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Giuseppe
Gerosa
Brichetto
La
Battaglia di
Marignano, uomini
e tempi delle
calate dei francesi
sul ducato di Milano
Milano,
1965
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La
stretta finale
Ributtati dall'ala destra di Borbone e navarro, respinti a sinistra dai
cavalieri veneziani, gli Svizzeri in un ultimo disperato tentativo fecero
massa verso il centro, e come una valanga caricarono il corpo dei Lanzichenecchi
della Banda Nera dove era il Re e si slanciarono in un furioso corpo a
corpo.
Le due ali del Borbone e dell'Alencon, non incontrando più resistenza
si richiudevano su di loro accerchiandoli, ed i balestrieri Guasconi li
assalirono con estrema veemenza, mentre i cannoni tutti sparavano su di
loro rabbiosamente. Fu un terribile incrociare di picche e di colpi d'ascia,
ultima fase della battaglia che in uno spaventoso crescendo, non vide
cedimenti ma il finale massacro: scrisse il Re che i nemici vennero tutti
tagliati a pezzi e che nessuno scampò.
Non potendo retrocedere perchè stavano per essere presi alle spalle
dalle due ali dello schieramento francese, gli Svizzeri col coraggio della
disperazione si lanciarono sempre più avanti invadendo l'abitato
di Zivido, gli orti, le case e le cantine, ed infine si rinserrarono nei
granai del castello e si difesero accanitamente dagli assalti dei Lanzichenecchi
che cercavano di snidarli.
Il Re raccolse intorno a sè tutti i cavalieri e lanciò un'ultima
carica verso le rimanenti forze del nemico che si erano voltate verso
Carpianello, mentre dai nuclei sparsi per la campagna si levavano i segnali
della ritirata.
Agli ordini del Maresciallo di Fleuranges, il quale racconta che fu lui
personalmente a "buster le feu" i Lanzichenecchi circondarono
il castello di Zivido e lo incendiarono. Fu una scena paurosa: investiti
dalle fiamme e non vedendo scampo gli occupanti si lanciavano dalla finestre
e venivano finiti al suolo; ben ottocento uomini vi perirono miseramente
e fra essi alcuni Francesi, i signori di Bussy e di Manes con gli uomini
loro che si erano avventurati nell'interno delle case per occuparle.
Sfuggiti alla morsa dell'accerchiamento, alcuni drappelli svizzeri, accecati
dalla polvere e dal fumo, persero l'orizzonte e si addentrarono in fuga
sempre più nel campo francese, fino a giungere a Santa Brigida
dove erano il quartier generale e gli equipaggi del Re; si gettarono allora
a valle e passando il Lambro a guado risalirono sulla sua riva sinistra
attraverso i campi, verso la cascina Colombara e la Maiocca.
Altri, rimasti fuori dalla stretta di Zivido e rivoltisi verso Carpianello
sotto la spinta dell'ultima carica di cavalleria del Re ed il bersagliare
della freccie dei balestrieri Guasconi, raggiunsero vertiginosamente le
boscaglie che stavano fra la roggia Nuova ed il Lambro.
C'era un vecchio ponte che venne distrutto dagli Spagnoli nel 1746 ed
ancora riedificato nel secolo scorso; per quel ponte alcuni nuclei di
fuggiaschi poterono mettersi in salvo, ed uniti ai precedenti raggiungere
le cascine della Brusada e della Strepada, quindi le campagne della Boscana
e di Linate. Quelli più tardi, perchè feriti e malconci,
vennero raggiunti ai mulini di carpianello e di Bolgiano dove furono trucidati.
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