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Giuseppe
Gerosa
Brichetto
La
Battaglia di
Marignano, uomini
e tempi delle
calate dei francesi
sul ducato di Milano
Milano,
1965
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Diario
di Santa Brera
Santa Brera, 14 settembre. Il Re cavalcando per la campagna, seguito dai
suoi gentiluomini, era rientrato all'alloggiamento posto nella casa padronale;
riferiscono i cronisti che messosi in ginocchio rimase in preghiera alcun
tempo, ringraziando Iddio della vittoria che gli aveva concesso ("et
adora la vraye Croix"; era il giorno dedicato alla invenzione della
Santa Croce).
La stanchezza, l'emozione, la calura ed il sonno non gli impedirono di
scrivere quella sera stessa la celebre lettera alla madre; poi chiamò
il cancelliere Du Prat e gli ordinò di inviare dei messaggi a tutti
i principi cristiani e suoi alleati, comunicando l'esito felice della
grande giornata, e parimenti a tutte le "bonnes villes" del
suo regno, invitando a far elevare a Dio delle pubbliche preghiere di
ringraziamento.
Ed alla fine potè dormire in un comodo letto, ma non profondamente
tutta notte però: venne svegliato da ben due allarmi e tutti si
armarono e corse voce che gli Spagnoli si avvicinavano al campo di Marignano
per provocare i Francesi con qualche scaramuccia. ma gli Spagnoli, come
pure le truppe del Papa, erano ben lontani ancora sul Po, e visto come
erano andate le cose avevano già preso la decisione di non muoversi
e salvare i loro eserciti.
Si trattava invece di reparti francesi, i quali, non soddisfatti di essersi
rotte le ossa per due giorni di seguito con gli Svizzeri, ora si battevano
fra loro.
15 settembre. Quando il Re si svegliò gli fu annunciata la visita
del duca d'Alviano e del Contarini ed egli li ricevette a letto con grandi
manifestazioni di simpatia. Poi li invitò alla sua tavola e nella
giornata stessa passò in rivista le genti veneziane che erano accampate
poco lontano. Le truppe della Serenissima si festeggiarono grandemente
con quelle francesi; a sera attraversarono il borgo di Melegnano e presero
la via di Lodi. Bartolomeo d'Alviano, congedatosi dal Re, fu colto sulla
strada stessa da una violenta febbre che non lo abbandonò più;
tre settimane dopo, il 7 ottobre, moriva a Bergamo.
Lo stesso giorno 15 settembre, ed era di sabato, il frate Guglielmo Parvy
confessore del Re si recò dal suo signore e gli fece un bel sermone,
dove fra le altre diverse considerazioni spirituali lo esortava a rendere
grazie a Dio della bella vittoria ottenuta, e che si ficcasse bene in
testa che era Dio che aveva data la vittoria e non la forza dell'armata;
non osiamo dubitare che il Cristianissimo l'abbia ascoltato con piena
convinzione, ma dall'altra parte del campo il gran siniscalco d'Armagnac,
meno umile e religioso, andava proclamando che la vittoria era una e sola
dell'artiglieria.
La religiosità dei tempi e quella personale del sovrano non potevano
impedire certo che quelle ore che Francesco I passò tutto solo
nelle stanze della casa padronale di Santa Brigida fossero marcate da
un volo senza confini del suo ambizioso sogno di grandezza; la parabola
della monarchia di Francia era in crescendo ed ancora lontano era quel
culmine su di cui nella foga di una orazione funebre Bossuet sentenziava:
"Dieu seul est grand! Dio solo è grande o miei fratelli!".
La battaglia era durata due giorni e fu la più sanguinosa e violenta
che fosse stata mai fino a quei tempi combattuta; essa copriva di gloria
il giovane Re che si era tenuto valorosamente in prima fila e che aveva
posto tanto senno ed abilità nel prepararla. Sempre nella gran
lettera che scrisse alla madre da Santa Brigida egli esprime un giudizio
conclusivo che è una specie di bollettino della vittoria ed insieme
un proclama che indirizza alle truppe.
Francesco I loda il valore ed il contributo delle varie armi, rende omaggio
ai morti, esalta le doti dei principi della sua casa e dei gentiluomini
che si sono distinti nel combattimento, ed infine brucia a piene mani
incenso all'altare del suo amor proprio e della sua ambizione, della sua
inesperienza di ragazzo che non ha ancora vissuto e sofferto, della sua
vanità di giovane brillante "qui était tout feu pour
les belles dames!"; è la sintesi in sostanza che di lui ci
ha tracciato il Michelet: "le donne, laguerra, la guerra per piacere
alle donne!".
Il giudizio è tardo di tre secoli e molto severo: il valore personale
ed il coraggio del giovane Re è stato superiore ad ogni elogio,
e non solo a detta dei cortigiani e dei cronisti aulici, ma anche visto
da osservatori estranei come l'ambasciatore veneto: "Restami solum
dir a Vostra Excellentia che la maestà del Re oggi ha dimostrato
tal valor de la persona soa, che molti Cesari haria superato et ha fato
tali fatiche da heri in qua, che è cosa meravejosa a credere che
la età de soa Majestà lo patischa".
Sempre a Santa Brigida vennero al campo reale trecento cavalieri milanesi
guidati dal giureconsulto Jeronimo da Castiglione ed il Re li ammise in
sua presenza ascoltando le loro dichiarazioni di fedeltà e ad ogni
buon conto impose loro che pagassero in tre rate trecentomila scudi d'oro.
!6 settembre. La mattina di domenica Francesco I ordinò che venisse
levato il campo e l'armata si mosse da Santa Brigida e marciò verso
San Donato. Il diario di Santa Brera ha inizio il 12 settembre, quando
i Guasconi giunsero per primi nella cascina e la saccheggiarono; il Re
vi giunse nel pomeriggio e vi stette anche il mattino dopo, quando ricevette
per la seconda volta il duca d'Alviano, e quando il Fleuranges venne ad
annunciargli che gli Svizzeri erano in movimento.
Un fatto diplomatico importante che deve essere avvenuto nella casa padronale
di Santa Brera è l'incontro rimasto segreto coll'inviato del papa,
monsignore Luigi di Canossa vescovo di Tricarico, che il Re a Mulazzano
si era rifiutato di ricevere. Tramite il Trivulzio l'incontro fu reso
possibile e non è da escludere che l'immobilismo a cui si attennero
le forze riunite del Pontefice e del vicerè Raimondo di cardona
attestate al PO sia stata una segreta intesa di Leone X per lasciar prima
che i Francesi e Svizzeri si rompessero la testa fra di loro e nel frattempo
stare a vedere come le cose andavano a finire.
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