|
Amelli
Cesare
La Battaglia di Marignano
Ricerche e studi sull'opera
degli Svizzeri e sui loro
rapporti con gli altri
Stati prima e dopo
la Battaglia
1965
Edizioni Istituto Storico
Melegnanese.
Tip. Mascherpa - S.Giuliano M.
|
I due opposti: Zuinglio e Schinner
Presente alla battaglia di Marignano c'era anche Ulrico Swinglio, il padre
della Riforma svizzera.
Nasce il 1° gennaio 1484 a Wildhaus, che dipendeva dal convento di
San Gallo. Destinato allo stato ecclesiastico, frequentò le scuole
umanistiche di Baslea e di Berna e nel 1500 era già all'università
di Vienna. Giovane di vivo ingegno, gioviale, amante degli studi, fu eletto
parroco di Glarona, dove attese con zelo alle funzioni pastorali, pur
senza trascurare gli studi e partecipando alle discussioni del mondo colto.
Aveva erudizione classica ed ecclesiastica molto vasta, era buon parlatore:
un grande orgoglio guidava il suo zelo di imparare e farsi strada, tanto
che presto ebbe nella Svizzera fama di gran maestro. Venerava Erasmo,
che nel 1515 potè avvicinare a Basilea.
Glarona, di cui era parroco, era un centro di reclutamento delle milizie
svizzere, e per questo partecipò con i suoi parrocchiani alla campagna
d'Italia (1513-1515) al servizio del papa, per cui ottenne anche una pensione
pontificia di 50 fiorini per continuare gli studi umanistici.
Il sangue svizzero che aveva visto scorrere nella battaglia di Marignano
aveva suscitato in lui un vivo turbamento, e ritornato in patria si oppose
ai reclutamenti a servizio di stranieri. Proprio allora tra i suoi parrocchiani
prevaleva il partito francese inteso ad ingaggiare milizie per la Francia;
e Zuinglio fu costretto ad allontanarsi dalla parrocchia di Glarona per
passare, come cappellano, presso l'abbazia di Einsielden, santuario celebre
e meta di pellegrinaggi.
Nel 1519 fu predicatore nella chiesa di Zurigo, la Grossmunster, dove
si abbandonò ad un'oratoria irruente contro gli abusi della gerarchia
ed il clero romano; affermava che l'unica norma della vita cristiana era
la Bibbia, seguendo in questo Lutero, di cui però si dichiarava
rivale. E, nella sua predicazione, Marignano era sempre presente, perchè
tra i temi della sua eloquenza affiorava continuamente la lotta contro
gli arruolamenti al servizio dei signori forestieri.
Ma la sua riforma non si ferma; il 1519 può considerarsi l'inizio
del protestantesimo svizzero: predicazioni contro le indulgenze, le sacre
immagini, le reliquie, i riti sacri, le processioni, l'amministrazione
dei sacramenti. capisaldi teologici della dottrina di Zuinglio sono: la
Bibbia unica norma di fede; Cristo unico capo della Chiesa; la Chiesa
è la società degli eletti; la gerarchia ecclesiastica ritenuta
come usurpazione; nessun valore aveva l'intercessione dei Santi; vane
le opere soddisfatorie. L'espansione delle dottrine di Zuinglio, che intendevano
anche, sotto veste di riforma religiosa, dare unità nazionale alla
Svizzera, provocò la resistenza dei Cantoni originari intorno a
Lucerna e Friburgo, più saldi nelle proprie tradizioni religiose,
e più legati a Roma anche da interessi molteplici.
Allorchè le città riformate, su proposta di Berna, decisero
di chiudere ai Cantoni cattolici l'importazione di vettovaglie attraverso
i loro territori, questi ricorsero alle armi, e nella battaglia di Kappel
(1531) annientarono l'esercito zurighese abbandonato dai suoi alleati.
Zuinglio, che nonostante il suo pacifismo erasmiano, era intervenuto alla
battaglia con spada ed ascia, cadde nello scontro: il suo cadavere, riconosciuto,
venne squartato e dato alle fiamme. La pace che tenne dietro consolidò
la situazione di fatto: fermando l'espansione della riforma di Zuinglio
in Svizzera, e limitandola a Zurigo, Basilea, Berna, Sciaffusa e Grigioni.
Zuinglio non è caduto in una lotta come se l'era sognata, nella
quale si fossero riunite contro gli Asburgo tutte le potenze favorevoli
al pensiero evangelico; e neppure in una lotta che fosse stata combattuta
per il nuovo assetto politico della Svizzera, da lui sognato, sotto la
guida dei due Cantoni Zurigo e Berna; ma è caduto in una contesa
di carattere del tutto locale. Tuttavia lo scontro di Kappel dell'11 ottobre
1531, in cui una schiera disordinata e malcondotta soccombette a forze
superiori, è un avvenimento storico di primo piano che inizia il
più che centenario periodo delle guerre di religione. Qui, per
la prima volta, si capì che era spuntata un'epoca, in cui il principio
religioso doveva incrociare tutti gli altri legami, sia di comunanza etnica
sia politica.
