La Battaglia sui libri

Giuseppe Gerosa
Brichetto

La Battaglia di
Marignano, uomini
e tempi delle
calate dei francesi
sul ducato di Milano

Milano, 1965

Le ricerche del cappellano Inganni

     Noi avremmo potuto sapere ben poco su questo argomento se il sacerdote Raffaele Inganni, cappellano di casa Brivio a Santa Maria di Zivido, negli anni 1886-1887, dopo un periodo di pazienti studi e ricerche, non avesse fatto eseguire degli scavi dai quali rilevò la pianta precisa delle due chiese e del monastero.
Era nel complesso un edificio grandioso come dimensioni e con fondamenta salde e si rimane perplessi nell'apprendere che sia andato in rovina in pochi decenni al punto da esserne demolito, mentre nei cascinali d'attorno, gli stessi che sono stati testimoni del celebre fatto d'arme, si vedono ancora dei casolari e degli edifici rustici di poco conto che sicuramente c'erano a quell'epoca. Certamente non avrà avuto pregi artistici e nocque alla sua conservazione il mutar di dominio sulle terre del ducato di Milano, e l'essere dedicato alla memoria di un avvenimento che non coincideva con ideali nazionali.
Nelle ricognizioni che compiè l'Inganni nella cripta della chiesa di Zivido egli rilevò lungo le pareti delle file di ossa umane disposte a strati e ricoperte da ramoscelli e corone di bosso; ma esse sono numericamente ben poca cosa al confronto dei sedicimila morti per i quali il Re di Francia fece scavare delle gran fosse dopo il combattimento. Si tratta probabilmente dei resti raccolti successivamente e riaffiorati man mano nei lavori dei campi e riuniti nella chiesa di Santa Maria della Vittoria; quelli delle grandi fosse sono ancora là e le bagnano le acque della roggia Gerenzana che ne trae rigogliosa vegetazione, finchè dopo quasi cinque secoli le scavatrici dei nuovi grandi complessi residenziali le riporteranno alla luce.
Due lapidi tombali, una dei resti del Duca di Castelleraud fratello del Connestabile e l'altra del Principe Giliberto di Lorena, l'Inganni le scoprì nel cortile di una casa di Melegnano; provenivano evidentemente dal materiale di demolizione della Vittoria ed egli, venutone in possesso, le fece saggiamente murare nell'interno della chiesa di Zivido; i frammenti di un'altra lapide funeraria rinvenuta negli scavi della distrutta chiesa di San Francesco grande in Milano, ed ora al museo archeologico ricordano il signor Antonio di Dinteville che fu ferito il 14 settembre a San Giuliano e che finì a morire in città come appare evidente, il 29 dello stesso mese.
A suggellare la cripta di Zivido il buon cappellano fece apporre di suo una pietra tombale con una elegante iscrizione latina che già più non si legge e sulla piazzetta antistante, luogo dell'antico cimitero, una colonna tronca, sul cui piedestallo è inciso il ricordo del celebre fatto d'arme, con che si può concludere che la memoria di avvenimenti anche famosissimi va persa sul terreno, come scrive il Verri: "i marmi, gli edifizi, le pubbliche fondazioni, tutto si scompone e disperde". Per il ricordo della parte che hanno avuto i villaggi ed i casolari dei dintorni di Melegnano, San Giuliano e San Donato in uno dei più sanguinosi combattimenti della storia, val più quel libricino senza pretese scritto in prosa ed in versi da Pasquier Le Moyne "dit Le Froc, portier ordinaire du roy", di cui si conoscono solo due copie, che potrebbe definirsi con i versi di Orazio: "monumentum aere perennius.


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