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Lombardia

 

L'Abbazia di Morimondo
di Luigi Collino

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Il convento e l'esterno della chiesa
Le abbazie cistercensi sono costruite secondo un piano costante. Un chiostro quadrato raduna intorno a sé tutti gli edifizi conventuali. Tre lati sono formati dalla foresteria, dal dormitorio, dall'aula capitolare, dal refettorio, ect. Al quarto lato sta la chiesa, tre navate, la centrale più alta, con campate quadre nella navata di mezzo e, come è logico, rettangolari in quelle laterali: il transetto è pure quadrato, come presbiterio. Sull'incrocio delle navate si alza il tiburio con larghe finestre. Ridotta, secondo la regola instaurata da San Roberto e da San Bernardo, è la decorazione. All'esterno saldi speroni a scarpa si addossano agli spigoli dell'edifizio. La facciata semplicissima ha un rosone sulla porta centrale. Il tiburio sostituisce la torre campanaria.
L'abbazia di Fossanova e quella in rovina di San Galgano ci conservano in Italia le caratteristiche più pure dell'architettura cistercense, ma anche quella di Morimondo e fedele, di massima, alle norme costruttive dell'Ordine, e presenta un notevole interesse artistico. Essa sorge sulla strada che da Abbiategrasso conduce a Pavia, ed è assai vasta e ben conservata malgrado le inevitabili devastazioni.
La strada che porta a Morimondo, appena giunta ai primi casolari del borgo si restringe sotto un grande arco in cotto di stile romanico-lombardo, già tendente all'archiacuto gotico francese. E' formato di due archi sovrapposti, quello superiore cordonato a dente e quello inferiore rientrato assai con cunei di arenaria. Al di sopra dell'arco si nota un ampio foro sbrecciato, là dove esisteva fino a pochi anni or sono un rosone in cotto di ottima fattura. Questo arco d'ingresso alla Badia appare evidentemente opera del secolo XIII, ed è da notarsi il pieno contrasto fra la tendenza all'acuto della ghiera superiore e l'allargarsi a tutto sesto di quella dell'arco sottostante. Si dibatte, insomma, lo stile fra il romanico di buon sapore lombardo e il gotico importato di Francia colla severa regola cistercense; è stile di transizione, perchè le nuove forme mai soffocarono o sostituirono del tutto le preesistenti, e perchè il gotico in Italia non servì che a segnare il trapasso al Rinascimento.
Il senso di gelosa conservazione dello stile romanico-lombardo, malgrado gli assalti del gotico oltremontano, si rivela possente nella bella facciata del tempio, salda ed uniforme, ad onta delle molte deturpazioni. La parte superiore di essa conserva per fortuna la sua primitiva struttura in mattoni. Il coronamento è ricco di un cornicione parzialmente ancora rivestito di piastrelle a forma di losanga; è adorno inferiormente di archetti pensili verticali, e lo sormontano tre pinnacoli. Al centro della facciata si apre il caratteristico rosone delle chiese romaniche, leggermente cordonato di archetti e sormontato da una bifora centinata, che rivela l'influsso del gotico francese, come del resto lo rivelano pure due finestre ad arco acuto, immediatamente laterali al rosone centrale. Più verso i lati vi sono, sui tetti delle navate minori, due finestre a pieno centro puramente ornamentali, mentre infine due altri finestroni sottostanti al rosone danno luce alla navata centrale.
La parte inferiore della facciata è purtroppo malamente intonacata e un rozzo protiro, o meglio portichetto, con lesene e colonne sostituisce forse uno scomparso più vasto nartece. Due finestre ai lati della porta, non situate alla stessa altezza, una rettangolare e l'altra a sesto acuto, finiscono di deturpare senza remissione la parte bassa di questa facciata, che pare viceversa acquistare un maggior respiro a mano a mano che si alza verso il cielo. L'abbondanza delle finestre, aperte senza criterio e in varie epoche, prova la contaminazione dei vari stili.
Più uniforme, regolare e ben conservato è il fianco settentrionale della chiesa, che è anche il solo dei due visibili, poiché l'altro è addossato al Chiostro. Ha degli archi rampanti rettangolari che sporgono ed emergono dal tetto della navata minore; la quale risulta così divisa in otto campi. Una cordonatura semplice e diritta corre qui sotto la grondaia, mentre la navata superiore è lateralmente percorsa da un leggero ricamo di archetti pensili. Il fianco del transetto sovrasta alla navata minora, pareggiando quella maggiore, ed è più accentuatamente coronato di graziosi archetti perpendicolari. Un rosone cordonato in cotto, con vetrate quattrocentesche, si apre nel centro per dar luce alla navata trasversale. Al centro del transetto, e perciò nel punto d'incrocio dei due bracci della croce latina, sorge il tiburio, che ha una finestra a pieno centro per ognuno dei quattro lati rispondenti alla croce, e piccole aperture tonde nelle quattro smussature dell'ottagono. Questa piccola torre campanaria è adorna di paraste, di archetti e, secondo la regola cistercense, conteneva una sola campana, la cui corda pendeva attraverso un foro della volta nell'antico coro dei monaci, al centro della chiesa.