Possiamo stare certi che tra i ricordi incancellabili della difficile
e complessa vita di Ulrico Zuinglio, la battaglia di Marignano, con la
strage di tanti svizzeri amici del riformatore, era al primo posto. (nota
1) Meno chiara, e più difficile all'analisi è
la figura di Matteo Schinner, presidente del Consiglio di guerra svizzero
in Italia.
Diciamo subito che ancora oggi non è possibile definire se Schinner
difendeva la forma politica di un'alleanza nella lealtà dei patti
e della parola data e giurata, oppure se agiva per un senso del potere
che gli veniva da una spiccata ambizione. Matteo (o Mattia) Schinner,
nato a Gombs, nell'Alto Vallese, da poveri genitori, ma da una famiglia
che anticamente era illustre, univa una erudizione assai rara al suo tempo
con una eloquenza straordinaria; il popolo lo seguiva, e parecchi erano
a lui affezionati. Ricco di attività e di intelligenza organizzativa,
aveva acquistato molto influsso sulle persone più accreditate dei
Cantoni.
Il papa Giulio II non poteva scegliere un uomo più adatto per iniziare
i suoi antichi scopi in Svizzera. Per consiglio di Schinner e con il suo
intervento, Giulio II creò un Corpo permanente di guardie svizzere
nel 1505 per la sua augusta persona, che era composto da 200 alabardieri
scelti indifferentemente da tutti i Cantoni. Poco tempo dopo, nel 1510,
Schinner fu innalzato alla dignità di Legato a latere, ed in questa
autorità mandato presso la Dieta Elvetica convocata a Schwitz.
La caratteristica politica di Schinner era l'avversione contro la Francia.
Ed il tema antifrancese trionfò, per merito suo, nella proposta
di un'alleanza con il Pontefice, per cinque anni. In questa alleanza i
Cantoni si obbligavano a somministrare seimila uomini per la difesa della
Chiesa, e a non entrare in alcuna Lega con i suoi nemici. Bisognava però
rompere i legami con il re francese Luigi XII, perchè Schinner
vedeva l'alleanza con il papa poco logica con quella della Francia: l'uno
e l'altra erano nemici? E fu trovato il modo per evitare che fosse rinnovata
la domanda francese: aumento di soldi e di stipendi con tanta arroganza
da indispettire il re. Luigi XII rispose: "Non so capire come pochi
miserabili montanari osino considerarmi come loro tributario e pretendano
dettare a me legge". E fu la rottura. Schinner ebbe la vittoria diplomatica.
La sua azione politica attraversò momenti drammatici. Nella guerra
in Italia, proprio agli inizi, i concittadini di Schinner del Vallese,
come tutti gli Svizzeri, si erano divisi in due fazioni: filofrancesi
e antifrancesi, che erano i più numerosi e capitanati dallo stesso
loro vescovo Schinner, che succedeva a Giusto di Silinen, partigiano della
Francia e che era sfuggito all'ira di una sollevazione capeggiata da Giorgio
Auf-der-Flue, detto anche Supersax, cittadino di Berna, amato dai Bernesi.
Ma presto tra i due, Schinner e Supersax, si venne ad una rottura: l'uno
era geloso del credito dell'altro. Avendo il Supersax subito un'ingiustizia,
per istigazione dei suoi avversari, quando potè, eccitò
il furore popolare contro Schinner. Ma Schinner, per riaffermare la sua
posizione di vescovo e principe del Vallese, in pieno inverno volle arrivare
fino a Roma. A Roma fu ricevuto dal papa Giulio II, che lo riconfermò
nella dignità di Legfato della Santa Sede, lo promosse al cardinalato,
lanciò contro Supersax e i suoi seguaci un decreto di scomunica.
E con questo fatto, lo Schinner stringeva in modo indissolubile i suoi
destini con quelli del potere temporale della Santa Sede.
Ma la politica antifrancese si diffondeva largamente tra gli Svizzeri,
perchè era favorita dal contegno sprezzante del re francese Luigi
XII: in tal modo il vescovo di Sion aveva molto seguito. Si deve a Schinner
la restaurazione di Massimiliano Sforza sul ducato di Milano: quando,
il 18 luglo 1512, Massimiliano entrava in Milano, il cardinal di Sion
era governatore generale e reggente dello Stato milanese. La presa del
possesso del duca avvenne con i massimi onori, preparati da Schinner:
i rappresentanti della Svizzera lo ricevettero alle porte, dove il landmano
di Zug, Schwartzmaurer, tenne un discorso in italiano; il duca rispose
che riguarderebbe sempre i Cantoni come i suoi difensori e padri, e che
si reggerebbe sempre secondo i loro illuminati consigli.
