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Nel cuore della città
Nella seconda giornata della sua permanenza fra noi il signor Fuchs decide
di sondare l'anima di Bressanone; il cuore della città pulsa nella
Piazza del Duomo attorniata da edifici sacri e civili: la basilica, la
parrocchiale di San Michele, la cappella aulica - nota come Chiesa della
Madonna - il Chiostro, la chiesetta di S. Giovanni, il municipio, la Casa
Goreth.
A pochi passi verso sudovest sorge il poderoso Palazzo Principesco. Bressanone
infatti fu per secoli la capitale di un principato ecclesiastico del Sacro
Romano Impero. Poiché la strada degli imperatori, che valicando
il passo del Brennero congiunge il mondo tedesco con quello italiano,
già in epoca medievale aveva una enorme importanza politico-religiosa,
i vescovi - che verso la fine del 10° secolo avevano trasferito la
loro sede dalla roccaforte di Sabiona presso Chiusa nella più comoda
conca di Bressanone - ottennero in feudo le contee della vallate lungo
l'Inn, l'Isarco e la Rienza. Attorno al 1250 il principe-vescovo Bruno
von Kirchberg - fondatore di Brunico - fece ristrutturare l'antico castello
del capitano, sito all'angolo sudoccidentale della città murata,
facendone la propria residenza, fortificata da torri e circondata da un
fossato.
In sintonia con lo spirito del Rinascimento italiano, che stava dando
ovunque nuovi impulsi di idee e di attività, durante il 16°
secolo questa residenza principesca divenne una lussuosa sede di rappresentanza.
Il celebre cardinale Cristoforo Madruzzo, principe-vescovo di Trento e
di Bressanone, fece allestire un magnifico parco di impianto rinascimentale
- detto Giardino di Corte - con peschiera, orangerie, stalla dei cervi
ed un padiglione collegato al castello da un colonnato. Il principe-vescovo
Andrea d'Austria nel 1595 fece innalzare la recinzione del frutteto a
sud del palazzo - frutteto documentato già nel 1265 come "pomarium"
- con la torretta cinese e quella giapponese agli angoli esterni.
Entrando in quella che fu la residenza principesca il nostro turista è
preso da stupore; infatti, dopo il trasferimento del vescovo e degli uffici
curiali a Bolzano, il palazzo è diventato Museo Diocesano, in cui
è esposta un'originale documentazione storico-artistica di questa
terra impregnata di cultura e di tradizioni cristiane.
Dalla finestra verso meridione Ulrich Fuchs getta uno sguardo sul frutteto
ben curato e sui già menzionati padiglioni ispirati alla terra
del Sol Levante. Questa è arte per eccellenza, una integrazione
assennata anche se stilisticamente un po' temeraria del maestoso edificio
cui fa capo.
Ciò che maggiormente impressiona il visitatore è lo scenografico
triplice ordine di logge rinascimentali nel cortile interno: le 32 statue
di terracotta presenti tra le 44 create fra il 1597 ed il 1600 da Hans
Reichle - allievo di Giovanni Bologna a Firenze - rappresentano la genealogia
della Casa d'Asburgo.
Nei secoli successivi il Palazzo Principe-Vescovile fu sottoposto a numerose
opere di ristrutturazione e di ampliamento, soprattutto in stile barocco,
come ad esempio la medievale ala ovest, la nuova cappella aulica, l'appartamento
imperiale, gli interni dell'ala nord, il teatro di corte ad est e singole
facciate esterne: la principesca residenza rinascimentale divenne così
un Palazzo Vescovile in stile barocco con al centro la cappella aulica
quale apogeo di un'epoca dall'arte giocosa e pur impressionante.
