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Tramonto
dell'età napoleonica: Francesi e Austriaci, Pio VII e Murat
sulla via Emilia.
Il regno creato da Napoleone in quello stesso 1805 nell'Italia settentrionale
fu amministrativamente impiantato con modernità e larghezza
d'idee. Nel suo territorio che comprese tutta la zona tra Milano
e Bologna escluso il ducato parmense (diretto comunque dai Francesi)
si spesero in meno di dieci anni 72 milioni di franchi per "strade
e acque": molto andò per nuove costruzioni, ma anche
la manutenzione delle arterie esistenti fu ben curata. Di più,
veniva istituito un "Corpo di ingegneri di acque e strade"
che raggiunse le 114 unità.
Malgrado benemerenze di questo genere, l'ordinamento dato all'Italia
da Napoleone entrò subito in crisi dopo la battaglia di Lipsia.
Quanto accadeva allora sulla via da Piacenza a Bologna rispecchiava
efficacemente la drammatica situazione e ne affrettava lo scioglimento.
Si svolse lungo quella strada un'incerta campagna condotta contro
le truppe del regno italico nientemeno che da Gioacchino Murat,
il campione dei marescialli napoleonici, alleato ora con gli Austriaci.
All'inizio del 1814 quando Napoleone era ridotto a difendere il
suolo francese, Murat aveva stretto questa alleanza illudendosi
di conservare il trono di Napoli e forse di farsi sovrano dell'intera
Penisola. Le sue truppe avevano così avanzato verso il Po.
Il Generale Nugent, austriaco, che costituiva l'avanguardia di Murat
giunse fin quasi a Piacenza, ma contrattaccato di Francesi dovette
retrocedere per la via Emilia presso la Secchia. Austriaci e Napoletani
tentarono di nuovo l'avanzata: si combattè al ponte della
via Emilia sul Rodano: Murat riportò una vittoria e rioccupò
Reggio. Avrebbe potuto continuare sulla strada fino a Piacenza,
ma le sue mosse di fronte ai vecchi compagni d'arme erano assai
indecise. Ad accrescere l'imbarazzo di re Gioacchino durante queste
vicende venne anche il papa, Pio VII, liberato, nel mutato clima,
dalla semi-prigionia a cui Napoleone aveva anche lui costretto.
Murat avrebbe fatto volentieri a meno di incontrarlo, ma non poteva
offenderlo apertamente: il pontefice che aveva sofferto, ma che
non s'era arreso davanti alo strapotente Napoleone, veniva ovunque
accolto con un entusiasmo che rasentava a volte il fanatismo.
Il 23 marzo Pio VII era a Piacenza, il 25 al passaggio del Taro
che rappresentava in quel momento il confine fra i due eserciti
in campagna, i Francesi lo "consegnarono" agli Austriaci
del Nugent. Appena Murat seppe che anche queste truppe dipendenti
da lui avevano accolto con grande riverenza il papa e lo scortavano
solennemente nel suo procedere per la via maestra, ordinò
al generale Carascosa di accorrere all'Enza e far sì che
Pio VII non oltrepassasse Reggio. "Non appena il generale fu
giunto al fiume, vi giungeva dall'altra sponda Pio VII con seco
popolo innumerabile e devoto ed una scorta magnifica di cavalieri
tedeschi, che benedetti e ringraziati tornavano a Parma, mentre
il popolo accresciuto di altre genti, proseguiva col papa verso
Reggio. E poiché le carrozze non si arrestarono, il Carascosa
non entrò a parlamento e seguì la calca. Non andava
scorta ordinata di milizia napoletana, ma soldati ed ufficiali confusi
volontariamente nella folla ingrandivano la riverenza e le maraviglie
dello spettacolo. Molti de' popolani spingevano la carrozza dov'era
il papa..."
Pio VII entrava in quello stesso giorno a Reggio e a Modena, e il
31 a Bologna dalla porta S.Felice, mentre i cannoni sparavano e
le campane suonavano a distesa. Re Gioacchino si recò subito
a visitarlo: ma non vi fu alcun accordo. Il papa proseguì
verso il sud, il Murat, con la fortuna delle armi, ripercorse l'Emilia
fin sotto Piacenza. Stava studiando come assalirla, quando seppe
dell'abdicazione di Bonaparte: sospese la guerra e tornò
indietro fino a Bologna, e poi fino a Napoli.
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