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Papa
e imperatore convengono a Bologna: sistemazione politica dell'Italia.
L'imperatore sbarcò a Genova e raggiunse Piacenza. Vi si
trattenne più di due mesi, il 27 ottobre partì per
Bologna. Era l'ultima tappa di un faticoso e vittorioso cammino:
a Bologna egli doveva inappellabilmente decidere l'assetto politico
dell'Italia, e là aveva convocato il papa suo ex nemico,
per fissare una condotta comune. Da Piacenza a Bologna l'imperatore
percorse la via Emilia. Questo itinerario, sebbene così naturale,
stava per essere scartato da Carlo V per motivi politici; e l'averlo
poi scelto favorì il duca di Ferrara, perchè gli diede
l'attesa occasione di abboccarsi con chi doveva decidere anche la
controversia per Reggio e Modena fra lui e la Chiesa. Infatti Carlo,
dopo esser transitato per Borgo S.Donnino e Parma, arrivò
a Reggio, e vi si trattenne con il duca; il primo novembre i sovrani
vennero insieme a Modena, e il giorno di poi Carlo proseguì
per Bologna.
Nella città emiliana si trovava il pontefice da vari giorni.
Quando Carlo V arrivò a Borgo Panigale fu accolto sulla strada
dal Sacro Collegio quasi al completo. Il cardinale Farnese lo guidò
fuori della via Emilia, alla Certosa, perchè sostasse in
attesa del solenne ingresso che ebbe luogo l giorno dopo, 5 novembre.
Alle tre pomeridiane l'avanguardia del corteo entrava per porta
S.Felice, dove era stato composto un grandioso "trionfo di
Nettuno" coll'iscrizione "Ave Caesar Imperator Invicte".
Il papa attendeva davanti a S.Petronio.
Nei giorni successivi ebbero luogo i colloqui politici. Carlo sistemò
autoritariamente la Penisola secondo i propri interessi: temporeggiò
per Modena e Reggio, ma già pensando di restituirle, come
poi difatti fece, al duca Alfonso d'Este. Milano rimaneva a Francesco
Sforza, figlio di Ludovico il Moro, ma alla sua morte doveva essere
devoluta all'Impero. Ciò accadde nel 1535; con la divisione
dei possessi di Carlo V, il Milanese, malgrado la formale autonomia,
divenne una provincia spagnola. Nel 1545 nasceva in Emilia un altro
stato: Parma e Piacenza furono allora costituite in ducato per i
discendenti di papa Paolo III Farnese. Con tale cambiamento la Chiesa
venne a perdere tra l'altro i diritti per l'attraversamento del
Po in prossimità di Piacenza, e ne restò danneggiato
un uomo fra i più grandi nel campo delle arti figurative,
fiorente allora come non mai: Michelangelo. A lui infatti papa Paolo
II aveva concesso nel 1535 a compenso dei lavori eseguiti in Vaticano
"il passo del Po presso Piacenza", ossia i pedaggi per
l'uso del traghetto o del ponte di barche pagati soprattutto da
chi faceva la Milano-Piacenza. L'artista, viste le complicazioni
che erano sorte, si disponeva a rinunziarvi appunto nel 1545: "Di
poi vo' pensare alla vita mia, perchè son vecchio e non posso
più durar fatica. El porto che mi diede il papa lo voglio
rinunziare, perchè tengo a disagio troppi e per buono rispetto
non mi piace tenerlo, e però mi bisogna fare qua un'entrata
per poter vivere"; così scriveva al nipote Leonardo.
Le lotte tra Francia e Spagna continuarono fino al 1559, ma la situazione
in Italia non mutò. Con il congresso di Bologna veniva praticamente
chiuso un ciclo di avvenimenti iniziato con la spedizione di Carlo
VIII. A un sistema equilibrato di stati italiani si era sostituita,
attraverso complicate e dolorose convulsioni di cui le nostre strade
avevano visto non piccola parte, l'incontrastata supremazia di una
potenza straniera.
Ora la strada diretta che conduce da Milano a Bologna, attraverso
Piacenza, in parte si snoda entro territori direttamente governati
da questa potenza, in parte entro piccoli stati in evidente soggezione
davanti ad essa: ciò caratterizzerà la sua vita nell'età
successiva, per più di un secolo e mezzo.
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