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Marcia
del Barbarossa su Milano per la "via romana".
La domenica 3 agosto Federico va e torna da Castiraga a Monteghezzone.
Due giorni dopo il suo esercito è "oltre la Vettabbia,
dal fiume fino alla chiesa di S.Maria detta Oggiono, per tutta la
pianura da ambo i lati della via che porta a Milano": s'è
mosso cioè contro i Milanesi appoggiandosi alla "strada
romana" e già sta a nord di Melegnano, di cui uno storico
contemporaneo fa esplicitamente il nome: "preso Trezzo, l'imperatore
si accampò a Melegnano". Da Melegnano a Milano è
sempre la strada che segna la direzione di marcia per "i campi
perfettamente piani, adattissimi agli eserciti" nella facile
avanzata verso "la porta di Milano, detta porta Romana".
Se l'esercito, imponentissimo, procedeva con ampia fronte, le molte
salmerie e macchine che l'accompagnavano cercavano certo di restare
nelle sede stradale.
Il 6 i Teutonici erano davanti alle mura che però si presentavano
ben munite. Sulla stessa via si levava adesso un ostacolo preoccupante:
"una torre di pietra ammirevolmente costruita era posta sulla
via che va a Melegnano, davanti alla porta Romana... e la chiamavano
arco Romano, perchè aveva quattro archi nella parte inferiore".
Questo monumento, da cui incominciava l'ultimissimo tratto, in parte
fiancheggiato da portici, dell'antica "Placentia-Mediolanum",
era stato trasformato in fortilizio per proteggere l'ingresso della
città. I Milanesi furono sloggiati dall'Arco dopo otto giorni
di lotta: a breve distanza da quello scacco essi si decisero ala
resa.
La prima condizione loro imposta fu di non disturbare l'edificazione
di Lodi, edificazione che il 3 dicembre un diploma imperiale solennemente
annunciava a tutti. Veniva nella circostanza concessa ai Lodigiani
la facoltà di aprire sul loro territorio strade di congiunzione
a quelle delle città confinanti e si disponeva che la strada
maestra passante per la vecchia Lodi venisse condotta per la nuova.
Ma i Lodigiani rimandarono a più tardi l'esecuzione di lavori
stradali, occupati com'erano a costruir le case, le mura, i fossati,
il palazzo imperiale, e soprattutto presi dall'incalzare degli eventi.
Nei due anni infatti che trascorsero dalla sua fondazione al grande
assedio di Milano, Lodi subì ripetuti attacchi armati, ospitò
spesso Federico e l'imperatrice, fu luogo di raccolta delle truppe,
deposito di vettovaglie e di prigionieri, sede di un concilio presieduto
dall'antipapa Vittore IV. Per raggiungere la nuova città
dalla Milano-Piacenza si doveva ricorrere alla strada da tempo esistente
tra "Laus" e il suo porto sull'Adda presso Monteghezzone,
probabilmente simile per tracciato all'attuale Lodi Vecchio-Lodi,
anche perchè conduceva a porta Regale. Su di essa, e su tutta
la "via romana" non è azzardato immaginare in questi
anni un movimento eccezionale per qualità e quantità
di viaggiatori, occasionato dagli avvenimenti citati e da altri
ancora che ebbero per centro Lodi. La laconicità delle fonti
non consente precisazioni, ma alcuni fatti allora accaduti rivelano
la propria dipendenza dalla viabilità della zona. Per esempio
l'attacco a Lodi del 18-19 luglio 1160. Federico si trovava a Pavia;
era il momento buono per le alleate Milano e Piacenza di far convergere
truppe sulla base imperiale, valendosi della strada che le univa:
essa appunto garantì agli aggressori l'indispensabile rapidità
e consentì di muoversi non solo con le fanterie ma "con
balestrieri e arceri, con il carroccio, con le preterie e con i
gatti". La manovra fallì per l'arrivo dei Cremonesi:
fu però possibile ripiegare ordinatamente.
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