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Amelli
Cesare
La Battaglia di Marignano
Ricerche e studi sull'opera
degli Svizzeri e sui loro
rapporti con gli altri
Stati prima e dopo
la Battaglia
1965
Edizioni Istituto Storico
Melegnanese.
Tip. Mascherpa - S.Giuliano M.
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La forza elvetica verso Marignano
Nel 1300 una singolare formazione emerge dalla confusione politica tedesca,
"la Svizzera". Ai margini del dominio asburgico le regioni montuose
di Uri, Unterwalden e Schwitz (donde poi il nome di Svizzera), abbandonate
alla prepotenza dei governatori feudali, dopo avere altre volte ottenuto
e perduto riconoscimenti e garanzie, alla notizia della morte di Rodolfo
d'Asburgo, nel 1291, strinsero fra di loro un patto di reciproca difesa
e di vicendevole aiuto.
La prima prova dell'efficacia della solidarietà giurata svizzera
avvenne nella battaglia di Morgarten (1315), quando i rudi montanari sconvolsero
e cacciarono un superbo squadrone di cavalieri asburgici. E per tutto
il 1300 gli Svizzeri dovettero difendere la loro libertà dal prepotere
degli Asburgo.
Ma intanto la loro unione si rafforzava e si estendeva per l'adesione
spontanea di regioni vicine: ai tre Cantoni primitivi si unirono successivamente
Lucerna, Zurigo, Glarona, Zug e Berna. Questa è la Confederazione
degli Otto Cantoni (1353).
I loro legami, assai incerti e deboli, furono rafforzati nella tradizionale
lotta contro gli Asburgo, sconfitti duramente a Sempach (1386) ed a Nafels
(1389).
Da questo momento gli Asburgo, orientatisi verso il Danubio, cessarono
di interessarsi degli Svizzeri, che dovettero però difendersi contro
un altro pericolo da parte dell'ambizioso duca di Borgogna, sconfitto
poi a Morat (1476) e successivamente nello stesso anno a Grandson. Queste
due battaglie, nelle quali la cavalleria borgognona di Carlo il Temerario
fu respinta e disfatta dalle fanterie svizzere ordinate in numerose schiere
ed armate di lunghe picche, segnarono il declino dell'arma della cavalleria,
tipicamente feudale, ed iniziarono la straordinaria fama delle fanterie
svizzere. (nota 1)
Era infatti cosa del tutto insolita che le fanterie vincessero le pesanti
cavallerie feudali: sino allora alla cavalleria era legata l'azione offensiva
e l'esito della battaglia. Il successo delle fanterie svizzere segnò
il trapasso ad una nuova fase dell'arte militare.
Si cominciò così a ricercare, dagli altri Stati, l'amicizia
degli Svizzere, che fornivano ottimi soldati mercenari: fu il re francese
Luigi XI a concludere con essi il primo accordo per il reclutamento di
soldati svizzeri al suo servizio (1474).
Il valore e la potenza militare degli Svizzeri erano cresciuti a tal segno
che del ducato di Milano pareva potessero disporre a loro talento; l'Impero
e la Casa d'Austria ne ricercarono l'alleanza non meno della Francia;
ed ugualmente facevano il Papa, Venezia ed i duchi di Savoia; la vittoria
dipendeva dal numero dei soldati svizzeri che si potevano reclutare.
Intanto, però, in Svizzera si indeboliva il sentimento unitario,
si trascurava l'agricoltura, si rovinava il commercio, perchè i
giovani si davano al mestiere delle armi, sia per disposizione naturale,
sia per le somme di denaro offerto loro per l'ingaggio. (nota
2)
Nel 1500 gli Svizzeri avevano aoutato Ludovico il Moro a rioccupare il
ducato di Milano, e da allora essi si erano installati nella contea di
Bellinzona, in territorio italiano; e un trattato stipulato ad Arona nell'aprile
del 1503 con il re francese Luigi XII, aveva finito col riconoscerne loro
il possesso.