Ritornato nella Piazza del Duomo il nostro ospite non perde l'opportunità
di dare un'occhiata all'interno del Municipio. Sito al centro della città
vescovile, è accessibile sia dalla Piazza del Duomo che dai Portici
Maggiori. La poderosa facciata rinascimentale sormontata da un tetto merlato
- dovrebbe alludere al linguaggio architettonico del tardo medioevo -
aveva attratto l'attenzione del nostro turista. Credeva erroneamente che
qui, in quest'ambito civile, si facesse politica da secoli. In realtà
le raffigurazioni a trompe-l'oeil che adornano il giroscale non sono tanto
antiche quanto verrebbe da pensare di primo acchito. Anche le pitture
parietali del secondo piano risalgono appena al 19° secolo, ma creano
un aspetto medievalizzante. Un impiegato comunale spiega che non più
di cent'anni fa al posto dell'odierno palazzo si trovava una semplice
casa borghese, proprietà d'un commerciante in farina ed altri generi
alimentari. L'amministrazione comunale aveva la propria sede nel Municipio
Vecchio, dall'altra parte dei Portici.
E' appena alla fine del secolo scorso, in un periodo in cui si ebbe l'ascesa
della borghesia cittadina, che venne ristrutturato e sopraelevato il Municipio
"nuovo". Il piano superiore venne coronato da una torre mentre
in terrazza si eresse un parapetto merlato per creare un'aurea d'antico,
soprattutto parvenza di fortilizio. Anche gli elementi formali all'interno
dell'edificio hanno il sapore storicizzante di reminiscenze medievali:
architetture fittizie, affreschi su temi cavallereschi e raffigurazioni
di antichi atti di eroismo - tutte scene ispirate alla storia cittadina
- dipinte appena dopo le celebrazioni del millennio della città.
Questa nuova residenza apparteneva all'imperial-regio consigliere di stato
Ferdinand Kaltenegger, che la chiamò "Castello Tauernstein".
Il Kaltenegger morì nel 1911. Ancora in quello stesso anno la casa
fu offerta in vendita alla città di Bressanone. Offerta che giunse
al momento giusto, dato che si stavano aprendo nuovi orizzonti all'economia
locale: alcuni anni prima Otto von Guggenberg aveva conquistato per Bressanone
la fama di luogo di cura, creando così le premesse di una fervida
attività nell'ambito del turismo. Nel 1890 infatti Guggenberg aveva
allestito poco fuori di Stufles uno stabilimento idroterapeutico basato
sul metodo Kneipp - il primo della monarchia danubiana - che ebbe un rapido
successo. Già da tempo l'amministrazione civica cercava una sede
sufficientemente grande e rappresentativa. Ad Otto von Geggenberg, borgomastro
di Bressanone, piacque il Castello Tauernstein e già nel 1912 il
nuovo palazzo municipale ospitò gli uffici amministrativi. Oggi,
alle soglie del terzo millennio e con lo sviluppo della città,
il municipio risulta ormai insufficiente alle nuove esigenze ed alcuni
uffici sono già stati trasferiti in altra sede.
Ancor prima di dirigersi verso il Duomo, il Chiostro e la Chiesa Parrocchiale,
Ulrich Fuchs gironzola un tantino sotto i Portici a prendere contatto
con la vita borghese, commerciale ed artigianale della città. Se
l'ambito del Duomo da sempre costituisce il fulcro della vita religiosa,
quello dei Portici è il tipico centro in cui opera la borghesia
cittadina. Le volte - così un tempo si chiamavano i Portici - sono
molto antiche; esistevano già prima del furioso incendio del 1444.
Allora vi si insediarono stabilmente i venditori ambulanti. "Peccato"
pensa il nostro ospite, "che i dipinti e gli affreschi che possono
benissimo immaginarmi sotto queste volte, non siano più conservati".
E' impressionato anche dell'Uomo Selvaggio dalle tre teste che vigila
dall'alto sull'incrocio dei Portici Maggiori e dei Portici Minori. Una
figura strana e misteriosa che in alcuni incute ansia e paura, in altri
soltanto un senso di spavalderia bonacciona. L'origine e il significato
di questa statua a tre teste sono tuttora avvolti di mistero.
