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L'interno della chiesa
"Anno Domini MCCLXXXXVI completa fuit Ecclesia tempore Michelis abbatis,
qua primitus MCLXXXII fuit fondata in Domino". Questa iscrizione
impressa sull'architrave della porta pone negli anni fra il 1182 e il
1296 i lavori di costruzione della chiesa di Morimondo. Essa, ripetiamo,
tanto all'interno, come già all'esterno si presenta come un notevole
esempio di quello stile tardo-romanico o di transizione, che appunto in
quegli anni si affermò in Italia; si infatti il gotico si manifesta
qua e là con le sue caratteristiche, si tratta veramente di quel
gotico primitivo, o stile severo, il cui fiorire è posto fra il
1227 e il 1300 circa; prima cioè del vero gotico fiorente, o stile
ricco, di cui non si trovano spunti od accenni nella chiesa di Morimondo.
L'interno del tempio è a tre navate ad archi acuti e campi di volta
a crociera. I pilastri, come in altre chiese lombarde, sono a guisa di
massicce colonne rotonde od ottagonali costruite in mattoni e ricoperte
di intonaco; ma probabilmente in origine le colonne erano polistili, assai
più leggere, e rivelavano meglio i capitelli a cubo di gusto bizantino,
che ancora del resto si vedono nei pilastri a muro della prima e dell'ultima
arcata.
Di strabalzo, nella navata centrale, escono i pilastri per sostenere gli
ampi archi a leggero sesto acuto, ed han perdute le belle nervature a
fascio che forse in origine li abbellivano; invece, per fortuna, nella
minor navata, gli archi partono dalle colonne con giuste proporzioni e
con normale ed elegante svolgimento di forme.
Poderosi sono gli archi longitudinali e trasversali che rinserrano le
volte a vela abbellite da nervature, non quadrate come a Sant'Ambrogio
di Milano, ma bensì rotonde, quasi a rivelare l'epoca di costruzione,
cioè il secolo XIII: ciò si accorda d'altronde perfettamente
alla tendenza all'acuto visibile ormai nel profilo degli archi di sostegno.
Qua e là appaiono ancora invece, pieni di grazia, alcuni bei capitelli,
di schietta arte lombarda, con fregi e testine.
L'interno della chiesa di Morimondo ci richiama così, come già
si è detto, allo stile di transizione coi molti suoi contrasti;
ci fa pensare al prevalere del rito latino su quello ambrosiano assai
più vetusto, ed infine ci ricorda le chiese consorelle, e cioè
pure cistercensi, dell'Abbazia di Chiaravalle e di quella di Staffarda.
Vasto è il tempio, ma intonato a severa semplicità monastica;
il quadrato centrale della navata trasversale, secondo una curiosa tendenza
spesso riscontrata nelle chiese romanico-lombarde, è dal lato settentrionale
dissimetrico per l'apertura della finestra circolare e della porticina
comunicante col cimitero dei monaci; simmetriche invece e goticamente
acute sono le tre finestre dell'abside.
Oltre alle pitture, sono ancora esistenti o scomparse, e di cui parleremo
a parte in seguito, sono da notare nell'interno della chiesa di Morimondo
tre altari, assai modesti e privi di pregio storico o artistico: quello
maggiore, adorno di bei marmi, risale ad esempio all'anno 1704, come risulta
da una piccola lapide posta a tergo, e fu fatto fabbricare dall'abate
Lorenzo Citerni. Una bella cancellata di bronzo ne divide il sacrario
dalla navata minore; all'altar maggiore sovrasta un mediocre baldacchino
di gusto assai discutibile.
Bella invece è la pila dell'acqua santa, ampia vasca circolare
in pietra di Saltrio con teste e rosoni decorativi, che rivelano l'arte
primitiva e rozza dei marmorari del Trecento. Al centro della vasca si
alza una statua della Madonna, cinta da corona e sostenente fra le braccia
il bambino Gesù. La si giudica appartenente alla scuola di Giovanni
ed Andrea Pisano, o meglio ancora allo scalpello di Giovanni di Balduccio
da Pisa, che lavorò anche in Milano all'Arca di San Pietro Martire,
nella chiesa di S.Ustorgio. Certo questa Madonnina ha tutta la grazia
soave della scultura cosidetta gotica per l'affinità sua con la
rotonda plastica francese. Sostengono la vasca e la statua quattro colonnine
agili appoggiate su uno zoccolo quadrangolare.
Null'altro rimane dei secoli anteriori al Rinascimento, che d'altronde
ha lasciato esso pure qualche traccia non disprezzabile. Una lapide ora
scomparsa, ma ricordata dal Puccinelli ricorda un restauro della chiesa
di Morimondo, effettuatosi nell'anno 1491, essendo papa Innocenzo VIII.
Proprio allora, ad esempio, fu aperta quella porta rettangolare che conduce
alla sagrestia dalla navata destra, e le cui sagome e membrature in terra
cotta, nonché il fregio a palmette e delfini, sono del più
puro Rinascimento.
Per ragioni di compiutezza ricordiamo ancora, addossato alla parete sinistra,
un bassorilievo sepolcrale che ricorda Stefano Luini, sapiente nella ragione
civile e politica. Fu fatto collocare colà nel 1844 da certa Marietta
Germani Dell'Acqua, e d è opera non disprezzabile dello scultore
Benedetto Cacciatori di massa. Nessuna importanza ha il battistero della
chiesa ora parrocchiale come neppure merita particolare ricordo un Cristo
crocefisso con lunghi capelli, opera forse del Cinquecento. Piuttosto
risale al I secolo avanti Cristo una lapide a lettere capitali murata
presso la porta che conduce al chiostro, la quale ricorda un Lucio Gallio
Varo della tribù Ufentina, veterano della tredicesima legione Gemina.
Con questo ricordo romano di un ignoto legionario che venne forse sepolto
nell'antica corte o borgo di Colonago e la cui lapide fu pietosamente
conservata dai primi monaci cistercensi di Morimondo, pare affermarsi
viemmeglio la vetusta anzianità della chiesa, la cui severa linea
architettonica tanto conserva del migliore stile romanico di Lombardia.
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indice
introduzione
i cistercensi e le origini
di Morimondo
la storia dell'Abbazia
il convento e l'esterno
della chiesa
l'interno della chiesa
il coro
pitture
importanza di Morimondo
nell'arte e nella storia
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