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Da vescovo a papa
La terza giornata Ulrich Fuchs la trascorre in tutta tranquillità.
Si reca nel Seminario, sede dello Studio Teologico Accademico di Bressanone,
e nell'antica biblioteca si mette a sfogliare dei preziosi manuali. Il
suo interesse viene attratto da due personalità del passato: due
grandi rappresentanti della chiesa locale che conseguirono stima e fama
anche a livello mondiale. Ambedue vescovi di Bressanone, l'uno divenne
papa e l'altro giunse già cardinale nella città sull'Isarco.
Il Seminario sorse sulla cosiddetta Insula Sanctae Crucis, un'isola racchiusa
fra l'Isarco e la roggia che un tempo la separava dal centro urbano. Qui
nel 1157 il canonico Richer aveva fatto costruire un ospizio, l'ospedale
di Santa Croce, per i pellegrini che si recavano in Terra Santa, a Roma,
ad Aquisgrana e a Santiago de Compostela. Più tardi, dopo il 1600,
in un edificio accanto al chiostro, dove oggi sorge il Cassianeum, venne
aperto un Seminario, che poi il Principe-Vescovo Leopoldo conte Spaur
(1747-1778) trasferì sull'Isola di Santa Croce facendo costruire
un edificio nuovo sul posto di quello ormai fatiscente dell'ospizio medievale.
Il coronamento di questa istituzione creata per la formazione degli studenti
di teologia e dei futuri curatori d'anime è senza dubbio la biblioteca
con i preziosi affreschi che il pittore aulico F. A. Zeiller realizzò
nel 1772: la sala rettangolare a due piani presenta tutto intorno una
galleria sostenuta da mensole; la volta poggia su due colonne di marmo
che simboleggiano i fondamenti della teologia, ossia la Sacra Scrittura
e la Tradizione, ma anche le due correnti spirituali dell'occidente, cioè
la Filosofia e la Teologia. La biblioteca è un autentico gioiello
artistico dove anche il laico interessato amerebbe soffermarsi a lungo.
Una volta nel corso delle sue alterne vicende storiche Bressanone si trovò
al centro dell'interesse mondiale. Era l'anno 1048. Quelli erano tempi
bui, incerti e pericolosi. Papa ed imperatore si trovavano spesso ai ferri
corti per motivi di potere, di predominio dell'uno sull'altro; questo
stato di cose comportava spesso dei pesanti tributi. Né l'imperatore
né il papa erano disposti a cedere. Il più forte disponeva
dei sudditi a proprio piacimento; nei posti di maggior prestigio piazzava
dei funzionari di suo gradimento, i quali a loro volta gli tributavano
rispetto rivolgendosi a lui guardandolo dal basso verso l'alto con supina
deferenza e gratitudine. Così voleva il papa, così pretendeva
l'imperatore.
Spostiamo ora la nostra attenzione su Roma: morto papa Giovanni XIX (1032),
Teofilatto, un membro dell'influente famiglia dei conti di Tuscolo, si
era impossessato del trono pontificio assumendo il nome di Benedetto IX.
Per certi versi fu considerato un antipapa; una situazione non del tutto
inconsueta per quei tempi, ma che costituiva una sfida nei confronti del
legittimo pontefice eletto dai romani da un lato, e dall'altro una provocazione
verso l'imperatore. Per un determinato periodo del suo pontificato Benedetto
IX ebbe comunque il favore dei romani, ma ben presto esplosero dei violenti
conflitti fra le opposte famiglie interessate al potere. Una parte del
clero era favorevole ad Enrico III e non voleva aver nulla a che fare
con il clientelismo dei conti di Tuscolo. Benedetto IX, che voleva rimanere
ad ogni costo "pontifex maximus", fu detronizzato e poi reintegrato,
esiliato ed infine costretto a rinunciare alla tiara in favore di Gregorio
VI cui succedette Clemente II, morto nel 1047.
Come era d'uso una delegazione si precipitò a comunicare all'imperatore
il decesso del papa legittimo con preghiera di designare un successore.
I delegati romani dapprima fecero il nome dell'arcivescovo Halynard di
Lione, che conosceva bene l'italiano e passava per una persona mite, umile
e condiscendente. A questa proposta Enrico III non fece alcuna obiezione;
ma facevano i conti senza l'oste. Infatti l'arcivescovo ebbe sentore delle
intenzioni dell'imperatore e dei delegati, si sottrasse al pubblico clamore
rifiutando categoricamente la propria disponibilità ad assumere
la più alta carica della chiesa romana.
Intanto il tempo passava e l'imperatore doveva agire tempestivamente se
voleva intervenire con successo contro Benedetto IX che era sempre pronto
a sfruttare il momento opportuno per ritornare sul soglio pontificio.
Finalmente Enrico III prese una decisione: designò come nuovo pontefice
il vescovo Poppone di Bressanone, una persona del proprio seguito che
gli garantiva la massima affidabilità.