La casa, sulla quale il mostro dalle tre teste sopravvive al passar del
tempo, era per lunghi secoli un albergo dal nome suadente: "Aquila
Nera". Durante i suoi tre viaggi in Italia vi pernottò con
il padre il celebre musicista Wolfgang Amadeus Mozart. Nella seconda metà
del 18° secolo una visita a Bressanone era d'obbligo per chiunque
avesse un titolo ed un nome illustre oppure volesse presentarsi all'alta
società. In quell'epoca furono molti i membri della Casa imperiale
che sostarono a Bressanone e furono graditi ospiti del Palazzo Principe-Vescovile,
dove il programma culturale era arricchito da concerti e rappresentazioni
teatrali. Come s'addiceva al ceto della borghesia, cui i Mozart appartenevano,
essi vennero ospitati in un albergo degno del loro rango.
Per tornare nella Piazza del Duomo il nostro Ulrich prende una scorciatoia,
il vicolo del Duomo; dà un'occhiata fugace all'erker del ristorante
dove la sera prima aveva un tantino esagerato nel bere e si trova nuovamente
al cospetto delle possenti torri campanarie della basilica.
Ogni chiesa ha una propria storia, ma quella del Duomo ne ha una del tutto
particolare.
La prima costruzione risale alla metà del 10° secolo: era un'edificio
a tre navate con soffitto piatto che ad oriente facevano capo ad un presbiterio
con cripta, dedicato ai santi Pietro ed Ingenuino, e ad occidente ad un
altro presbiterio con cripta, dedicato a S. Stefano, simboli della potestà
ecclesiastica l'uno, e di quella imperiale l'altro. Dopo lo spaventoso
incendio del 1174, verso la fine del 12° secolo - in piena epoca romanica
- le tre navate si arricchirono delle volte e di un transetto. A causa
di questi mutamenti architettonici nacque in pratica il secondo Duomo,
consacrato nel 1237 e riconsacrato nel 1274, dopo un altro incendio e
l'opera di ricostruzione e restauro. Nel tardo medioevo accanto al Duomo
vennero erette diverse cappelle ispirate ad devozionalismo e al gusto
del periodo gotico. Al tempo del celebre cardinale Nicolò Cusano,
vescovo di Bressanone dal 1450 al 1464, si passò ad un'unica navata
con abside gotica, tuttora visibile dall'esterno. Fra il 1745 ed il 1754
il vecchio Duomo venne demolito e ricostruito ex novo in un pomposo stile
barocco. L'atrio neoclassico, sormontato dalle benedicenti statue dei
santi patroni diocesani Cassiano, Ingenuino ed Alboino, fu portato a termine
nel 1785, su disegno di un artista locale.
Il Duomo di Bressanone è unico ed inconfondibile nel suo possente
aspetto, ed è la testimonianza caratteristica della millenaria
presenza vescovile in città. Ma che convince non è soltanto
la struttura esterna; all'interno l'unica navata rappresenta un ideale
connubio fra architettura barocca di stampo lombardo e ornamentazioni
rococò d'origine danubiana. Elegante è l'arredamento: molto
marmo variopinto ma senza esuberanza, che conferisce una gioiosa solennità
al luogo sacro. Gli affreschi della volta principale - al centro la grande
raffigurazione dell'Agnello - e di quelli laterali sono opere impareggiabili
del pittore Paul Troger di Monguelfo. Gli altari sono dei capolavori di
insuperabile valore artistico: l'altare maggiore, ultimato nel 1753 dallo
scultore barocco Teodoro Benedetti di Mori (TN), è uno dei più
sontuosi di tutto il Tirolo; quello di S. Cassiano eretto anch'esso nel
1753 per disposizione del Capitolo del Duomo, ospita nel sarcofago in
bianco marmo di Carrara le reliquie dei santi Ingenuino ed Alboino; l'altare
rococò di Sant'Anna, fondato dall'omonima confraternita e realizzato
fra il 1762 ed il 1764, si presenta grazioso e senza le tradizionali colonne;
impressionanti sono altresì l'altare del Santissimo, fondato dalla
confraternita del Santo Rosario, l'altare di Ognissanti, con colonne provenienti
dal Marocco e statue di fattura veneziana, l'altare del redentore con
la Trasfigurazione di Cristoforo Unterberger, l'altare della Santa Croce
con colonne in marmo di Corfù, gli altari neoclassici di Sant'Agnese
e di San Giovanni Nepomuceno, ed il più recente altare del popolo
creato in bronzo dallo scultore locale Martin Rainer.
