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Nascita
della "Via Aemilia"
Nell'anno 187 entrambi i consoli erano impegnati contro i Liguri,
sia nei monti dell'Appennino settentrionale che nelle zone collinose
fino alla pianura. Più a ovest era C. Flaminio: egli, battuti
nei due versanti appenninici i Frinati e gli Apuani, "per non
tenere in ozio i soldati costruì una via da Bologna ad Arezzo".
L'altro console, M. Emilio Lepido, prima costrinse i Liguri a concentrarsi
sui monti, poi li vinse in una vera e propria battaglia e li deportò
nella pianura. Pacificato il paese dei Liguri, "condusse l'esercito
in territorio gallico e tracciò una via da Piacenza a Rimini
per congiungerla alla Flaminia.
Così, semplicemente, ma con precisione, la nascita delle
due "viae publicae" ci è stata tramandata da Livio.
La brevità della notizia, inserita in un racconto tutto sonante
di combattimenti e vittorie, può far credere che fosse un'azione
di riflesso, quasi casuale. Ma è appena un'impressione, che
non impedisce di cogliere, dal testo stesso di Livio, le caratteristiche
vere dei due avvenimenti: che le costruzioni furono subordinate
a un successo militare sicuro, che ottenuto questo furono intraprese
senza indugio, che i consoli vi posero mano quasi simultaneamente.
Ci si viene così rivelando, entro le direttive consuete della
politica romana, un piano di meditate realizzazioni stradali, approntato
probabilmente già prima della pacificazione, con l'intento
di consolidare ciò che le armi avevano conquistato. Quando
consideriamo che il Senato, malgrado molte proteste, assegnò
quell'anno eccezionalmente ai due consoli la stessa provincia e
la stessa guerra, conveniamo che s'intese impegnare fortemente Lepido
e Flaminio alla definitiva sistemazione della zona: in conseguenza
il loro mandato può benissimo aver compreso l'apertura delle
due strade come corollario all'eliminazione della guerriglia ligure.
La portata dell'opera compiuta in quell'anno 187 è, per quanto
riguarda la via Emilia, impossibile a definirsi nei particolari,
ma non difficile a intuirsi nel suo complesso. La rapidità
dell'esecuzione (se si dà credito a Livio, appena qualche
mese, perchè non poteva avanzare di più dopo la campagna
contro i Liguri) fa capire, a prescindere da ogni altro elemento,
che si trattò soprattutto di render continua la via utilizzando
tronchi preesistenti: anche per "l'Aemilia" l'opera del
costruttore si riduce dunque a "miglioramenti, od allacciamenti
del tracciato secondo la già perfezionata tecnica romana".
Certamente nel fare ciò si ricorse a molte soluzioni provvisorie
specie per il passaggio dei corsi d'acqua; e lunghi tratti di vecchi
sentieri dovettero essere incorporati, dopo sommarie migliorie,
nella strada.
Ciò non vuol dire che l'opera di Lepido debba esser considerata
insignificante. A parte l'entità materiale dei lavori, nei
quali fu impiegato un esercito e che devono esser consistiti specialmente
nel costruire terrapieni, essa ebbe il merito di inserire la grande
strada nella vita romana, come possesso permanete dello stato, e
di legarla, rendendola continua, a un preciso tracciato e a un preciso
compito.
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