La Battaglia sui libri

Giuseppe Gerosa
Brichetto

La Battaglia di
Marignano, uomini
e tempi delle
calate dei francesi
sul ducato di Milano

Milano, 1965

La Nemesi delle tombe

     "Qui numquam quievit quiescit - Tace". Sotto questa famosa epigrafe che egli stesso dettò vivente per la sua tomba, una statua giacente sul sarcofago nella cappella di San Nazaro, il maresciallo Trivulzio pensava di dormire l'eterno sonno; "chi non stette mai fermo, finalmente riposa: silenzio!" Ma ahimè queste parole sono vane, perchè le stanche ossa del vecchio gueriero chissà dove sono andate a finire.
La mano riformatrice di San Carlo Borromeo volle espellere dalle chiese tutti imorti tumulati nei sepolcri gentilizi; le tombe marmoree sono rimaste dov'erano a glorificare le gesta e le virtù dei trapassati e ad ostentare la pompa di avito censo e l'arte di nobili scalpelli, ma i resti che v'erano racchiusi vennero tolti e confinati nelle cripte.
Qui durante la peste del 1630 la salma del condottiero andò mescolata ai cadaveri degli appestati gettati alla rinfusa e con questi andò dispersa qualche secolo dopo quando la cripta venne svuotata: sorte non più benigna di quella toccata a lui, vecchio e valoroso, nell'ultimo anno di sua vita.
Dopo la battaglia di marignano il Maresciallo Trivulzio, il cui genio militare era stato così preminente, "havendo non una ma due et tre volte con tanta fatica et arte in bona parte dato il Stato di Milano a Francesi", viveva nel suo palazzo in Rugabella (la "belle rue" che piacque al Re Luigi XII) con tal magnificenza e fasto regale, che ne veniva oscurata la presenza del governatore di Lautrec, già parecchio in odio ai Milanesi.
Cosicchè quest'ultimo decise di disfarsene e lo accusò di tradimento alla Francia, facendolo cadere in disgrazia presso il Re, accuse, come ben s'intende, rinforzate presso il sovrano dalla sua favorita, la contessa di Chateaubriand.
Ed il vecchio Maresciallo, nonostante i suoi ottant'anni ed il rigore della stagione invernale, affrontò il disagevole viaggio attraverso le Alpi per recarsi alla corte di Francia a scolparsi. Il Re allora soggiornava a Chartres e nemeno lo ricevette; Giangiacomo Trivulzio, che già soffroiva del mal della pietra, ammalò gravemente e morì il 14 dicembre 1518 lontano dalla sua città. Severa contro di lui la Nemesi storica, come severo il giudizio dei posteri: l'aver messo il suo valore al servizio dello straniero per odio e vendetta contro Lodovico il Moro suo natural signore.


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