Prima di entrare nel chiostro adiacente al Duomo, Ulrich Fuchs si sofferma
ad osservare le lapidi gotiche dei vescovi dal volto e dal ventre appiattiti.
Prima queste lastre funebri si trovavano sul pavimento del Duomo, sopra
le tombe, ed i fedeli stentavano a schivarle. Ora esse sono applicate
alle pareti dell'atrio ed all'ingresso occidentale del Chiostro.
Il Chiostro è ben più di una galleria d'arte: come tutti
gli altri ambienti creati per il culto, anche questo è un luogo
sacro. Qui un tempo si pregava, si facevano delle processioni e si seppellivano
gli appartenenti al clero del Duomo. Qui - pensa il signor Fuchs - s'addicono
raccoglimento, silenzio, meditazione e preghiera per sentirsi più
vicini a Dio e all'anima dell'uomo.
Meditando in questo luogo uno si sente venire i brividi. La cultura è
ben più che un'attrazione turistica; la cultura dell'occidente
è soprattutto una cultura cristiana, sacra come sacro è
il Chiostro di Bressanone. Qui Dio è di casa con la sua incomprensibile
natura divina. Ad Ulrich viene in mente un antico detto della mistica:
"La scintilla dell'anima è una luce di divina identità,
che in ogni tempo si inchina a Dio".
Per questo il Chiostro è diventato il gioiello culturale di Bressanone
per eccellenza, il tesoro storico-artistico più significativo della
veneranda città vescovile. Le sue origini risalgono al 10°
secolo e da allora ha conservato sostanzialmente la sua struttura originaria:
un quadrilatero con 20 arcate, successivamente ampliato, ristrutturato
ed abbellito. A completamento del Chiostro troviamo a nord il Duomo, ad
est la casa del Capitolo, a sud la Scuola del Duomo con sala capitolare,
come pure il Battistero, più noto come chiesa di San Giovanni,
e ad ovest la chiesa della Madonna. Elementi stilistici preromanici, romanici
e gotici completano in modo impareggiabile le esigenze artistiche degli
artisti e dei committenti. I dipinti delle 15 arcate affrescate risalgono
quasi esclusivamente all'epoca tardogotica del 15° secolo. Le tematiche
sono mutuate dall'Antico e dal Nuovo testamento e sono integrate da raffigurazioni
allegoriche, da simboli dell'antichità, da avvenimenti tratti dalla
vita dei santi. Le arcate 16-20 non sono affrescate perché da sempre
facevano parte di un ambito profano: era il luogo di ricreazione degli
alunni della Scuola del Duomo, e qui gli ambulanti potevano vendere le
loro mercanzie senza pagare le tasse. Uno di questi, il povero Goreth
venuto dalla Savoia, si arricchì al punto da far costruire uno
dei palazzi borghesi più eleganti della città, la cosiddetta
Casa Goreth o Pfaundler.
Ulrich Fuchs vorrebbe tanto dare un'occhiata all'interno della chiesetta
di San Giovanni, sita all'angolo sudoccidentale del Chiostro. Ha letto
che un tempo era diffusa l'opinione che proprio in questa cappella avrebbe
avuto luogo il conciliabolo del 1080 in cui l'imperatore Enrico IV, per
vendicare l'umiliazione di Canossa, fece deporre il grande papa Gregorio
VII ed eleggere l'antipapa Viberto di Ravenna, ossia Clemente III. Questa
chiesa, meglio questa cappella era troppo piccola per poter accogliere
una delegazione di 30 vescovi con seguito, per cui è più
attendibile l'affermazione di quanti vedono come luogo di questo sinodo,
carico di conseguenze fatali, la più vasta chiesa del Duomo. Purtroppo
la chiesetta è chiusa e non è accessibile se non in compagnia
di una guida autorizzata. L'edificio risale al 10° secolo e sbirciando
attraverso un'inferiata il visitatore rimane affascinato da una serie
di preziosi affreschi del 13°, 14° e 15° secolo. Costituiscono
un ornamento impressionante, più unico che raro, di composta pittura
tardoromanica, parzialmente disposta in severa simmetria, di motivi mistici,
di tematiche tratte dalla sapienza della filosofia scolastica e dall'agiografia.
