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Le
vicende edilizie
1.4 Gli interventi del marchese Giacomo Brivio
Primogenito ed erede di Annibale, morto nel 1851, Giacomo Brivio
studia a Pavia ; a 29 anni, nel 1848, allo scoppio della prima
guerra d'indipendenza, parte volontario per il Piemonte, è
tenente dei Dragoni Lombardi e aiutante di campo del generale
Ettore Perrone; nel 1851 è sindaco di Zivido, dal '63 al
'65 sindaco di Viboldone, dal '75 al '79 consigliere dei Corpi
Santi di Milano; membro della Societé française
d'archéologie, è autore della monografia "Origine
e vicende della Cappella espiatoria francese a Zibido presso Melegnano"
(nota dell'Associazione Culturale Zivido - In realtà
l'autore di questo libro, dove vengono individuati e riscoperti
i luoghi che videro effettivamente svolgersi la famosa "Battaglia
dei Giganti", impropriamente conosciuta anche come "Battaglia
di Marignano", del 13 e 14 settembre 1515, non è il
marchese Giacomo Brivio ma il suo cappellano a Zivido don Raffaele
Inganni il quale, a seguito di questo importante lavoro di ricerca,
ottenne il riconoscimento della medesima società francese
di archeologia). I suoi interventi nella Rocca sono, si può
dire, a tappeto. E le sigle GB, qua e là, scandiscono ancora
la sua pervasiva presenza.
Nell'elenco degli stabili da lui posseduti, compilato il 25 maggio
1901 (43),
poco più di un mese dopo la sua morte, vi è anche
una breve descrizione di Rocca Brivio, che risulta composta da
"porticati, sale, atrio, cucine ed annessi, locali di servizio.
Camere superiori d'abitazione civile con Galleria e Terrazzo.
Locali d'abitazione del custode, magazzeni, scuderia e rimessa,
piccoli locali con stalletta per l'orticoltore" (44).
Cioè a Rocca Brivio esisteva un "terrazzo" di
cui né prima d'allora s'era mai parlato, né si parlerà
dopo. Un terrazzo, come si deduce dal documento, a livello delle
camere superiori e quasi certamente contiguo alla Galleria. Si
può ipotizzare che l'abbia costruito Giacomo Brivio. E
il penultimo pilastro del portico, presumibilmente ottocentesco
come s'è detto, sembra confermarlo.
Quanto all'ampiezza, è interessante osservare che l'intradosso
della penultima volta del portico, sostenuta a sud dal pilastro
ottocentesco, presenta un intervento di rappezzatura molto precisa:
due fasce di mattoni, formanti una croce, disposte perpendicolarmente
al resto dell'orditura. E' probabile che tale intervento sia stato
dovuto a problemi di degrado (dilavamento delle malte) o di statica
(abbassamento in chiave dei mattoni): problemi, ci pare legittimo
supporlo, creati dalla presenza del terrazzo, la cui area quindi
corrisponderebbe a una campata del portico.
Tuttavia nella pianta del piano terreno della Rocca, disegnata
dall'ingegner Chiapetta ai primi del secolo, nel quadro del suo
progetto di trasformazione, si notano, fra le preesistenze, altri
sei pilastri, che disegnano un rettangolo il cui lato breve corrisponde
ed è contiguo alla penultima volta del portico. E' possibile
cioè che il terrazzo costruito da Giacomo Brivio fosse
un rettangolo largo quanto una volta del portico e lungo quanto
tutta la larghezza dell'ala ovest.
La sigla GMB, Giacomo marchese Brivio, che spicca nel lunotto
del grande cancello d'entrata ci informa che anche quella bellissima
opera in ferro battuto ad arabeschi floreali è nata per
sua iniziativa (45).
Inoltre all'esterno, le due coppie di lesene bugnate che affiancano
il grande portale si rivelano, a un esame un po' più attento,
costruite con mattoni diversi da quelli del resto della facciata
originaria. Giacomo ha impreziosito in questo modo l'ingresso
della sua Rocca? E' lecito pensarlo. Di lesene bugnate infatti
sono coperti i pilastri settecenteschi del portico dell'ala ovest
e della loggia. Ad esse evidentemente Giacomo s'è ispirato
non solo per le due coppie del portale d'ingresso, ma anche per
le due coppie ai lati della loggia (la diversità dei mattoni
salta agli occhi al primo sguardo).
Ed è molto probabile che siano pure opera di Giacomo i
due bracci dell'esedra, l'ampliamento della loggia con tre campate
a est a copertura lignea, più strette di quelle anteriori
con volta a vela in canniccio intonacato in gesso e decorate a
riquadri gialli e blu, e la costruzione a ridosso della scuderia
di un piccolo portico e di due ambienti attigui (da utilizzare
probabilmente come stallette). La scritta sull'architrave che
sormonta i tre fornici sulla corte: "QUI VINCITORE SUGLI
AUSTRIACI A PERENNE RICORDANZA GIACOMO BRIVIO ERIGEVA 1877"
(46) ci
sembra poi una "firma" che vale anche per il timpano
mistilineo con oculo aperto sopra la loggia e per le sculture
in cotto che la ornano: puttini, teste di leone in cima ai quattro
pilastri, testa di cavallo nella chiave dell'arco centrale.
Questa testa di cavallo ci riporta al portale d'ingresso, che
ha nella chiave dell'arco una testa di leone in cotto, e alle
due statue, pure in cotto, collocate nelle nicchie che si aprono
fra le due coppie di lesene. E' più che probabile che si
tratti di un altro contributo di Giacomo Brivio al decoro della
sua Rocca: le statue appaiono infatti di chiara fattura ottocentesca.
E Giacomo Brivio è intervenuto anche all'interno: si devono
presumibilmente a lui, al primo piano, due porte, quella a nord
e quella a sud, della stanza col balcone, e il soffitto della
Galleria con travi a vista (su cui sono incise le iniziali GB:
e qui evidentemente la presunzione divenuta certezza).
Nei pochi anni dalla morte di Giacomo Brivio alle grosse trasformazioni
realizzate dall'ingegner Chiapetta, può essere collocato
un intervento, certo non radicale, ma che in qualche modo ha cambiato
il volto della corte della Rocca. Il corpo di fabbrica che congiunge
l'ala nord con l'esedra e la loggia, e che conserva, della struttura
originaria, il muro esterno a due paraste laterali, l'una a filo
del palazzo, l'altra a filo dell'esedra, probabilmente aperto
con funzione di deposito attrezzi o magazzino, viene completamente
tamponato con un paramento di mattoni che simula tra archi a tutto
setso su pilastri coperti di lesene bugnate, cioè un "portico",
accecato, omologo a quello dell'ala ovest. Che tale intervento
non sia attribuibile né a Giacomo Brivio né all'ingegner
Chiapetta, e sia databile dunque ai primi del '900, lo suggeriscono
due fatti: i mattoni sono diversi per dimensioni da quelli ottocenteschi;
la pianta del piano terreno della Rocca disegnata dall'ingegner
Chiapetta dà il tamponamento come già esistente.
(da Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, Dipartimento
di conservazione delle risorse architettoniche e ambientali. Anno
accademico 1990/91 - "Rocca Brivio: ricerca storica, rilievo,
manutenzione", tesi di laurea. Relatore: Prof. Arch. Alberto
Grimoldi. Correlatrice: Arch. Carolina Di Biase. Laureande: Silvia
Baldini, Diana Masarin)
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