Il tempio volge la sua facciata verso ponente, e il chiostro si estende sul lato destro di esso. Il portico del chiostro è sostenuto da colonne in sarizzo o in marmo bianco, a base elegante, sormontate da capitelli di varia foggia. Sulla parete che guarda a ponente si apre con una porta e due finestre la Sala del Capitolo. La porta è a tutto sesto. In cotto, a strombo leggero, con nervatura in marmo appoggiata su due esili ed aggraziate colonne. Le finestre affacciate dalla Sala del Capitolo sul portico claustrale sono trifore con colonnine binate, arco a tutto centro e breve strombatura. Il chiostro di Morimondo arieggia assai, nella sua parte meglio conservata, a quello di Staffarda, che è del 1300, ricco esso pure di colonnine binate, di finestre trifore, e di capitelli decorati a fogliami diversi.
Fra la navata destra della chiesa, colla quale è in comunicazione, e la Sala del Capitolo è posta secondo il rito la sagrestia, che prende luce da una finestra a levante ed ha il soffitto a volta. Le pareti sono coperte da alcuni forti armadii ad intarsio, contemporanei forse agli stalli del coro, e in uno di essi si conserva il bello stendardo della Madonna, opera preziosa del secolo XVII.
La sagrestia comunicava col Penitenziario ovverossia luogo di punizione per i monaci indisciplinati del convento, che pare fosse pure il deposito dei feretri degli Abati.
Adiacente al Penitenziario è la Sala del Capitolo, oggi deturpata dalle trasformazioni, ma che ancora rivela l'agile architettura archiacuta di origine francese, assai diffusa in Italia nei primi decenni del secolo XIV. E' quadrata, con volta a crociera e colonne a fascio sormontate da capitelli a cubo. Fu costruita certo assai dopo la chiesa, come dimostra l'eleganza già progredita dell'architettura, ed è orientata da levante a ponente. Risulta contemporanea alla Sala del Capitolo dell'Abbazia di Staffarda che ha pure la volta a crociera poggiata su colonne, e s'illumina attraverso graziose finestre trifore. Sopra questa sala era la biblioteca del convento di Morimondo, di cui però non rimane più traccia.
Attorno al cortile centrale con portici a tutti quattro i lati erano disposti il locutorium, la sala di riunione, la cucina ed il refettorio dei monaci con volta a crociera e bei pilastri quadrilobati. Più ampi sono i portici che costeggiano il lato meridionale della chiesa, con robuste nervature negli archi a tutto sesto e dipinti alle pareti. Qui si apre pure l'antica porta laterale della chiesa, sormontata da un forte architrave e circondata da bei disegni geometrici ornamentali che già sentono assai il Rinascimento. Sui capitelli delle colonne e sui muri occhieggiano targhe e stemmi, fra cui notevole quello del convento con la mitra abbaziale e le iniziali M.O., stemma che d'altronde ritorna ancora vicino alla porta del Convento, presso l'altare maggiore e nel bel camino marmoreo secentesco di una delle sale del chiostro.
Altri locali del Monastero, che ancora è possibile individuare a seconda della regola cistercense, sono la foresteria, l'ospedale con annessa farmacia, la Sala del Pretorio, la lavanderia, le molte cantine, ed una curiosa ghiacciaia, a forma di torre ellittica sorgente dietro l'abside e fabbricata, come risulta da una lapide, nell'anno di grazia 1676.
Pure adattate nel Seicento appaiono infine le vaste stanze che servivano di abitazione all'Abate e Conte di Morimondo. Sorgono esse al piano superiore, e vi si accedeva da un grande scalone ancor conservato in parte; sono sette vasti locali aprentisi, con molte finestre ed un terrazzo, sulla maggiore facciata del chiostro orientata a ponente, e, da quanto ne rimane, risulta che fossero decorati con fasto a grandi riquadrature di gusto già pesante, che contrasta colla semplicità dello stile prevalente nell'antica Abbazia.
La rapida rassegna delle principali costruzioni di Morimondo basta a rivelarci, malgrado le molte e spesso volute omissioni, l'importanza di questa Congregazione cistercense, che per quattro secoli prosperò, tramutandosi poi, destino comune a tutte le potenti Abbazie, in ricca e fastosa Commenda. E l'arte vi subì intanto tutte le trasformazioni: dal semplice e pesante stile romanico-lombardo a quello gotico-francese più agile ed acuto; dalla pura bellezza rinascimentale del coro di Francesco Giramo, della porta laterale della chiesa, dei dipinti del Luini e del Rizzo all'impacciata pesantezza barocca dei restauri voluti dall'Abate e Conte Libanorio. Più tardi poi la decadenza senz'arte, gl'intonachi che tutto coprono, i muri che tappano le belle finestre gotiche, e la rapace mano del moderno saccomanno che strappa dall'arco d'ingresso all'Abbazia, solo pochi anni fa, il bel rosone in cotto dall'aggraziato ricamo di sagome ed archetti.
"Quod non fecerunt barbari..."


indice


introduzione

i cistercensi e le origini di Morimondo

la storia dell'Abbazia

il convento e l'esterno della chiesa

l'interno della chiesa

il coro

pitture

importanza di Morimondo nell'arte e nella storia

da "Italia Sacra", II vol., sac. Alessandro Tamborini, Milano, 2 febbraio1928



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