Si tratta, insomma, di un ulteriore gioiello d'espressione artistica religiosa.
Questa antica cappella aulica, adibita a battistero a partire dal 13°
secolo, fa parte delle testimonianze culturali più preziose della
città.
Lo spazio racchiuso fra il Duomo e la Parrocchiale di San Michele è
il Vecchio Cimitero di Bressanone: al centro presenta un capitello gotico
del 1483 con nicchia per il "lumino dei morti". Per lungo tempo
alla parete occidentale della sagrestia estiva del Duomo era applicato
il monumento sepolcrale di Oswald von Wolkenstein, l'avventuroso trovatore
che sapeva maneggiare la spada come pure porgere delicatamente un fiore.
Da qualche tempo la lapide si trova sotto l'arcata occidentale del Vecchio
Cimitero. La lapide, commissionata dallo stesso Oswald nel 1408, lo raffigura
in forma molto stilizzata: un cavaliere dalla barba lunga, con cimiero
corazza daga e stendardo recante la croce di Gerusalemme. Il poeta aveva
fatto preparare la lapide per il caso che non fosse più tornato
da un suo pellegrinaggio in Terra Santa. Le poesie del menestrello parlano
di tempi antichi, di un'epoca che si sta chiudendo per cedere il passo
ad una nuova che già sta delineandosi densa di nubi minacciose.
I suoi canti conviviali sono spassosi, i riferimenti autobiografici ruvidi,
asciutti e lunatici. Nato da una nobile famiglia tirolese abbandonò
ben presto la casa paterna per intraprendere avventurosi viaggi nell'Europa
orientale e meridionale. Tornò in patria appena dopo la morte del
padre, ma il suo temperamento litigioso lo coinvolse ben presto in conflitti
familiari per motivi di eredità, e in diatribe politiche contro
il duca Federico IV d'Austria, governatore del Tirolo. Morì di
morte naturale nel 1445 e probabilmente venne sepolto a Novacella.
L'attuale Chiesa Parrocchiale fu eretta in stile gotico verso la fine
del 15° secolo ed è dedicata all'arcangelo San Michele. Il
campanile, o meglio la sua cuspide gotica, ha il tetto dipinto di bianco,
come aveva disposto il cardinale Nicolò Cusano. E' comprensibile
che l'emblema di Bressanone venga chiamato "Torre Bianca". Sono
sette gli altari racchiusi all'interno della parrocchiale; vi operò
soprattutto il pittore di Cavalese Francesco Unterberger; due altari laterali
sono artisticamente scolpiti inmarmo ed ornati di motivi vivaci.
Bressanone è la città delle chiese, pensa Ulrich Fuchs.
Non per nulla i vescovi vi hanno esercitato la loro missione pastorale
per ben 1000 anni lasciando tracce inconfondibili di un'intensa operosità.
Ma non è che il nostro turista voglia visitare tutte le chiese
e cappelle della città; non finirebbe più se dovesse andare
anche nella chiesetta di Sant'Erardo, ora adibita al culto evengelico,
nella chiesa dei santi Angeli Custodi a Stufles, o in quelle del Seminario,
dei Cappuccini, delle Clarisse, delle Dame Inglesi, ecc.
Per quest'oggi dovrebbe bastare; ha avuto modo di interiorizzare molti
aspetti del ricco patrimonio artistico-culturale della città. Prima
che cali la notte vuol dare libero sfogo ad alcuni pensieri… mondani.
