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Lombardia

 

L'Abbazia di Morimondo
di Luigi Collino

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Il coro
In questa bella chiesa dalla regolare ampiezza e dalla severa architettura appare di proporzioni vastissime il coro dei monaci, che si prolunga insolitamente dietro l'altar maggiore, un gradino più in alto del normale piano del tempio. E' opera del primo venticinquennio del Cinquecento, pregevolissima ed anche assai ben conservata. Ne è autore un tal Francesco Giramo di Abbiategrasso, non noto per altre opere, ma anche solo per questa degno di essere considerato fra i classici del legno. Egli ha lasciato la sua firma su un crisma radiante intarsiato nelle testate dei sedili del coro ove si lette: "Franciscus giramus Abiacrassinus faber Monachorum impensis Hoc opus fecit".
Era dunque un modesto "faber lignarius" di Abbiategrasso, come d'altronde ci confermano alcuni documenti dell'Archivio Comunale di quella città, dove nel 1544 era ancor vivo un figlio dell'ottimo artefice del Coro di Morimondo. La famiglia Giramo era composta di "magistri", ovverossia maestri ebanisti e dai documenti dell'Archivio di Abbiategrasso risulta che per lunghi anni la famiglia Giramo conservò l'artistica e laboriosa tradizione della scultura in legno.
Gli stalli del Coro di Morimondo furono ultimati nell'anno 1522, mentre abitavano nell'Abbazia i Monaci Settimiani: "Perfectae fuerunt haec sedes Degentibus his faventibusque Septimianis monachis. A.D.M.D.XXII".
Per quale ragione questa bella opera venne ad abbellire la chiesa di Morimondo solo nel primo quarto del secolo XVI? Forse perchè, secondo la rigida regola cistercense, strettamente osservata sino agli inizi del Cinquecento, il coro esisteva dapprima nel mezzo della chiesa, sotto il tiburio, dove pendeva la corda dell'unica campana, perchè i monaci potessero suonarla nei momenti culminanti delle loro preghiere e delle salmodie.
Francesco Giramo da Abbiategrasso impiegò certo molti mesi, forse qualche anno, per finire il coro di Morimondo. Sono infatti 70 stalli in noce, divisi in due file, quella superiore di 40 sedili, quella inferiore di 30. La lunga duplice fila segue, smussata soltanto agli angoli la linea dell'abside, quadrata secondo la regola cistercense, e si congiunge al centro, perfettamente dietro all'altar maggiore, in un armadio a due valve elegantemente intarsiate. E' questo il Sancta Santorum, dove i pii monaci cistercensi conservavano le loro sacre reliquie. L'intarsio delle due imposte rappresenta con linea pura e leggera l'Annunciazione, e le figure della Vergine e dell'Arcangelo sono magistralmente disegnate. Anche gli scranni hanno gli schienali intarsiati con emblemi religiosi o con figure, fra le quali risaltano quella di S.Bernardo (primo stallo a sinistra) e quella di San Roberto fondatore dell'Ordine cistercense nello stallo di fronte. Accurata, espressiva, ricca di particolari, è la testa di San Bernardo, mentre San Roberto è rappresentato invece intiero, quale fondatore dell'Ordine, tenendo fra le mani un piccolo tempio con tiburio centrale e il rosone sulla facciata, il modello cioè di tutte le chiese cistercensi.
Gli intarsi del coro di Morimondo sono a due colori, ricchi di intagli, fiorami, monogrammi ed emblemi religiosi, fra i quali si ripete spesso quello rappresentante una sfera armillare, sostenuta da un'asta colla iscrizione "Sic petitur coelum" e il monogramma di Cristo.
Il Malaguzzi-Valeri, studioso profondo dell'arte lombarda, nel suo ampio lavoro su "La corte di Ludovico il Moro" parla con una certa ampiezza del coro di Morimondo, e merita di questo autorevole giudizio riportare le parti essenziali: "Forme più semplici... presenta il rivestimento ligneo del coro nella chiesa abbaziale di Morimondo eseguito da Francesco Giramo di Abbiategrasso, intorno al 1522. Analogo a quello di S.Maria delle Grazie a Milano, merita attenzione per la purezza delle linee architettoniche e delle decorazioni, rara in una regione che predilesse - come più volte s'è detto - l'esuberanza degli ornamenti... Vi sono notevoli le mezze figure dei santi dell'ordine cistercense intarsiate nei dossali superiori, la varietà delle sagome dei vasi ansati che a quelle figure si alternano. Ma ogni tanto v'è fatto posto a una vivace figura di putto nudo reggente un cestone di frutta. Nel fondo del coro una porta a due valve, per la custodia delle reliquie, pura di linee, leggiadra di decorazioni, mostra due santi a fine intarsio. Una corretta eleganza è nelle sagome generali come nei lievi, poco appariscenti bracciali, nelle mensole, nelle lesenette scanellate fra stallo e stallo, nella lunga iscrizione sacra in puri caratteri capitali, che prende il posto del fregio sul ben profilato cornicione. Perchè una curiosa caratteristica di questo ramo in Lombardia - a differenza degli altri - si è che i prodotti si facevan misurati, quasi più puri quanto più s'avanzavano di tempo. Si direbbe che, prevedendo le intemperanza del Seicento - che nella Lombardia e soprattutto nella Valtellina e nella Valcamonica raggiungerà il colmo dell'esuberanza - gli artisti degli ultimi anni del Quattrocento e dell'inizio del Cinquecento volessero dare bell'esempio di ritegno e di moderazione".
A proposito di questo Coro, insigne opera di scultura in legno, è opportuno infine ricordare che in un'altra abbazia cistercense subalpina, già coeva per fondazione a quella di Morimondo, e cioè a Staffarda presso Saluzzo, pure all'inizio del Cinquecento fu allogato nella chiesa un Coro di pregevolissima fattura. Gli stalli dell'Abbazia di Staffarda (rimossi dalla loro primitiva sede e conservati ora parte al Museo Civico di Torino e parte nella chiesa di Pollenzo) vennero infatti lavorati nel primo quarto del secolo XVI da ignoti artefici, che alle ultime raffinatezze del tardo gotico francese accoppiavano già le nuove eleganze di proporzioni e di ritmi create dal rinascimento fiorentino. Anche gli stalli di Staffarda, come quelli di Morimondo, sono ricchi d'intagli con figure umane, con angeli, uccelli, fiori e goflie intrecciate a rabeschi.
Questo avvicinamento, nel tempo e nel gusto, di opere di ugual genere non è forse casale e, se si pensi che Staffarda a Morimondo sono due abbazie cistercensi, potrebbe forse utilmente cercarsi perchè almeno due volte nei secoli esse si incontrino in un parallelismo storico ed artistico.
Certo, ad ogni modo, tanto nel monastero lombardo che attende restauri, come in quello piemontese già largamente e con gusto restaurato, si respira in fatto di stili e di arte un'aura sola: transizione evidente fra romanico-lombardo e gotico francese, che si afferma con una romanità nostrana non priva di caratteristico interesse.


indice


introduzione

i cistercensi e le origini di Morimondo

la storia dell'Abbazia

il convento e l'esterno della chiesa

l'interno della chiesa

il coro

pitture

importanza di Morimondo nell'arte e nella storia

da "Italia Sacra", II vol., sac. Alessandro Tamborini, Milano, 2 febbraio1928



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