Poppone era il successore del vescovo Hartwig. Era soprannominato "Barginus",
ossia bavarese, appunto perché di nobile stirpe bavarese. La sua
diocesi allora apparteneva alla Baviera, per cui si può ragionevolmente
supporre che Poppone provenisse da questa diocesi o forse addirittura
da Bressanone stessa.
Divenuto vescovo di Bressanone nel 1039, nel gennaio del 1040 ricevette
dall'imperatore Enrico III ben tre diplomi di privilegio. Per il resto
non è molto quanto si conosce di questo "brissinese"
assurto alla massima carica della chiesa romana. Nell'elenco ufficiale
si trova questa breve annotazione: "Ad Hartwig succedette il vescovo
Poppone che, divenuto papa, inviò a Bressanone il miglio paliotto
(paramento che copre la parte anteriore dell'altare) e lasciò alla
diocesi molte altre cose preziose, di cui lui non aveva più bisogno".
Altre fonti inoltre riferiscono che Poppone era molto saggio e dotato
di eccellenti qualità. Non è noto se in precedenza abbia
fatto parte del Capitolo del Duomo, se sia stato eletto liberamente oppure
imposto dall'imperatore. E' comunque presumibile che Poppone per un certo
periodo sia stato alla corte dell'imperatore Corrado II e poi nella cerchia
più intima del di lui figlio Enrico III. Stando così le
cose si può dedurre che era nelle grazie del sovrano e che la sua
nomina a vescovo sia da ricondurre all'influsso del medesimo.
Enrico III festeggiò il Natale del 1039 a Ratisbona; il Capodanno
successivo andò ad Augusta dove indisse una dieta imperiale. Fra
i principi tedeschi e i delegati c'era anche Poppone, che ricevette i
già menzionati diplomi. Il primo contiene la conferma di tutte
le precedenti donazioni fatte alla diocesi di Bressanone.
Ci sembra opportuno riportare più o meno alla lettera alcuni passi
concernenti Bressanone e il vescovo Poppone tratti da fonti importanti,
che sono citate nella vasta opera di Franz Sinnacher, grande maestro tirolese
di storiografia diocesana. Iniziamo con il documento che riguarda la prima
conferma da parte di Enrico III; non va trascurato il fatto che abbiamo
a che fare con un modo di ragionare, di donare e di sperare dalla tipica
impronta medievale: "Nel nome della santissima e indivisa Trinità.
Enrico re per grazia divina. Se ci premuriamo di confermare le donazioni
delle chiese di Dio, non dubitiamo affatto che ciò possa essere
di giovamento al benessere del nostro impero e alla salvezza dell'anima
nostra. Sia perciò palese a tutti i fedeli della santa chiesa di
Dio, a quelli di oggi come a quelli di domani, che Poppone, vescovo della
chiesa santa di Bressanone dedicata ai santi martiri Cassiano e Ingenuino,
ha inoltrato alla nostra benevolenza l'umile richiesta di conferma per
amore di Dio, per il bene dell'anima nostra, per se stesso e per la sua
chiesa, la donazione dell'abbazia di Tisentis nel distretto di Coira,
la contea nella valle dell'Inn a partire da quella marca che separa la
diocesi di Trento da quella di Bressanone, e la "chiusa" sotto
Sabiona, come pure la riserva forestale e tutte le altre donazioni fatte
da re e da imperatori, che da sempre sino ad oggi fanno parte dei beni
patrimoniali della diocesi. Alla sua giusta petizione noi concediamo benevolo
ascolto e, tramite questo documento redatto per regia disposizione, confermiamo
al detto vescovo e alla sua chiesa, come pure ai di lei superiori, la
proprietà senza limite di tempo della suddetta abbazia e di quella
contea che nostro padre Corrado - buonanima - e l'augusto imperatore hanno
donato a questa diocesi, come pure della predetta "chiusa" compresi
il dazio, i boschi e tutti i possedimenti della stessa chiesa che ne è
stata proprietaria fino ad oggi, in modo che detto vescovo e i suoi successori
abbiano la piena facoltà di farne libero uso a vantaggio della
loro diocesi. Ora, affinchè questa nostra conferma possa sottolineare
la propria validità per tutti i tempi, abbiamo firmato di mano
propria il presente documento ordinando di munirlo del nostro sigillo.
Firma di Enrico III, re glorioso ed insuperabile".
Si tratta quindi di possedimenti, prebende e diritti dei vescovi di Bressanone
che appunto Poppone ottenne e che suo tramite passarono ai successori.
E che cosa conteneva il secondo documento che il re consegnò lo
stesso giorno al vescovo Poppone?