Si mette a gironzolare in direzione di Ponte Aquila, si sofferma un tantino
davanti alla statua di San Giovanni Nepomuceno di Praga, patrono dei ponti
e protettore dalle alluvioni e dall'inclemenza del tempo; un santo cui
a Bressanone è stata eretta una seconda statua in fondo ai giardini
Rapp.
Di fronte alla prima statua si trova l'antico albergo "Aquila d'Oro"
che da un po' di anni ha chiuso i battenti. Nel corso dei secoli fu però
un rinomato punto di riferimento e d'incontro per grandi personalità
della politica e della cultura.
Un tempo Bressanone era anche la città degli alberghi. Il Codice
dei diritti civici del 1604 elenca tre categorie di esercizi pubblici:
le taverne con insegna o altra indicazione in modo che gli ospiti sapessero
subito della presnza di una stalla per i cavalli e di una rimessa per
le carrozze. C'erano poi le osterie con un albero verde all'ingresso;
significava che c'era la possibilità di pernottamento per almeno
otto persone in quattro letti, che si poteva mangiare e bere, ma che la
casa era priva di stalla. Infine c'erano le trattorie con un ramo verde
sopra la porta d'ingresso, per indicare che del vino ce n'era, ma solo
temporaneamente; non vi si offrivano però né cibarie ne
letti per dormire.
Fra gli alberghi più antichi di Bressanone, oltre all'Aquila d'Oro,
troviamo la Croce d'Oro, l'Excelsior, il Rosa, il Cavallino Bianco, il
Cavallino d'Oro, l'Agnello, e soprattutto l'Elefante, di cui parleremo
in seguito. Frattanto però appartengono agli esercizi pubblici
più rinomati anche l'albergo Fink e l'Oste Scuro/Finsterwirt; e
non va dimenticato l'Albero Verde della famiglia Stremitzer, sito all'ingresso
del "principato" di Stufles.
Il giorno prima Ulrich Fuchs era venuto a sapere la vera ragione del nome
"Oste Scuro": l'oste personalmente non c'entra; infatti non
ha per nulla un voto oscuro. Anzi, si vede che gli fa piacere accudire
i propri ospiti. In origine l'edificio era proprietà del Capitolo
del Duomo; a partire dal 1743 vi si mesceva il vino proveniente dalle
decime dovute ai canonici; ma non si potevano accendere lumi, e alle prime
ombre della sera la mescita veniva interrotta. Chissà quanti clienti
hanno tuttavia vuotato uno o più bicchieri nell'oscurità
della notte per trovarsi poi più sciolti e più ciarlieri
e lasciare infine il locale un tantino malsicuri sui piedi ma felici e
contenti d'aver trascorso un paio d'ore in lieta compagnia.
Dall'altra parte dell'Isarco inizia il rione di Stufles, la cosiddetta
cellula originaria di Bressanone. Già circa 7000 anni a.C. vi erano
degli insediamenti umani, anche se non ancora permanenti. Un tempo vi
si snodava la strada che conduceva in Val Pusteria; questo fino al 1645,
quando si costruì la nuova rotabile attraverso Zinggen. Il traffico
saliva e scendeva lungo via della Frana, un percorso ripido e sdrucciolevole
- come ricorda il toponimo tedesco "Schlipfgasse" - sia d'inverno
per la neve e il ghiaccio, sia d'estate per la pioggia e la rugiada. E'
stupefacente - pensa il nostro Ulrich - il fatto che per secoli e secoli
tutto il traffico diretto da Bressanone in Pusteria abbia dovuto transitare
in questa strettoia ripida e pericolosa. Una volta c'era una porta, uno
sbarramento, che serviva al controllo delle persone e delle merci in entrata
e in uscita. A Stufles o nella sovrastante via della Frana erano frequenti
gli incendi che devastavano case e facevano vittime fra la popolazione.