Ma gli Svizzeri, ora, pretendono di più: vogliono aveve voce deliberativa
nei futuri destini del Milanese. Essi infatti, appoggiati alla forza delle
armi, pretendono che nel ducato di Milano, dopo che Ludovico il Moro con
tradimento fu consegnato ai Francesi, tornino di nuovo gli Sforza. Tale
è anhe il pensiero del papa Giulio II e dei Veneziani, i quali
tutti, insieme con i Cantoni svizzeri, vogliono essere riconosciuti protettori
di Milano, come antico feudo imperiale, e reclamano a gran voce che i
Milanesi prestino loro giuramento di fedeltà.
Prevale la forza degli Svizzeri: il 29 dicembre 1512 Massimiliano Sforza
entra in Milano, scortato da una compagnia svizzera, e riceve le chiavi
della città dai rappresentanti dei Cantoni svizzeri. I Cantoni,
dunque, trionfano. Anzi, essi vorrebbero per sè tutta quella parte
del Milanese che guarda verso i loro monti; il che rende, a qualsiasi
potenza europea, impossibile il dominio del Milanese. E qualcuno comincia
a pensare che l'unica salvezza dell'Italia contro i Tedeschi, gli Spagnoli,
i Francesi sia l'unione con gli Svizzeri.
Ancora nel 1513 il re di Francia, Luigi XII, desiderava ardentemente l'amicizia
degli Svizzeri: sapeva per esperienza che con le loro forze si otteneva
una sicura vittoria. Il suo progetto di riconquistare il Milanese, quale
discendente di Valentina Visconti che aveva sposato Luigi duca di Orléans,
diventava ogni giorno più maturo e richiedeva una soluzione. Ma
il re di Francia ben sapeva le condizioni dell'accordo tra Massimiliano
Sforza e gli Svizzeri, e si accorse molto presto che la fatica di amicarsi
quella nazione era del tutto vana: quando infatti Carlo de la Tremouille,
signore di Talmont, giunse a Lucerna, a capo di unambasciata per presentarsi
alla Dieta svizzera, sei Cantoni avevano già ratificato i patti
con Massimiliano Sforza, tre altri Cantoni stavano per ratificare, e tre
ancora erano incerti.
Ma qualche tempo dopo tutti i Cantoni ratificarono gli accordi stabiliti
con il duca di Milano; respinsero tutte le proposte di Luigi XII; e dichiararono
che per la Francia vi era assoluta proibizione di reclutare soldati svizzeri,
sia da usarsi in Italia sia fuori d'Italia.
Il collaudo delle intenzioni elvetiche avvenne il 6 giugno 1513 a Novara,
assediata dai Francesi, guidati dal La Tremouille e dal Trivulzio. Gli
Svizzeri, esaltati dai loro capitani, uscirono dopo la mezzanotte dalle
mura, ed assaltarono con feroce impeto il campo francese; occuparono sanguinosamente
le artiglierie, e le rivoltarono contro il nemico. Poi passarono all'assalto
all'arma bianca. Dopo due ore di furioso combattimento, rientrarono in
Novara urlando vittoria e trionfanti sulle spoglie francesi. E questa
vittoria elevò alle stelle la loro fama: gli Svizzeri erano invincibili.
La loro prima ed unica sconfitta era avvenuta nel remotissimo anno 58
avanti Cristo, quando Giulio Cesare conduceva la campagna militare in
Gallia.
