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Crisi
generale delle comunicazioni stradali.
Per l'Italia l'invasione longobarda non rappresenta semplicemente
una nuova spoliazione: la particolare rozzezza di quel popolo e
la permanente divisione della Penisola in una zona longobarda e
in una bizantina causano un generale impoverimento della vita italiana,
che si riflette fortemente anche sulle comunicazioni. Non solo fra
le regioni soggette a sovranità diverse i contatti si riducono
spesso alla forma estrema della spedizione armata, ma all'interno
dello stesso organismo longobardo i nuclei retti dai singoli duchi
tendono, specie in certi periodi, a isolarsi; i centri fortificati
si rinchiudono in loro stessi e si perdono le relazioni anche fra
città tradizionalmente collegate. Si può credere che
il traffico toccasse allora le punte più basse non solo sulla
via Emilia, interrotta dal confine, se non dal fronte, fra Piacenza
e Bologna, ma sulla stessa Milano-Piacenza. Forse fu un avvenimento
il passaggio di qualche corteo ducale che andava verso Milano per
le assemblee destinate a elevare al trono nuovi sovrani nel 591
e nel 604.
All'epoca di Teodolinda Milano torna a rivivere; tuttavia la corrispondenza
tra il pontefice e la regina, che rappresenta pur sempre un contatto
tra Roma e Milano, viene avviata attraverso Genova. Nella "Lombardia"
qualcosa di nuovo per le comunicazioni e le strade si verifica dopo
la metà del secolo VII e interessa anche la "strada
romana" e l'Emilia. Mentre infatti continua la ripresa di Milano,
Piacenza diviene un punto di transito per quell'epoca assai notevole.
Il fenomeno si svolge, con il concorso dei Longobardi, nelle forme
possibili in quel particolare momento storico e che sono in sostanza
caratteristiche di tutta la viabilità medievale: cure limitate
per il fondo stradale (bastante spesso anche se simile a quello
di una mulattiera), tracciati con forti pendenze e strette curve;
creazione lungo la strada di punti di appoggio dove sotto la direzione
di religiosi si fornisca alloggio e assistenza, cioè chiese
parrocchiali, abbazie e conventi provvisti di foresterie, ospizi.
Così sotto la protezione di sovrani e nobili longobardi vengono
fondate nel VII secolo le abbazie di S.Salvatore di Tolla e di Gravago,
e nell'VIII quella di Berceto con l'ospedale di Montelungo. Esse
permetteranno di passare dall'Emilia alla Toscana longobarda attraverso
i passi appenninici del Bratello e di monte Bardone (Cisa). Il desiderio
di facilitare le comunicazioni con la Toscana spiega anche la protezione
concessa dai Longobardi al monastero e all'ospedale di Fanano.
Buona parte di questo traffico transappenninico finisce col convergere
a Piacenza, che è pure direttamente collegata col grande
centro monastico di Bobbio (sorto già nel 612) e con la vicina
capitale del Regno, Pavia. Tale specifica importanza di Piacenza
non può che avere contribuito a ridare attività anche
alla via diretta tra esse e Milano, ricalcante quella romana. Infine
anche sulla via Emilia i Longbardi riprendono l'avanzata; nel 727
rientra nel territorio da essi dominato tutto il tratto da Piacenza
a Bologna, chè quest'ultima città viene allora occupata
da Liutprando, dopo gravi distruzioni entro la parte ovest dell'abitato
preso la quale gli assalitori erano stati direttamente condotti
dalla Via.
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