alcuni dei capitani più famosi, dal Landeberg
a Cenzio Amerer, a Rodolfo Longo, Flecchio, Gualtiero Offio ed altri.
Era sul mezzogiorno e principiarono ad uscire dalla porta sulla strada
lodigiana verso San Donato, divisi in tre corpi di circa otto o dieci
mila uomini ciascuno. Il Cardinale di Sion con aria marziale, rivestito
degli abiti pontificali e preceduto dalla croce di legato papale, montava
un cavallo spagnolo ("un genet d'Espagne") ed aveva a fianco
due cavalieri.
Trainavano seco gli Svizzeri cinque o sei piccoli cannoni; Galeazzo Visconti,
Giovanni Gonzaga, il Gambara e l'Aquila ambasciatori li seguitavano e
ad essi si congiunsero "alcuni cavalieri di quelle famiglie che per
antica benevolenza osservavano il nome Sforzesco. Ed anco alcune squadre
d'homeni armati, di plebei e di sgherri di lor voler si mescolavano fra
la turba che passava" (Giovio). Il Visconti era in veste di luogotenente
del duca Massimiliano e Muzio Colonna "con li soi papalisti"
marciava dietro il cardinale; nel complesso vi erano da quattro a cinquecento
cavalieri del partito dello Sforza.
L'entusiasmo era grande fra lo squillo delle trombe e suon di corni; le
bandiere multicolori erano quelle di Uri, di Zug, di Svitto ed Underwalden,
mentre le genti dei cantoni di basilea, Berna e Soletta, sollecitate dall'argento
francese, avevano voltato la marcia verso il nord per tornare in patria.
In secondo tempo, avvertiti che i loro compagni erano favoriti da un successo
iniziale, temendo la vergogna di non aver partecipato alla vittoria che
ritenevano certa come la spartizione del bottino, ritornarono sui loro
passi e marciarono verso San Donato.
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