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Giuseppe
Gerosa
Brichetto
La
Battaglia di
Marignano, uomini
e tempi delle
calate dei francesi
sul ducato di Milano
Milano,
1965
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La
signora Clerici
Il Verri, traendo la notizia dalla vita dell'ammiraglio Bonivet scritta
dal Brantome, dice che il progetto di riportare inopinatamente la guerra
nel Milanese dal Re in persona era nato "da uno di quei segreti di
stato i quali rare volte si indovinano dal pubblico, perchè non
sono parti di una sublime politica, alla quale soglionsi attribuire forse
con troppa generosità tutte le risoluzioni dei gabinetti; e rare
volte trovansi scrittori informati e coraggiosi a segno di pubblicarli".
Il Bonivet aveva fatto venire a Francesco I la smania di conoscere una
certa signora Clerici, che era stata la sua amante nella precedente spedizione
("qu'il avoit pour maitresse, et en avoit tiré plaisir, et
en vouloit retaster"). Voleva insomma ricalcare i suoi passi non
solo, ma facendone parola al Re gli aveva messo in corpo una voglia matta
di partecipare a questa sua impresa ("et lui en avoit fait venir
l'envie de la voir et coucher avec elle").
Chissà poi se questa storia sarà vera, che per una donna,
"pour lors estiméé del plus belles d'Italie",
scese nuovamente dalle Alpi la grande armata francese guidata dal suo
Re in persona, composta di duemila uomini d'arme, tremila cavalli leggeri,
ventimila fanti, metà francesi e metà svizzeri, seimila
tedeschi e cinquemila italiani. E la bella armata andò al disastro
che concluse le aspirazioni degli Orléans sul ducato di Milano,
la fine del mito di valentina Visconti!
Bernardo Tasso, padre dell'immortale Torquato, che si trovava al seguito
del Re di Francia, sciveva dal campo: "Questo esercito mi pare con
poco governo, con molta licentia, et più grande di numero che di
virtù... questo esercito mi pare piuttosto pieno d'indolentia che
di valore". Ed il Guicciardini: "Il Re consumando la maggior
parte del tempo in ozio o in piaceri vani, nè ammettendo faccende
o pensieri gravi, dispregiati tutti gli altri capitani, si consigliava
con lui (il Bonivet)".
La filosofia della storia è assai severa nei suoi giudizi; scrive
il Brantome "che la metà del mondo non sa come l'altra vive,
poichè noi vediamo le cose sotto un aspetto che invece sono di
un altro. Ainsi Dieu qui sait tout se mocque bien de nous!".
Riviviamo stupiti le famose fasi della battaglia di pavia nella visone
dei grandiosi arazzi del Muse Nazionale di napoli; il vicerè Carlo
di Lannoy scenda da cavallo e si appressa al Re che si arrende vinto e
gli consegna la sua spada dicendogli in italiano: "Signore, eccovi
la spada di un Re che merita di essere lodato, perchè prima di
perderla ha sparso con lei il sangue di molti de' vostri, e che non è
prigioniero per viltà sua, ma per isfortuna". Il Vicerè
di Napoli la riceve rispettosamente in ginocchio baciandogli la mano e
trae la sua presentandogliela "per non lasciare un Re disarmato quantunque
prigioniero".
Questo è uno dei grandi episodi finali che conchiude "l'umanesimo
delle armi" del periodo feudale; il re Francesco I che è stato
investito delle insegne da Bayardo sul campo di marignano è l'ultimo
cavaliere del medioevo sull'inizio dell'età moderna che esprime
la secolare sintesi della cavalleria: "l'ame a Dieu, la vie au Roy,
le coeur a la Dame, l'honneur a moi!"; scrive alla madre il terribile
messaggio: "Madame tout est perdu fors l'honneur!".
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