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Giuseppe
Gerosa
Brichetto
La
Battaglia di
Marignano, uomini
e tempi delle
calate dei francesi
sul ducato di Milano
Milano,
1965
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L'urto
tremendo
Narra il Burigozzo che gli Svizzeri il mercoledì mattina avevano
fatto una puntatina a San Donato, "ma trovarono che nol gh'era nulla
et tornorno in dreto". Sappiamo invece che fu proprio il mattino
del 13 che monsignor de La Tremouille ed il Gran Mastro di Francia si
erano portati in esplorazione con una buona scorta di armati a San Donato,
e proseguendo lungo lo stradale fino a San Martino ed oltre il Redefossi
a porta Romana, i loro cavalieri avevano ucciso in scaramuccia sette od
otto uomini armati che vagolavano da quelle parti.
Gli Svizzeri continuavano ad uscire in direzione di San Donato "et
durò loro passaggio sino alle ventidue ore; con un animo tale che
non pareva già che a guerra, ma a più certi segni de victoria
andassero".
Essi si aspettavano di trovare il nemico a San Donato e qui giunti incominciarono
a scaricare dieci falconetti che avevano menato seco (Giovio), mentre
i Francesi si trovavano invece a tre miglia e mezzo sulla linea di San
Giuliano. Questi colpi servirono a far drizzare le orecchie al Connestabile
ed al Trivulzio, ma d'altronde sollevarono le proteste del Muzio, che
consigliava invano di arrestare la marcia.
Il medesimo, e con lui alcuni capitani quali il Landeberg, Cenzio Amerer
e Rodolfo Longo "avevano notato che da destra v'era rimaso un luogo
comodo per accamparsi, dove un piano assai basso quasi da due lati era
cinto da un perpetuo canale il quale correva alle mulina" (Giovio).
Si tratta delle praterie e delle marcite che stavano fra il Redefossi
e la Vettabbia, dalla Bettolina a Sestogallo.
Ivi, secondo quei capitani, le forze svizzere avrebbero potuto riposarsi
dalla marcia ed organizzarsi prima di dare battaglia alle avanguardie
francesi che si intravedevano in linea sull'altro lato dello stradale
dalla chiesa di San Giuliano al Lambro. Ma nulla valse a trattenere l'impeto
di quelle bellicose bande, che oramai sprezzando gli ordini dei loro capi
e venendo meno alle regole di una sana prudenza militare, man mano che
giungevano, si buttavano a sinistra della strada attraversando la roggia
Spazzola, e di corsa attraverso i campi, si avventarono con le lunghe
picche contro gli avamposti nemici.
Le forze di rottura erano costituite dai "figli perduti", uomini
elettissimi di tutti i cantoni, d'età fiorita, di singolare prestanza
e che ricevevano due paghe. L'urto contro i serrati ranghi dei Guasconi
e dei Lanzichenecchi, là fermi dietro quella palizzata di ripari,
fu tremendo.
Per seguire tutte le più minute fasi del combattimento, come già
fece il Mignet, ho giudicato conveniente rifarmi alla famosa lettera che
il Re scrisse a sua madre la duchessa d'Angoulème al termine del
fatto d'arme; in tale lettera, malgrado le comprensibili esagerazioni
che suscitarono ironiche critiche degli storici posteriori anche francesi
quali il Michelet, sono del meglio presentati tutti i particolari dell'azione
e gli incidenti sopravvenuti nelle due giornate memorabili.
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