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La
Milano- Piacenza-Bologna nel nuovo stato unitario.
Ma fu una sosta assai breve. Subito dopo l'8 giugno grandi novità
si verificarono nei centri collegati dalla Milano-PIacenza-Bologna,
in seguito alle vittorie alleate e specialmente a questa ottenuta
lungo la strada stessa, a Melegnano. Gli Austriaci decisero di ripiegare
verso il Mincio. Il 10 se ne andarono da Lodi e da Piacenza, creando
ostacoli per il collegamento di quest'ultima città con Milano
("Incendiarono il ponte sul Po. Ardeva la sera di funebre luce":
così leggiamo in un diario di quel giorno); l'11 ritirarono
il presidio di Modena e il 12 quello di Bologna, che venne prima
a Modena direttamente e quindi piegò verso il Po. Nel contempo
il duce Francesco V, Maria Luisa di Parma e le truppe a essi fedeli
riparavano oltre il confine austriaco: il Legato abbandonava Bologna.
Restava libera gran parte della Lombardia e dell'Emilia, e mentre
nella prima avanzavano sicuramente le truppe franco-sarde, a Parma
e a Piacenza, a Modena, a Bologna nascevano governi provvisori e
subito si dichiaravano per l'annessione al regno costituzionale
di Vittorio Emanuele. Dal quale regno non tardavano a venire commissari,
fiduciari del governo e piccole formazioni militari.
In due settimane tutto era cambiato tre Milano e Bologna, cambiato
durevolmente. La strada che univa le due città attraverso
Piacenza non aveva semplicemente visto una volta di più avanzate
e ripiegamenti di truppe, fughe di sovrani, passaggi di delegazioni,
ritorni di esuli, adensamenti di popolo lieto o minaccioso, ma aveva
assistito e, in parte concorso, al realizzarsi di un evento nuovo,
decisivo per i territori su cui essa correva e per la sua vita medesima.
I rappresentanti dei governi provvisori invocando senza esitare,
malgrado qualche resistenza incontrata, l'intervento del re di Sardegna
agivano per la formazione di un grande stato italiano indipendente
in cui vedevano sì il realizzarsi di un supremo ideale, ma
anche una garanzia concreta di libertà e di progresso. A
breve distanza di tempo, nel marzo successivo, ciò era formalmente
conseguito con le annessioni: nasceva il regno dell'Italia settentrionale
e centrale, destinato, nel volgere di un sol anno, ad accrescersi
tanto da includere nei suoi confini, se non tutti gli Italiani ancora,
almeno la grande maggioranza di essi. Un miracolo, quasi: era nata
l'unità d'Italia "non più esistita territorialmente
da tredici secoli, dall'invasione longobarda in poi, e come autonomia
politica unitaria non esistita mai".
Per le strade che assicuravano il collegamento Milano-Piacenza-Bologna
questo segnava la fine di un'epoca: infatti se anche non sempre
esse erano state trascurate dai vecchi governi, certi loro problemi
di manutenzione, sviluppo e traffico si trascinavano da secoli:
ora finalmente la fusione politica della Lombardia e dell'Emilia
li avviava a soluzione. In tal senso già nei primi giorni
di libertà erano apparse nuove prospettive: così Giuseppe
Manfredi, esponente del governo provvisorio di Piacenza, nel chiedere
al Farini che si costruisse ex-novo un ponte sul PO davanti alla
sua città poteva proporre un finanziamento sostenuto sia
dal governo emiliano che da quello lombardo: e il Farini stesso,
appena insediatosi come dittatore a Modena, ordinava che, sull'esempio
di altre regioni, si provvedesse "al mantenimento delle strade
nazionali e comunali a spese dello stato o dei comuni per mezzo
di appalti" anziché con l'anacronostico mezzo delle
"comandate in natura".
Certo i progressi non vennero subito nella misura sperata, specie
per la preferenza accordata alle ferrovie, ma l'unificazione era
loro premessa indispensabile e sicura. Con l'unificazione i collegamenti
stradali tra Milano, Piacenza e Bologna si inserivano in un sistema
viario più completo, in questo risolversi acquistavano nuovo
respiro e perdevano molti dei caratteri individuali che li avevano
distinti nelle età precedenti. Possiamo perciò qui
ritenere giunta a un punto conclusivo la vicenda delle strade dirette
che ad essi fondamentalmente servivano, viste come vie particolari,
di comunicazione fra centri ben differenziati quanto a situazione
politica e a struttura economica.
Vicenda fin dai suoi inizi sempre, come s'è visto, legata
ad avvenimenti di massima importanza per la regione padana e per
l'Italia, elemento attivo di essi per l'azione condizionatrice dei
grandi tracciati sui movimenti degli individui e delle masse; e
quindi viva e non trascurabile parte della nostra storia. Vicenda
ricca di motivi umani perchè sempre intrecciata con quella
di infiniti uomini oscuri che vissero e operarono nei piani di Lombardia
e di Emilia, il cui ininterrotto fluire determinò la permanenza
della strada e fu l'elemento base della sua attività. Vicenda
anche, a suo modo, pienamente svolta e conclusa. I Romani collegando
"Bononia" con "Placentia" e "Mediolanum"
avevano diretto, più o meno consapevolmente, una via di penetrazione
verso il cuore dell'Europa, allora povera e incolta. L'unità
e il trionfo degli ideali risorgimentali ricongiungevano materialmente
e moralmente l'Italia a popoli di altissima civiltà non ignara
del messaggio romano: le comunicazioni tra Milano e Bologna assumevano
ancora un interesse europeo, interesse destinato continuamente ad
accrescersi col maturare dei tempi e col progredire della tecnica
stradale.
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