|
Giuseppe
Gerosa
Brichetto
La
Battaglia di
Marignano, uomini
e tempi delle
calate dei francesi
sul ducato di Milano
Milano,
1965
|
I
figli perduti
Scrive adunque il Re che non sarà possibile vedere gente che s'avanza
con più furore e più ardimento. Rapidamente serrano sotto
i fanti Lanzichenecchi che sono due corpi di circa novemila uomini ciascuno,
l'uno a fianco dell'altro e formano come un muro all'attacco furente dei
"figli perduti"; il corpo scelto dei seimila uomini della Banda
Nera rimane più indietro.
Gli alabardieri guasconi e gli avventurieri, al comando di Pietro di Navarra,
occupano l'altura di Rovido con piccole artiglierie che entrano subito
in azione, e parimenti i grossi pezzi del siniscalco d'Armagnac cominciano
a picchiare sulle colonne avanzanti col loro fuoco micidiale.
I tiri concentrati dei cannoni li obbligano per un momento a segnare il
passo ed a mettersi al coperto sotto i terrapieni; indi si buttano nuovamente
sull'armata francese con le picche abbassate. Il Connestabile ed il La
Palisse, alla testa delle genti d'arme dell'avanguardia, ordinano delle
cariche ripetute, ma non riescono a contenerli; ricacciati essi stessi
sulle loro fanterie, gli Svizzeri fanno impeto sui Lanzichenecchi ed i
Guasconi che indietreggiano paurosamente presi dal terrore.
Il Re nella sua lettera usa un eufemismo: "il y eut quelque peu de
desordre"; si può arguire invece che le fanterie atterrite
si diedero a precipitosa fuga: fu allora che gli Elvetici, resi più
gagliardi ed eccitati dal primo successo, si buttarono sulle artiglierie
e si impossessarono di sette pezzi.
Si ripeteva la tragica giornata di Novara: era il declino del giorno,
poichè la battaglia aveva preso inizio verso le cinque del pomeriggio,
e gli Svizzeri marciavano decisamente sull'artiglieria per impadronirsene
e poi volgerla contro l'armata francese e terminare così la battaglia.
Ma la giornata di Marignano - continua il Mignet - trovò dei cuori
più ferrei e delle volontà più risolute che a Novara.
Il Navarro da una parte, il Trivulzio ed il Borbone dall'altra, con una
decisa azione personale spingevano i loro cavalli ad arrestare quel pericoloso
scompiglio fra le truppe. Ebbe allora il Re contezza del grave disastro
che stava per succedere, e postosi alla testa di duecento cavalieri (essi
avavno ben ottocento cavalli a disposizione), si portò all'avanguardia
a rianimare i fuggitivi.
|