Lo storico Francesco guicciardini, il più grande genio della storiografia
italiana con machiavelli, e che muore nel 1540, scrive sugli Svizzeri
le sue impressioni, che dovevano essere le conoscenze più comuni
per allore: "Sono i Svizzeri quegli medesm che dagli antichi si chiamavano
Elvezii, generazione che abita nelle montagne più alte di Giura,
dette di san Claudio, in quelle di Briga e di san Gottardo; uomini per
natura feroci, rusticani, e per la sterilità del paese più
tosto pastori che agricoltori. Furono già dominati da' Duchi di
Austria; da' quali ribellatisi, già è grandissimo tempo,
si reggono per loro medesimi, non facendo segno alcuno di ricognizione
nè agl imperatori nè a altri principi. Sono divisi in tredici
popolazioni, essi li chiamano Cantoni; ciascuno di questi si regge con
magistrati, leggi e ordini proprii. Fanno ogni anno, o più spesso
secondo che accade di bisogno, consulta delle cose universali; congregandosi
nel luogo il quale, ora uno ora l'altro, eleggono i deputati di ciascuno
Cantone: chiamano, secondo l'uso di Germania, queste congregazioni diete;
nelle quali si delibera sopra le guerre, le paci, le confederazioni, sopra
le dimande di chi fa istanza che gli sia conceduto, per decreto pubblco,
soldati o permesso a' volontari di andarvi, e sopra le cose attinenti
allo interesse di tutti. Quando per pubblico decreto concedono soldati,
eleggono i cantoni medesimi tra loro uno capitano generale di tutti, al
quale con le insegne e in nome pubblico si dà la bandiera. Ha fatto
grande il nome di questa gente, tanto orrida e inculta, l'unione e la
gloria delle armi, con le auli, per la ferocia naturale e per la disciplina
dell'ordinanze, non solamente hanno sempre valorosamente difeso il paese
loro, ma esercitando fuori del paese la milizia con somma laude: la quale
sarebbe stata senza comparazione maggiore se l'avessino esercitata per
lo imperio proprio, e non agli altri stipendii e per propugnare lo imperio
di altri, e se più generosi fini avessino avuto innanzi agli occhi,
a' tempi nostri, che lo studio della pecunia; dall'amore della quale corrotti,
hanno perduta l'occasione di essere formidabili a tutt l'Italia, perchè
non uscendo dal paese loro se non come soldati mercenari, non hanno riportato
frutto pubblico delle vittorie, assuefandosi, per la cupidità del
guadagno, a essere negli eserciti, con taglie ingorde e con nuove dimande,
quasi intollerabili, e oltre a questo, nel conservare e nell'ubbidire
a chi li paga, molto fastidiosi e contumaci". (F. Guicciardini, "Storia
d'Italia", libro X, cap. VIII).
Non bisogna però credere che la supremazia svizzera fosse senza
difetto. Anzi, il mercenario svizzero presentava parecchie lacune, derivate
non tanto dal temperamento o dalla razza, ma proprio dalle condizioni
geografiche elvetiche. (nota
3)
La Svizzera del 1500 era un paese povero, e non aveva ancora saputo ricavare
dalla montagna il proprio benessere. La sua economia era imperniata sulla
pastorizia, pascoli ed allevamento di bestiame, soprattutto ovini; mancavano
però gli agricoltori, nel senso vero della parola, e tanto meno
vi era una classe operaia. Non esistevano miniere d'oro, ferro, carbone;
ed ancora oggi la produzione mineraria si riduce a poco sale (Basilea,
Vallese), e a poca torba (Neuchatel e un po' dovunque); di conseguenza
la truppa svizzera mancava di artiglieria. La stessa natura montuosa (Fascia
Alpina, Altipiano Svizzero, Fascia del Giura) che non lascia posto ad
immense o vaste pianure, inmpediva un diffuso allevamento di cavalli;
e di conseguenza gli Svizzeri mercenari non potevano neppure disporre
di una robusta e massiccia cavalleria soprattutto leggera; e la cavalleria
era l'arma cui fin dell'antichità era riserbato l'urto per la risoluzione
della battaglia. (nota 4)
Quando nel 1474 Luigi XI di Francia chiamò gli Svizzeri al suo
soldo, egli disponeva anche di artiglieria e di cavalleria francese; nella
battaglia di Novara, il 6 giugno 1513, gli Svizzeri attaccarono di notte
l'accampamento nemico per non subire l'urto della cavalleria che nell'oscurità
era impossibilitata a combattere, e per non essere bersaglio delle artiglierie
che di notte non si poteva sfruttare.