Quasi al centro di Stufles sorge la chiesa dei Santi Angeli Custodi, e
subito lì accanto si stacca la viuzza in cui da poco tempo si trova
un nuovo pozzo che ricorda i dieci pozzi nominati nel Codice dei diritti
civici del 1604. I bissinesi dovevano procurarsi l'acqua potabile o andando
al pozzo o recandosi all'Isarco. Soltanto il Palazzo Principe-Vescovile
disponeva di una condotta propria che faceva affluire l'acqua in città
dalla zona di via Castelliere. Per tutto il medioevo l'approvvigionamento
d'acqua potabile mantenne il "sistema" appena descritto. Appena
agli inizi del 16° secolo Bressanone fece catturare l'acqua di una
fonte di sua proprietà sotto Varna per convogliarla in città
tramite condotte in tronchi di larice forati. La prima fontana con acqua
corrente fu realizzata nel 1558 nei pressi della Torre Bianca. Per quai
450 anni perdurò questo modo di fornire l'acqua potabile, anche
se l'approvvigionamento da Varna fu sottoposto a diverse migliorie ed
in città sorsero via via dei nuovi pozzi pubblici. Appena fra il
1897 ed il 1899 il magistrato brissinese aprì una nuova condotta
d'acqua con inizio presso le fonti di Scaleres, donde tuttora scende fresca
e pura a soddisfare le esigenze della cittadinanza.
L'escursione del nostro turista termina presso la residenza nobiliare
Neidheim sita al confine del quartiere di Stufles. Il principe-vescovo
Alberto d'Enna (1323-1336) fece erigere questo magnifico edificio in via
Terzo di Sotto. Verso la fine del 16° secolo la casa gentilizia, che
già si chiamava Neidheim, passò ai Goreth di Sceeburg. Nemmeno
cent'anni fa venne sopraelevata di un piano e dotata di quegli affreschi
che in buona parte possiamo nuovamente ammirare.
Il ritorno in città avviene attraverso i giardini Rapp. Nel 1850
Bressanone era sede di un'amministrazione circondariale, elevata più
tardi a capitaneria distrettuale. In questo modo la città visse
una significativa crescita d'immagine dai risvolti politici non indifferenti.
Ma già pochi anni dopo ci fu un contraccolpo a causa della costruzione
della linea ferroviaria del Brennero nel 1867 e di quella della Pusteria
nel 1871. Si temeva che Fortezza potesse svilupparsi in centro urbano
concorrenziale; infatti questo paesino satellite fra Bressanone e Vipiteno
si apprestava a diventare il nuovo punto di smistamento del traffico ferroviario.
Gli osti di Bressanone si lamentavano dei ridotti introiti, così
pure i piccoli imprenditori di trasporti. Ciò che rimase a Bressanone
- fin quando arrivò il turismo a ridare fiato alla sua economia
- era la sua importanza come città vescovile e sede di numerose
scuole superiori.
Per secoli e secoli Bressanone fu afflitta da continue catastrofi dovute
alla veemenza con cui fiumi e torrenti inondavano e devastavano la città
e dintorni. Spesso le Piazze della Parrocchia e del Duomo erano sott'acqua;
ma erano soprattutto i quartieri di Gries/Le Ghiaie e di via Roncato a
subire i danni maggiori. Il Ponte Aquila come quello di Terzo di Sotto,
la passerella dei cappuccini come quella di Zinggen, che erano di legno,
venivano ripetutamente spazzati via dalle acque impetuose dell'Isarco
e della Rienza. Finalmente, dopo la spaventosa inondazione del 1882, si
decise di passare ad una radicale regolamentazione dei corsi d'acqua.
Un'opera gigantesca sovvenzionata dalla mano pubblica cittadina e statale.
Si distinse per intraprendenza e disponibilità il barone von Trapp,
capitano del Tirolo. I lavori iniziati nel 1883 furono portati a termine
già nel 1884. La confluenza della Rienza nell'Isarco fu spostata
più a sud per cui nacque una lingua di terra trasformata in un
meraviglioso parco con castagneti ed alberi vari cui venne dato il nome
di Giardini Trapp in segno di riconoscenza e gratitudine per l'opera svolta
dal barone e capitano von Trapp.
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indice
aspetto sorridente
preistoria
nel cuore della città
da vescovo a papa
il cardinale
tra vicoli e strade
preziosità dei dintorni
il massimo delle solennità
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