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Giuseppe
Gerosa
Brichetto
La
Battaglia di
Marignano, uomini
e tempi delle
calate dei francesi
sul ducato di Milano
Milano,
1965
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Allagamento
dei campi
Si aggiunga che il Trivulzio, vecchia volpe in fatto di stratagemmi e
buon conoscitore di roggie, di marcite e di mulini (non l'aveva Lodovico
il Moro soprannominato per ischerzo "ser Jacopo il Mugnanio"?),
il Trivulzio adunque fece romepere gli argini della roggia Nuova e della
Spazzola ed i prati si allagarono. Nelle parti più declivi gli
uomini si muovevano nel fango e nell'acqua fin oltre il ginocchio, per
cui l'offesa e la difesa venivano man mano paralizzate. Fu il crollo di
ogni resistenza e l'istinto di conservazione mise le ali ai piedi a chi
aveva ancora buone gambe.
L'ala sinistra dello schieramento svizzero fu la meno prestante; tenuta
sempre in rispetto dalla fermezza delle truppe del Borbone e del Trivulzio,
ed ancor più dalle martellanti artiglierie del Navarro che sparavano
implacabili dall'altura di Rovido, non attese lo sbandamento finale per
passare dall'altra parte del Lambro e mettersi in salvo.
Il grosso delle truppe rimase stretto invece agli ordini dei capitani
superstiti, il Rostio, l'Angiardo ed il Ronna, i quali fecero dar fiato
per l'ultima volta al famoso corno di bue, una specie di corno nazionale
che si alternava nel suono a quello di vacca del cantone di Underwalden,
e diressero una ritirata ordinata e dignitosa verso lo stradale.
Avevano marciato su San Donato incontro al nemico senza scarpe e senza
armatura: il Michelet scrive che avevano levato appositamente i loro scarponi,
perchè non si sentisse di lontano il rumore della colonna che avanzava
e per non avere ingombro a passare i fossi e le marcite allagate. Non
si sa se le ricalzarono sulla via del ritorno: con le armi in pugno, trascinandosi
dietro i feriti, con le bandiere ed i cannoni tolti al nemico, abbandonarono
il campo su di cui avevano con tanto valore e con non minore sfortuna
combattuto e s'avviarono verso porta Romana.
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