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Giuseppe
Gerosa
Brichetto
La
Battaglia di
Marignano, uomini
e tempi delle
calate dei francesi
sul ducato di Milano
Milano,
1965
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Il
tempio della Ragione
"Saint Dénis è deserto, l'uccello l'ha preso per passaggio,
l'erba cresce sui suoi altari infranti; ed in luogo del cantico della
morte che si diffondeva sotto le sue volte, non si sente altro che le
goccie di pioggia che cadono dal tetto scoperto, la caduta di qualche
pietra che si stacca dai suoi muri in rovina...". Così vide
Chateaubriand la basilica dei Re di Francia divenuta il tempio della Ragione
col tetto squarciato, le vetrate tolte e per ogni canto desolazione e
rovina.
Il tragico mattino del 14 ottobre 1789 la plebaglia invase le navate della
storica abbazia e discese nelle cripte; si sfondarono i pavimenti, si
infransero i sarcofaghi, si aprirono i feretri ed i corpi dei Re e delle
Regine vennero buttati fuori dal tempio in fosse comuni: sic transit gloria
mundi!
Con la restaurazione monarchica, il 19 gennaio 1817 quei miseri resti
vennero riportati nella cripta di Saint Dénis e raccolti in un
avello comune; non si possono più discernere dalle altre le ossa
del Re giovane e bello che incantava la corte e la Francia tutta. Il magnifico
mausoleo dalle linee classiche serve non più a glorificar le gesta
di Francesco I ma a perpetuare la sublime arte di Filiberto Delorme e
della sua scuola; sempre per la fortuna degli amministratori di monumenti
e degli svagati turisti.
Forse delle cortigiane, splendide in vita ma oscure in morte, nessuno
si sogna di andare a violare le tombe e farne scempio come quelle dei
Re. Anche il cardinale di Sion giace indisturbato nel suo sepolcro a Roma,
nella chiesa di Santa Maria dell'Anima; dopo tanti intrighi politici e
bellicose alleanze si tirò addosso l'odio dei suoi Vallesi, fu
privato del vescovado e finì a morire in un angolo della corte
pontificia, piuttosto dimenticato.
Il nome di marignano suona a titolo di gloria del reame di Francia e si
allinea fra le vittorie segnate a caratteri d'oro sulle vie, sui monumenti
e sulle pagine di storia che documentano l'ascesa e la grandezza di quella
nazione. E nemmeno fra le genti Elvetiche questo nome suona di viltà
o sfortuna, ma è ricordato come una pagina di valore ed ardimento
nella memoria e nell'esempio ai posteri, come nei meravigliori affreschi
di Ferdinando Holder che adornano la sala d'armi del Museo di Zurigo.
Non sconfitta, ma ritirata di Marignano: ecco un monito alla saggaezza
politica; non più guerre di conquista ma neutralità armata
ed elevazione materiale e sociale di un popolo che è fra i più
progrediti d'Europa. "Ex clade salus" si scriverà su
di un monumento con cui la Svizzera vorrà ricordare i suoi figli,
morti da prodi, sul terreno stesso che vide le loro gesta.
Qui fra Mezzano e Zivido non corre alcuna aura di quel glorioso passato,
non i segni di tenace ardimento degli uni o di pomposa vittoria degli
altri; le praterie si stendono tranquille fra le rogge ed i canali dalle
acque limpide che la Vettabbia tutte raccoglie nel suo largo letto e convoglia
verso il lambro; solo la strada romana, rombante di motori, ed i colossi
edilizi che vi si allneano ai margini, distolgono da quella riposante
pace verde, di alberi ed acque, di georgica bellezza ora come allora,
e che pare impossibile siano stati teatro un tempo di sanguinose vicende.
Forse la notte, le evanescenti brume che si sollevano dai prati nasconderanno
una ridda di ombre e di fantasmi che al dire dei poeti popolano nell'oscurità
i campi di battaglia di tutti i tempi. Una meravigliosa sfilata di principi
e gentiluomini nelle loro superbe armature muove da Santa Brera per quella
stradetta, l'autre avenue, che volge verso la cascina Folla costeggiando
la roggia Nuova Brivio: in testa è il Re sul suo cavallo di battaglia,
tutto vestito di ferro con la sopraveste azzurra ricamata di gigli d'oro
e l'elmo dal grande pennacchio.
La nobile cavalcata passa sotto Rovido e si dirige a Carpianello dove
sulla verde spianata i quadrati battaglioni svizzeri attendono, ora come
allora non volti in fuga, ma nemmeno più aggressivi, fermi dietro
le loro bandiere ed i loro prodi capitani. E questi, come per muta intesa,
nel cupo silenzio della notte si accompagnano alla sfilata dei cavalieri
nemici, ricalcano i passi di un tempo per le campagne di Zivido e San
Giuliano, passano di là dalla strada nei boschi della Vettabbia
fino a Mezzano, dove la luce tenue dei lumicini attraverso la grata di
una finestra mostra ancor più profonde le occhiaie di quei teschi
allineati sotto l'altare.
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