Le ore più tragiche per Schinner dovettero essere per Marignano.
Aveva visto divisioni e contese tra i suoi combattenti; parecchi avevano
addirittura defezionato e si erano staccati. Alla fine trinfò la
sua eloquenza. Si doveva attaccare i Francesi fuori Milano, verso Marignano,
dove l'esercito di Francesco I si era accampato. A mezzogiorno del 13
settembre 1515, le truppe svizzere si incamminavano alla volta di San
Donato: Matteo Schinner era alla loro testa, in abiti pontificali, con
le insegne di Legato pontificio, su un cavallo spagnolo scortato da alcuni
cavalieri: viaggiava, diceva, verso il trionfo.
Tutta la sua politica antifrancese lo aveva portato verso lo scontro che
avrebbe dovuto essere vittorioso: i suoi soldati erano invincibili; il
re di Francia aveva l'età di un fanciullo; i momenti erano propizi;
l'ora del combattimento sarebbe scoccata al declinare della giornata,
come alla vittoriosa Novara, dove l'uso della cavalleria e dell'artiglieria
era impossibile; il conto da saldare con i filofrancesi, suoi avversari
in Sion e nel Vallese, stava per essere pagato.
Schinner, che viene descritto come l'antifrancese quasi per vocazione
e poi per necessità politica, il cardinale della Svizzera, il Legato
del papa, l'ex governatore di Milano, probabilmente non ebbe alcun dubbio
ed esitazione sull'esito dello scontro: non avrebbe immaginato che soltanto
un anno dopo, il 27 novembre 1516, i Deputati del Corpo Elvetico avrebbero
dovuto firmare la Pace Perpetua proprio con Francesco I, che in quel momento
era distante da lui solo di pochi chilometri, ambedue in terra straniera,
ritenuta da ambedue specifica proprietà privata!
Dopo la disfatta di Marignano, il cardinale non si arrese. Da Innsbruk,
ritornò nella terra vallese, a Sion, dove era sempre vescovo e
principe. Ma il partito contrario, capeggiato ancora da Supersax, riprese
vita ed audacia. Al cardinale fu dato l'ostracismo. I palazzi vescovili,
i castelli, i possedimenti suoi furono presi d'assalto. La sua famiglia
scacciata, i suoi ufficiali malmenati. Al figlio maggiore di Supersax
fu affidata la carica di vescovo e di principe di Sion.
Schinner non ritonò più a Sion; consumò quasi tutta
la sua vita nella corte imperiale, o nel cantone di Zurigo, dove era molto
stimato. Ma il vivace Matteo Schinner non stava fermo: venne ancora in
Italia con mercenari svizzeri dove si combatteva contro la Francia, ma
i tempi erano cambiati. Altri Svizzeri erano con Francesco I per difendere
gli interessi francesi in Italia!.
A questo punto si potrebbe aprire un'argomentazione sui rapporti tra il
riformatore Zuinglio ed il cardinal Schinner, per fissare fino a che punto
si intesse un contatto e una differenza tra i due contemporanei. Ma usciremmo
dal nostro asserto storiografico per spaziare in campi assai vasti e non
meno interessanti. E' certo però che la conclusione della Pace
Perpetua tra Svizzeri e Francesi venne a coronare gli sforzi della predicazione
antimercenaria e pacifista di Zuinglio, mentre le laboriose costruzioni
diplomatiche e belliche di Schinner ricevevano un colpo mortale.
Tuttavia il cardinal Schinner può essere considerato come fedele
portavoce e come difensore della presenza dei programmi papali in Svizzera.
Schinner non ha tradito nessuno: è andato sempre su una unica strada,
anche quando i tempi e le circostanze gli furono decisamente sfavorevoli.
Non così possiamo dire di altri protagonisti delle guerre in Italia.
E' stato sconfitto, è vero; le sue idee politiche non hanno avuto
fortuna duratura, bisogna pur ammetterlo; talora agiva con eccessivo zelo
per arrivare direttamente ad un unico scopo: egli però non è
un disertore.
Di questo uomo forte la storia non ha ancora detto l'ultima parola: qualora
riuscissimo a dimostrare che la fedeltà di Schinner alla causa
di Giulio II e di Leone X era una fedeltà ecclesiastica, una fedeltà,
cioè, per il trionfo dei programmi pontifici verso l'unità
d'Italia sotto la dominazione di un principe italiano fosse pure il papa,
ed una fedeltà alla Santa Sede depositaria di dottrine sublimi,
noi allora potremmo collocare in una nuova splendida luce il cardinal
Schinner, superiore ai piccoli personaggi della politica complessa del
nostro Cinquecento Italiano. Il cardinal di Sion muore a Roma nel 1522,
ed è sepolto nella chiesa dell'Anima. (nota
2)
|