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Il coro
In questa bella chiesa dalla regolare ampiezza e dalla severa architettura
appare di proporzioni vastissime il coro dei monaci, che si prolunga insolitamente
dietro l'altar maggiore, un gradino più in alto del normale piano
del tempio. E' opera del primo venticinquennio del Cinquecento, pregevolissima
ed anche assai ben conservata. Ne è autore un tal Francesco Giramo
di Abbiategrasso, non noto per altre opere, ma anche solo per questa degno
di essere considerato fra i classici del legno. Egli ha lasciato la sua
firma su un crisma radiante intarsiato nelle testate dei sedili del coro
ove si lette: "Franciscus giramus Abiacrassinus faber Monachorum
impensis Hoc opus fecit".
Era dunque un modesto "faber lignarius" di Abbiategrasso, come
d'altronde ci confermano alcuni documenti dell'Archivio Comunale di quella
città, dove nel 1544 era ancor vivo un figlio dell'ottimo artefice
del Coro di Morimondo. La famiglia Giramo era composta di "magistri",
ovverossia maestri ebanisti e dai documenti dell'Archivio di Abbiategrasso
risulta che per lunghi anni la famiglia Giramo conservò l'artistica
e laboriosa tradizione della scultura in legno.
Gli stalli del Coro di Morimondo furono ultimati nell'anno 1522, mentre
abitavano nell'Abbazia i Monaci Settimiani: "Perfectae fuerunt haec
sedes Degentibus his faventibusque Septimianis monachis. A.D.M.D.XXII".
Per quale ragione questa bella opera venne ad abbellire la chiesa di Morimondo
solo nel primo quarto del secolo XVI? Forse perchè, secondo la
rigida regola cistercense, strettamente osservata sino agli inizi del
Cinquecento, il coro esisteva dapprima nel mezzo della chiesa, sotto il
tiburio, dove pendeva la corda dell'unica campana, perchè i monaci
potessero suonarla nei momenti culminanti delle loro preghiere e delle
salmodie.
Francesco Giramo da Abbiategrasso impiegò certo molti mesi, forse
qualche anno, per finire il coro di Morimondo. Sono infatti 70 stalli
in noce, divisi in due file, quella superiore di 40 sedili, quella inferiore
di 30. La lunga duplice fila segue, smussata soltanto agli angoli la linea
dell'abside, quadrata secondo la regola cistercense, e si congiunge al
centro, perfettamente dietro all'altar maggiore, in un armadio a due valve
elegantemente intarsiate. E' questo il Sancta Santorum, dove i pii monaci
cistercensi conservavano le loro sacre reliquie. L'intarsio delle due
imposte rappresenta con linea pura e leggera l'Annunciazione, e le figure
della Vergine e dell'Arcangelo sono magistralmente disegnate. Anche gli
scranni hanno gli schienali intarsiati con emblemi religiosi o con figure,
fra le quali risaltano quella di S.Bernardo (primo stallo a sinistra)
e quella di San Roberto fondatore dell'Ordine cistercense nello stallo
di fronte. Accurata, espressiva, ricca di particolari, è la testa
di San Bernardo, mentre San Roberto è rappresentato invece intiero,
quale fondatore dell'Ordine, tenendo fra le mani un piccolo tempio con
tiburio centrale e il rosone sulla facciata, il modello cioè di
tutte le chiese cistercensi.
Gli intarsi del coro di Morimondo sono a due colori, ricchi di intagli,
fiorami, monogrammi ed emblemi religiosi, fra i quali si ripete spesso
quello rappresentante una sfera armillare, sostenuta da un'asta colla
iscrizione "Sic petitur coelum" e il monogramma di Cristo.
Il Malaguzzi-Valeri, studioso profondo dell'arte lombarda, nel suo ampio
lavoro su "La corte di Ludovico il Moro" parla con una certa
ampiezza del coro di Morimondo, e merita di questo autorevole giudizio
riportare le parti essenziali: "Forme più semplici... presenta
il rivestimento ligneo del coro nella chiesa abbaziale di Morimondo eseguito
da Francesco Giramo di Abbiategrasso, intorno al 1522. Analogo a quello
di S.Maria delle Grazie a Milano, merita attenzione per la purezza delle
linee architettoniche e delle decorazioni, rara in una regione che predilesse
- come più volte s'è detto - l'esuberanza degli ornamenti...
Vi sono notevoli le mezze figure dei santi dell'ordine cistercense intarsiate
nei dossali superiori, la varietà delle sagome dei vasi ansati
che a quelle figure si alternano. Ma ogni tanto v'è fatto posto
a una vivace figura di putto nudo reggente un cestone di frutta. Nel fondo
del coro una porta a due valve, per la custodia delle reliquie, pura di
linee, leggiadra di decorazioni, mostra due santi a fine intarsio. Una
corretta eleganza è nelle sagome generali come nei lievi, poco
appariscenti bracciali, nelle mensole, nelle lesenette scanellate fra
stallo e stallo, nella lunga iscrizione sacra in puri caratteri capitali,
che prende il posto del fregio sul ben profilato cornicione. Perchè
una curiosa caratteristica di questo ramo in Lombardia - a differenza
degli altri - si è che i prodotti si facevan misurati, quasi più
puri quanto più s'avanzavano di tempo. Si direbbe che, prevedendo
le intemperanza del Seicento - che nella Lombardia e soprattutto nella
Valtellina e nella Valcamonica raggiungerà il colmo dell'esuberanza
- gli artisti degli ultimi anni del Quattrocento e dell'inizio del Cinquecento
volessero dare bell'esempio di ritegno e di moderazione".
A proposito di questo Coro, insigne opera di scultura in legno, è
opportuno infine ricordare che in un'altra abbazia cistercense subalpina,
già coeva per fondazione a quella di Morimondo, e cioè a
Staffarda presso Saluzzo, pure all'inizio del Cinquecento fu allogato
nella chiesa un Coro di pregevolissima fattura. Gli stalli dell'Abbazia
di Staffarda (rimossi dalla loro primitiva sede e conservati ora parte
al Museo Civico di Torino e parte nella chiesa di Pollenzo) vennero infatti
lavorati nel primo quarto del secolo XVI da ignoti artefici, che alle
ultime raffinatezze del tardo gotico francese accoppiavano già
le nuove eleganze di proporzioni e di ritmi create dal rinascimento fiorentino.
Anche gli stalli di Staffarda, come quelli di Morimondo, sono ricchi d'intagli
con figure umane, con angeli, uccelli, fiori e goflie intrecciate a rabeschi.
Questo avvicinamento, nel tempo e nel gusto, di opere di ugual genere
non è forse casale e, se si pensi che Staffarda a Morimondo sono
due abbazie cistercensi, potrebbe forse utilmente cercarsi perchè
almeno due volte nei secoli esse si incontrino in un parallelismo storico
ed artistico.
Certo, ad ogni modo, tanto nel monastero lombardo che attende restauri,
come in quello piemontese già largamente e con gusto restaurato,
si respira in fatto di stili e di arte un'aura sola: transizione evidente
fra romanico-lombardo e gotico francese, che si afferma con una romanità
nostrana non priva di caratteristico interesse.
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indice
introduzione
i cistercensi e le origini
di Morimondo
la storia dell'Abbazia
il convento e l'esterno
della chiesa
l'interno della chiesa
il coro
pitture
importanza di Morimondo
nell'arte e nella storia
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