La Battaglia sui libri

Giuseppe Gerosa
Brichetto

La Battaglia di
Marignano, uomini
e tempi delle
calate dei francesi
sul ducato di Milano

Milano, 1965

La vigna di Santo Eusebio

     Tali pratiche si conclusero con la cessione da parte della casa Brivio agli agenti del Re di Francia di una vigna di centoventicinque pertiche, detta di Santo Eusebio, posta nel territorio di Zivido di San Giuliano, nella quale si dovevano fabbricare una chiesa ed un monastero destinato ai monaci dell'ordine dei Celestini di Francia (atto notarile del 19 gennaio 1518).
Fu data prontamente mano alla costruzione, e fu anzi l'appezzamento accresciuto di altre venticinque pertiche a richiesta dei padri Celestini, i quali vi si insediarono e provvidero a raccogliere i resti dei morti della battaglia ed esplicare i loro servizi religiosi, secondo le intenzioni del Re. Il tempio si chiamò "Santa Maria della Vittoria".
Ma le faccende d'Italia non erano tanto propizie ai Francesi per la pessima dominazione del Lautrec, il rientro del duca Francesco II Sforza, la battaglia della Bicocca, la peste ed infine la famosa disfatta di Pavia (1525); i monaci Celestini potevano vivere indisturbati poichè nessuno li molestava, ma non certo in condizioni di spirito tali da rendere fiorente la loro comunità, sotto il dominio dei nemici del loro paese ed in un clima ben lontano da quello che aveva presieduto alla fondazione del monastero. Sicchè dopo qualche anno decisero di ritirarsi, vendendo tutto quanto era vendibile ed abbandonando definitivamente il convento di Zivido (1532-1533).
Le vicende successive della chiesa di Santa Maria della Vittoria di Zivido sono ben descritte dall'Inganni nel suo già citato pregevole volume e presentano il carattere della lenta, continua e progressiva decadenza. Nel 1534, con bolla di papa Paolo III, i beni già dei Celestini vennero eretti in beneficio, conferito via via a diversi ecclesiastici fino a quando, rimasto vacante, la Santa Sede lo delegò a San Carlo Arcivescovo di Milano che ne entrò in assoluto possesso.
Durante il periodo della peste il convento di Zivido funzionò come lazzaretto succursale a spese del Santo che vi fece trasferire trecento infermi da San Stefano Maggiore; cessato il terribile flagello lo adibì ad ospizio per i vagabondi, i cronici, i vecchi incurabili, i derelitti e gli infortunati. Il pio istituto nel 1578 venne trasferito in città: già l'anno prima il Borromeo aveva donato quei beni all'Ospedale Maggiore


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