Si parla ancora di una donazione, di un bosco in Carniola: "A Poppone,
vescovo della chiesa santa di Bressanone eretta in onore del santo martire
Cassiano, si concede in proprietà un bosco con relativi diritti
sito tra i due affluenti della Sava, dalla loro origine fino alla confluenza
nella marca di Carniola, facente parte della contea del margravio Eberhard,
con pascoli e quanto risulti utilizzabile e conservabile oggi o in futuro;
dichiara questo bosco una compatta entità giuridica in cui senza
esplicito permesso di detto vescovo e dei suoi successori, a qualsiasi
persona d'alto o altissimo rango è fatto divieto di praticare l'arte
venatoria con frecce, trappole e reti, e di pescare o catturare in qualsiasi
modo animali selvatici. Chiunque avrà temerariamente trasgredito
a questa disposizione, sappia che dovrà essere sottoposto alla
pena stabilita tramite il nostro divieto".
E nel terzo diploma al vescovo di Bressanone si legge che Enrico III gli
concede "un bene fondiario entro i qui descritti confini, ossia il
fiume Bistrizza fina alla tenuta di Veldes (Bled) con il bosco detto Leschach
e relativi diritti nella marca di Carniola che si trova nella contea del
margravio Eberhard".
Il commento dello storico Sinnacher recita: "Siccome la diocesi di
Bressanone a Veldes in Carniola possedeva già dei beni consistenti,
anche in questo decreto gli viene donato un grande bosco, una foresta
compatta in cui nessuno, senza concessione del vescovo, può esercitare
la caccia. Nel contempo al vescovo viene nuovamente concesso un bene fondiario
che confina con quelli che già possiede a Veldes…".
Possedimenti ed ancora possedimenti. Le terre del vescovo andavano sempre
più estendendosi tramite donazioni fatte dalla nobiltà d'alto
e altissimo rango e, come testualmente scrive Enrico III, "con la
speranza della nostra beatitudine".
Ai vescovi di Bressanone inoltre fu concesso l'importante privilegio di
"esigere tasse e diritti daziali", sia pure con l'imposizione
di versarne una congrua quota al re o all'imperatore.
L'importanza del vescovo Poppone per la città di Bressanone, meglio
per la trasformazione della città in una grande potenza ecclesiastica
con i massimi privilegi temporali, non sta però soltanto in dette
donazioni e nella spiccata personalità di quest'uomo. Come dette,
Poppone divenne papa col nome di Damaso II e fu il terzo pontefice tedesco
sul trono di Pietro.
Nella curia romana, come spesso accadeva nei tempi oscuri e pericolosi
del medioevo, regnava il caos; in un sinodo del gennaio 1047, indetto
da Clemente III, si trattò della priorità fra gli arcivescovi
di Milano e di Ravenna e il patriarca di Aquileia: chi dei tre poteva
avere il privilegio di sedere alla destra del papa? Era presente anche
Poppone che si schierò dalla parte del metropolita di Ravenna.
Da un decennio risulta che tutti i sinodali si pronunciarono in favore
del parere di Poppone in quanto persona gradita all'imperatore.
Poco prima di natale Enrico III si trovava in Sassonia, e non molto dopo
ad Ulma ebbe un intenso colloquio con i principi dell'impero; anche Poppone
era presente: un autentico uomo di fiducia quindi e ben più di
un vassallo imperiale. Fu in quei girni che l'imperatore Enrico III decise
di designare come nuovo pontefice il vescovo di Bressanone. Il quale,
alla fine del gennaio 1048, si recò a Roma per assumere ufficialmente
il mandato. Ma qui furono ben pochi quelli che si rallegrarono del suo
arrivo. Ancora una volta si dovette constatare come i romani avevano ben
poco da spartire con dei papi tedeschi. Poppone riuscì a fare il
proprio ingresso in Roma appena a metà luglio perché gli
si era tenacemente opposto il solito Benedetto IX. Solennemente intronizzato,
Damaso II - così registrano gli annali e le cornache medievali
- non sembrò granchè entusiasta della sua posizione di sommo
pontefice. Uno scritto dell'epoca riferisce che appena eletto papa sarebbe
stato condotto nel proprio appartamento con violenza. Era ottimamente
informato sui numerosi suoi predecessori caduti vittima di intrighi, avvelenamenti
e fatti di sangue.
Questo terzo papa tedesco non ebbe alcuna possibilità di incidere
nella storia della chiesa romana. Infatti morì a Palestrina appena
23 giorni dopo la propria intronizzazione. Non si sa se a causa di un
avvelenamento o di un attacco di malaria. Una fonte comunque parla chiaramente
di morte violenta, dovuta ad una pozione di veleno propinatagli per incarico
di Benedetto IX. Nella chiesa di San Lorenzo fuori le Mura si trova tuttora
un sarcofago che proverrebbe dalla tomba di Damaso II.
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indice
aspetto sorridente
preistoria
nel cuore della città
da vescovo a papa
il cardinale
tra vicoli e strade
preziosità dei dintorni
il massimo delle solennità
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