E nel 1515, contro i Francesi che disponevano di scelta cavalleria ed
artiglieria, 10.000 cavalli e 72 cannoni, gli Svizzeri non hanno alcuna
cavalleria e pochi pezzi di artiglieria.
Però la forza elvetica, oltre che nell'audacia, prontezza, decisione,
disprezzo della fatica e del pericolo, era nelle armi che usavano: le
picche. La picca era un'arma con asta assai lunga, che appartiene alla
stessa categoria dell'alabarda e della partigiana: si componeva di un'asta
di legno, lunga da 5 a 7 metri, alla cui estremità veniva assicurato
un puntale di ferro, molto robusto, lungo circa 50 cm. a forma di lingua
o di lancia. La lunghezza e la robustezza erano tali da frenare l'impeto
della cavalleria.
Per tali motivi, se si toglie che lo schieramento di guerra svizzero era
ordinato intelligentemente per affrontare la cavalleria e che il valore
del soldato elvetico era notevole, la mancanza di una cavalleria e di
un'artiglieria non poteva assicurare per sempre una vittoria certissima
degli Svizzeri: nell'esercito francese cavalleria, fanteria ed artiglieria
si componevano in unità organica.
Bisogna poi aggiungere che anche la posizione dei vari Cantoni influiva
sulla partecipazione più o meno interessata alle vicende italiane:
i Cantoni più vicini all'Italia erano maggiormente attivi nell'intervenire;
quelli al Nord erano piuttosto freddi ed indifferenti. Non ci meraviglieremo
dunque di dover assistere ad un esercito svizzero che, poche ore prima
del fatto di Marignano, si presenta diviso in opinioni diverse e tumultuose
sulle decisioni da prendere fino all'ultimo momento: talora neppure l'autorevole
voce del comandante supremo del Consiglio di guerra, Matteo Schinner,
cardinale di Sion, poteva sedare e ricomporre le fazioni. (nota
5)
Nonostante ciò, tuttavia, rimaneva altissima la fama degli Svizzeri,
acquistata prima contro la Casa d'Austria, poi contro la cavalleria di
Carlo il Temerario di Borgogna, con la nuova tattica del combattimento
in file serrate, armati di corte spade e, come dicemmo, di picche dal
lungo manico, nell'uso delle quali si dimostrarono particolarmente abili.
(nota 6)
La povertà della Svizzera doveva incrociarsi logicamente con il
problema demografico: la popolazione aumentava in proporzioni maggiori
delle disponibilità del paese. Anche per i prodotti di prima necessità
(cereali, sale) bisognava ricorrere all'importazione, e per l'acquisto
fuori dai confini occorrevano forti somme. la richiesta di soldati mercenari
per le guerre in Italia rappresentò la soluzione più opportuna,
e gli offerenti non mancarono mai: chi offriva più lautamente aveva
la precedenza.
Lo stipendio era individuale per ogni sodato, e collettivo ai Cantoni
che si impegnavano a consegnare i combattenti; e diventava una specie
di pensione annua quando il servizio militare era stabile a lunga scadenza.
naturalmente, dal servizio come mercenari alla politica di conquista per
se stessi, il passo era breve. La guerra dunque divenne una professione
sociale, e la nazione svizzera diventa il popolo più guerriero
di tutta Europa.
E' per questo che i reganti europei interessati devono cedere alle richieste
di natura commerciale: i Cantoni che forniscono i mercenari strappano
privilegi importantissimi, esenzioni primarie, immunità mai prima
concesse: gratuiti erano i pedaggi, abolite le imposte; e non solo per
allora, ma anche in futuro. I mercanti elvetici potevano finalmente importare
ed esportare liberamente, e liberamente comperare e vendere dove avessero
voluto tutte le merci. Le voci più attive nel commercio erano cavalli,
buoi, altro bestiame; grano e cereali in genere; pelli, lino, lana, seta,
legname.
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