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L'espansione
viscontea sulla direttrice Milano-Bologna.
Si accentua ora lo sforzo dei Visconti per espandersi a danno degli
altri e nascono, auspice soprattutto Firenze, delle leghe per contenerlo.
La via che da Milano, per Piacenza, scende a Bologna, non indica
solo la direzione dell'avanzata: ma serve in concreto per intrecciare
i rapporti che devono prepararla e condurre gli eserciti a cui spetta
di compierla.
Per esempio quando i Visconti nella primavera del 1354, per stornare
la minaccia della Lega toscana, decidono di attaccare Modena, il
centro più importante che ancora resiste dopo l'acquisto
di Parma e di Bologna stessa, e mandano un grosso esercito, noi
vediamo queste truppe scorrazzare sulla via Emilia: "sabato
26 luglio l'esercito dell'arcivescovo di Milano che era andato a
Bologna, tornando di là si fermò nel territorio bolognese,
presso il ponte di S.Ambrogio, a Collegara e Vighizzolo fino a Fossalta,
per la strada reale, e si accampò, bruciando e distruggendo
tutti quei luoghi". Ma il tentativo visconteo di includere
nella propria zona d'influenza tutta la via maestra fino a Bologna
non riuscì. Bologna anzi finì per tornare alla Chiesa:
di qui nuove complicazioni e nuovi conflitti. Il tratto inferiore
della Piacenza-Bologna ne fa largamente le spese: vi compaiono ora
le compagnie e i capitani di ventura, se ne fa esperienza per esempio
Reggio, straziata per un mese dal conte di Landau.
Dopo il 1385 l'azione dei Visconti da "disordinata, più
prepotente e irrequieta che intelligente e continua", si fa
metodica e insinuante: il governo è passato a Gian Galeazzo.
Alcuni anni dopo i Bolognesi non sono più al sicuro da lui
neppure nelle adiacenza della propria città: "la brigata
del Conte di Virtù" infatti giunge a catturare presso
Borgo Panigale una quantità di bestiame destinato alle loro
truppe. Per fortuna arrivano i rinforzi: la compagnia dell'Arcuto,
che si dispone a difesa sulla via Emilia, dal ponte del Reno fino
al Borgo di porta S.Felice. Poco avanti lungo la strada si muovono
ancora i viscontei: da Samoggia passano ad Anzola e al ponte sul
Lavino, che distruggono per attardare i nemici (anno 1390). Ma anche
se per stavolta la minaccia su Bologna è sventata, Gian Galeazzo
non si arrende: alterna l'intrigo al colpo di forza, esce con dei
guadagni da ogni crisi: ancora una decina d'anni e stringerà
così fortemente Bologna che il popolo stesso gli aprirà
le porte. Bologna, collegata a Milano da vie che Gian Galeazzo dominava,
era ormai la base sicura per un'avanzata oltre l'Appennino e il
primo colpo sarebbe toccato a Firenze: ma due mesi dopo l'avvenuto
acquisto, a Melegnano, il duca era colto dalla morte (1402).
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